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Come sta l’Europa, a settantatré anni dalla Dichiarazione di Robert Schuman

| FRANCESCO INGRAVALLE

Tempo di lettura: 3 minuti

Come sta l’Europa, a settantatré anni dalla Dichiarazione di Robert Schuman

Il subcontinente europeo non dispone dell’unità politica necessaria a fronteggiare le sfide della crisi climatica e dell’emergenza-flussi migratori.

9 maggio 1950. “L’Europa non è stata fatta e abbiamo avuto la guerra. L’Europa non si farà d’un tratto, né in una costruzione globale: essa si farà con delle realizzazioni concrete – creando una solidarietà di fatto. L’unione delle nazioni europee esige che l’opposizione secolare fra la Francia e la Germania sia eliminata: l’azione intrapresa deve rivolgersi in primo luogo alla Francia e alla Germania. A questo fine il governo francese propone di dirigere immediatamente l’azione su un punto limitato ma decisivo: il governo francese propone di porre l’insieme della produzione franco-tedesca del carbone e dell’acciaio sotto un’autorità comune in un’organizzazione aperta alla partecipazione degli altri paesi dell’Europa.”

L’idea-guida è di Jean Monnet, Commissario del piano nel Governo francese, ma fu Robert Schuman a farla approvare dal Consiglio dei ministri francese e, come osserva Bino Olivi, “di proporla ai Tedeschi ed agli altri Paesi dell’Occidente europeo” (Europa difficile, Bologna, Il Mulino, 2000, p. 35). Così è iniziata la storia dell’integrazione europea, con la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (C.E.C.A.), che è proseguita, per Francia, Germania, Italia, Belgio, Olanda, Lussemburgo, con il Mercato comune europeo nel 1957 e ha aggregato, via via, fino a oggi, ventisette paesi, di cui 19 sotto una moneta comune (l’euro).

Pacificare il più bellicoso continente del mondo

Il presupposto era che l’integrazione degli interessi produttivi e commerciali fosse la base per pacificare il più bellicoso continente del mondo, l’Europa. Ma non si tratta soltanto di teoria economica applicata.

L’integrazione dei mercati europei era iniziata per stimolo statunitense con la fondazione il 16 aprile del 1948 dell’Organizzazione europea di cooperazione economica: ne furono membri 17 Stati europei con i comandi militari statunitensi delle zone occidentali della Germania. L’organizzazione servì a governare gli aiuti statunitensi dell’European Recovery Program, lanciato il 5 giugno del 1947, azione che stimolò il libero scambio in funzione antirussa. La pace in Europa e l’iniziale integrazione dei mercati basata sull’European Recovery Program fu, in altri termini, un prodotto della “Guerra Fredda”.

Il 25 gennaio 1949, per reagire all’European Recovery Program che aveva la funzione esplicita di contenimento della Russia sovietica, fu fondato il COMECON, Consiglio di mutua assistenza economica fra Russia sovietica, Polonia, Ungheria, Bulgaria, Romania che integrò, sui principi dell’economia di piano, l’Europa Orientale.

Soltanto il 14 maggio 1955 sarà creato lo spazio militare degli alleati della Russia sovietica come “risposta” alla creazione dello spazio militare statunitense, la NATO (North Atlantic Treaty Organization), il 4 aprile 1949. Dunque: l’Europa tra Washington e Mosca, l’Europa divisa tra Washington e Mosca.

Lo spazio egemonico statunitense prende a dilatarsi

Nel 1991, con l’implosione dello spazio egemonico russo-sovietico, scompare il COMECON e lo spazio egemonico statunitense prende a dilatarsi a Oriente sino a oggi (l’aggressione russa all’Ucraina desiderosa di unirsi all’Unione Europea rientra in questa dinamica, anche se la Russia non è più “sovietica”, quasi a ripetere, dall’altra parte, la guerra di Corea, giugno 1950-luglio 1953, e la guerra del Vietnam, febbraio 1965-aprile 1975).

L’Unione Europea ha mantenuto la pace nel continente, ma non avrebbe potuto farlo senza le quasi trecento postazioni militari della NATO e, naturalmente, senza la vittoria militare russo-statunitense e inglese sulla Germania, sul Giappone e sull’Italia nella guerra del 1939-1945. Là dove manca l’appoggio statunitense, l’Unione Europea stenta a muoversi: stenta ad attuare una radicale politica ambientale (è noto che le diverse amministrazioni americane non hanno appoggiato svolte green, a partire, almeno, dal rifiuto di ottemperare al Protocollo di Kyoto); stenta anche ad adottare una politica comune in materia di flussi migratori, per i quali le autorità militari statunitensi nutrono scarso interesse.

L’Unione Europea non è uno Stato

L’Unione Europea non è uno Stato, anche se ha una sua statualità in materia di mercato unico, in materia di diritto connesso al mercato unico e in materia monetaria (per quanto inserita nelle politiche del Fondo monetario europeo le cui quote associative sono a maggioranza statunitensi); molte politiche legate agli investimenti diretti esteri adottate dagli Stati membri minacciano i diritti dei lavoratori e, quindi, la coesione sociale dell’Unione, nonché le diverse forme del Welfare State nei diversi paesi europei.

Il continente europeo (o subcontinente europeo a guardare alla geografia) costituisce, sul piano politico, una rilevante componente dello spazio egemonico statunitense, ma non dispone dell’unità politica necessaria a fronteggiare le sfide della crisi climatica e dell’emergenza-flussi migratori.

L’integrazione funzionalistica commerciale che ha guidato l’intero sviluppo dell’integrazione europea non ha potuto stimolare una unificazione politica, né poteva farlo, del resto, dato che era stato concepito fin dal principio come funzione interna allo spazio egemonico statunitense. L’Unione Europea è il prodotto della diplomazia dei Paesi membri e le cessioni di sovranità sono state operate a favore dell’Unione in ambito economico, ma erano un dato di fatto sul piano militare (che è integrato al piano politico, per dirla con Carl von Clausewitz) dati i rapporti di forza configuratisi dal 1945 in avanti.

Riuscirà mai la diplomazia europea (nei limiti in cui essa esiste) a stimolare l’amministrazione statunitense a cooperare in materia di clima e in materia di flussi migratori, dato che lo spazio marino mediterraneo è di grande importanza per la NATO? Con questa domanda – che è un auspicio – ci sentiamo di salutare la appena trascorsa “Giornata dell’Europa”.

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FRANCESCO INGRAVALLE
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