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Fa un mare di caldo

| Cecilia Pesci

Tempo di lettura: 3 minuti

Fa un mare di caldo

Non è l’estate più calda di sempre, ma secondo il National Climatic Data Center, dal 1850, i primi sei mesi di quest’anno si collocano al terzo posto per le temperature più alte mai registrate. Potrebbe essere molto peggio se non ci fosse un’importante azione  di cattura del calore da parte di un elemento fondamentale nell’ecosistema terreste e del cui valore spesso ci dimentichiamo: l’oceano.

Secondo il C3S, il Copernicus Climate Change Service, servizio informativo di osservazione della Terra Copernicus, offerto dall’Unione Europea, il mese scorso è stato il secondo maggio più caldo a livello globale. Non è una novità: nei mesi scorsi la temperatura superficiale marina ha raggiunto livelli record, come dimostrato dal Climate Change Institut dell’Università del Maine.

Secondo un paper del 2012, il Word Ocean Heat Content and Thermosteric Sea level change (0–2000 m), 1955–2010, si dimostrava, oltre dieci anni fa, come ogni grande bacino oceanico si fosse riscaldato a quasi tutte le latitudini, e come questo riscaldamento fosse nettamente superiore rispetto alla variabile associata a fenomeni come El Niño o altri.

One important result presented here is that each major ocean basin has warmed at nearly all latitudes. A net warming has occurred despite interannual to decadal variability of the ocean associated with phenomenon such as the El Niño-Southern Oscillation, the Pacific Decadal Oscillation, and the North Atlantic Oscillation as well as other such phenomenon.

Inoltre, era già lapalissiano, al tempo, che nonostante l’anidride carbonica fosse ben miscelata nell’atmosfera, la risposta del sistema climatico terrestre all’aumento dei gas serra atmosferici riguardava e riguarda, in gran parte, l’aumento delle temperature degli oceani, maggiori assorbitori della Co2 prodotta.

Come ci siamo arrivati

C’è solo un grande presupposto che deve accompagnare qualsiasi tipo di riflessione sulla crisi climatica: la sua causa principale è l’immissione, tramite i combustibili fossili, di maggior anidride carbonica nell’aria. Questa ha portato ad un cambiamento climatico repentino, a partire dalla seconda rivoluzione industriale.

“Più bruciamo combustibili fossili, più il calore in eccesso sarà assorbito dagli oceani, il che significa che ci vorrà più tempo per stabilizzarli e riportarli al punto di partenza”, ha dichiarato Samantha Burgess alla BBC.

È ormai appurato, che solo l’1% circa del calore emesso nel corso di questi due secoli è rimasto in atmosfera, provocando comunque un riscaldamento dello strato superficiale, vale a dire quella parte dell’atmosfera a diretto contatto con la superficie terrestre di circa 0,6 °C.

Il restante calore rimane catturato, per una grande maggioranza, dall’oceano. Dagli anni ’70 ad oggi, gli oceani hanno inglobato oltre il 90% di tutta l’energia termica in eccesso. Se aumenta il loro riscaldamento, saranno sempre meno in grado di assorbire nuova Co2. Questo meccanismo di assorbimento, infatti, è tanto più forte quanto è più bassa la temperatura dell’acqua. Se il riscaldamento globale comporta un riscaldamento degli oceani, e un minore assorbimento da parte di quest’ultimi della CO2, questa andrà di conseguenza a riscaldare la Terra e lo stato superficiale dell’atmosfera, con un aumento generale dell’effetto serra.
E il fenomeno sta accelerando: nel 2019, secondo un articolo di Science, la velocità di riscaldamento dello strato superiore degli oceani era salito del 24% rispetto a qualche decennio prima e la situazione continua a peggiorare.

Le conseguenze sempre più violente

Sono tre le conseguenze primarie, dovute al riscaldamento degli oceani: il danneggiamento della vita marina; l’aumento di tempeste violente; l’innalzamento del livello dei mari.

Se è infatti vero che è lo strato più in superficie ad aver ingabbiato la maggior parte del calore in eccesso, un terzo di quest’ultimo riesce ad arrivare fino allo strato più profondo. E così aumenta la frequenza delle ondate di calore, provocando danni alla stessa vita marina.  Quest’ultima vive, infatti, per la maggior parte, proprio nelle zona superficiale degli oceani, quella che ha subito e sta subendo maggiori variazioni di temperatura.

Ma queste sono solo alcune delle conseguenze: gli scienziati concordano in una prossima intensificazione di fenomeni estremi come uragani e cicloni tropicali.

Infine, siccome l’acqua calda occupa maggior spazio rispetto a quella fredda, a causa del loro riscaldamento, il livello degli oceani sta già salendo: secondo uno studio, tra il 1971 e il 2010 si è già registrato un aumento di circa otto decimi di millimetro, ogni anno.

Sta accadendo ora, siamo già in un mare di guai, ma preferiamo sbirciare all’orizzonte per non pensare quello che sta già succedendo in mare, in Terra, a casa nostra.

Fonti, oltre ai link nel testo:

https://www.copernicus.eu/it/servizi/cambiamenti-climatici

Record di temperatura: maggio 2023 segna un nuovo picco climatico

https://climatereanalyzer.org/clim/sst_monthly/

https://www.nationalgeographic.it/perche-gli-oceani-sono-sempre-piu-caldi

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Cecilia Pesci