La sfida del XXI secolo tra economia ed ecologia
Il futuro del capitalismo implica il tema del futuro del nostro pianeta. La novità del dibattito rispetto al passato è la coscienza del rischio ecologico implicito nello sviluppo dell’economia capitalista. Occorre una nuova centralità della politica e del diritto, come spiega Paolo Perulli, nel suo ultimo libro Il debito sovrano. La fase estrema del capitalismo
Si è tenuta l’11 dicembre 2020, in remoto, la presentazione del libro di Paolo Perulli, Il debito sovrano. La fase estrema del capitalismo, Milano, La Nave di Teseo, 2020. Non un libro di economia politica, piuttosto un esempio dello sguardo sociologico e antropologico-culturale sul presente, segnato dalle vicende dell’economia finanziaria e dal disastro climatico provocato dallo sviluppo tecno-finanziario.
L’autore, professore ordinario all’Università del Piemonte Orientale, dove ha diretto anche il Master in Sviluppo locale, si è occupato di cinque temi fondamentalmente: il rapporto fra capitalismo e religione, il contratto urbano, l’urbanizzazione italiana, il rapporto fra logistica e territorio. Numerose le sue pubblicazioni: da Piano economico e composizione di classe (Milano, Feltrinelli, 1975) a La città delle reti (Torino, Boringhieri, 2000), a Terra mobile (Torino, Einaudi, 2014), a The Urban Contract. Community, Governance and Capitalism (London, Routledge, 2016). Cinque temi che troviamo felicemente ridiscussi in quest’ultima opera, Il debito sovrano.
Alla presentazione, introdotta dalla professoressa Serena Quattrocolo (docente di Diritto Penale, direttrice del Dipartimento di Giurisprudenza, Scienze Politiche, Economiche e Sociali dell’Università del Piemonte Orientale) sono intervenuti il prof. Salvatore Rizzello, (docente di Economia Politica dell’Università del Piemonte Orientale), il prof. Marcello Messori (docente di Economia al Dipartimento di Scienze Politiche della LUISS e Direttore della LUISS school of european political economy) e il prof. Mauro Magatti (docente di Sociologia e Processi sociali e economici del capitalismo contemporaneo alla Cattolica di Milano).
Un tema scottante
Il tema, scottante, è quello del futuro del capitalismo che implica il tema del futuro del nostro pianeta. In che cosa il dibattito sul libro di Perulli si differenzia dal dibattito di novant’anni fa, quando Werner Sombart, nel 1932, pubblicava Die Zukunft des Kapitalismus per i tipi di Buchholz e Weiβwange nel 1932? Nella coscienza del rischio ecologico implicito nello sviluppo dell’economia capitalista.
A quel tempo Sombart osservava il declino dell’economia libera, sostenendo che la soppressione dei vincoli statali all’economia incontrerebbe, ormai, troppe opposizioni: «il crollo di una grande banca moderna riguarda tali e tante fasce sociali da costringere lo Stato, indipendentemente dalla sua volontà, a intervenire» (W. Sombart, L’avvenire del capitalismo, a cura di Roberta Iannone, Milano, Mimesis, 2015, p. 36).
Il problema era la ricaduta sociale delle politiche economiche. L’orizzonte, oggi si è ampliato: Naomi Klein può scrivere, infatti: «Se decidessimo di prendere sul serio il cambiamento climatico dovrebbero cambiare pressoché tutti gli aspetti della nostra economia, e invece sono troppi i potenti interessi costituiti che amano lo status quo» (N. Klein, Il mondo in fiamme. Contro il capitalismo per salvare il clima, tr. it. Milano, Feltrinelli, 2019, p. 23). Per salvare il pianeta occorre superare l’ordinamento economico capitalista.
Riduzione dei diritti, aumento delle disuguaglianze
Ma esiste il capitalismo? Fedele alla sua impostazione nominalista, Karl R. Popper era sicuro di no: esistono tante economie quanti sono i settori in cui si produce e, per amore di chiarezza, entia non sunt multiplicanda, “non bisogna moltiplicare gli enti”! Ma, come ha rilevato Rizzello, oggi, non si possono nemmeno negare gli aspetti comuni che legano il capitalismo della Silicon Walley e il capitalismo cinese e che il libro di Perulli ha il merito di evidenziare.
Ovunque il capitalismo porta con sé non la ricchezza per tutti, ma la disuguaglianza, una lex mercatoria opaca, la marginalizzazione del diritto e una economia che regola lo Stato, con conseguente marginalizzazione del lavoro; in poche parole: con la riduzione dei diritti concreti dell’essere umano a mero “dover essere”. Non abbiamo, dunque, una ricchezza in servizi, abbiamo soggetti economici in cerca permanentemente di liquidità attraverso la speculazione sugli altri esseri umani.
Inevitabile una prossima crisi
La finanza sostiene la tecnica che a sua volta sostiene la finanza in una circolarità che induce a dimenticare che il sistema delle transazioni economiche, lasciato a sé stesso genera crisi. Il volume di Perulli sottolinea che le tre grandi crisi economiche, quella del 1929, quella del 1973 e quella del 2008 si differenziano per le risposte che hanno ricevuto. Dalla crisi del 1929 sono nati i sistemi correttivi suggeriti da Keynes che hanno stimolato aumenti salariali e progresso civile e sociale; dalla crisi del 1973 sono sorte le politiche economiche di deregulation, da criticarsi, dati gli effetti prodotti, ma, pur sempre risposte teoriche e pratiche alla crisi; dalla crisi del 2008 non è nata alcuna risposta teorica, né alcun orientamento pratico: ci si è limitati a continuare nelle politiche economiche che avevano portato alla crisi del 2008. Il che rende inevitabile una prossima crisi.
Si profila un confronto fra un’economia cinese con salari bassi, ma in grado di suscitare innovazione e crescita, nella quale la politica ha un ruolo di guida e un’economia occidentale nella quale il ruolo della politica è marginale, fondata sull’incremento del debito. L’ipotesi che erge dal libro di Perulli è che se una trasformazione globale del capitalismo è improbabile, tuttavia emerge la possibilità di trasformare localmente il capitalismo, attraverso una nuova centralità della politica e del diritto. Ma questa nuova centralità richiede un cambiamento di paradigma.
Una ricchezza che deriva dalla speculazione
Messori ha rilevato che il funzionamento dei mercati stimola, attualmente, lo sviluppo di posizioni di debito. Nella situazione attuale abbiamo un altissimo debito pubblico che interagisce con il debito privato e tende a stimolare l’accumulazione della ricchezza che deriva dalla speculazione, senza produzione, né di beni, né di servizi. Qui ci sarebbe materia per l’intervento degli Stati; un intervento, però, che presupporrebbe l’indebitamento degli Stati stessi. Nell’economia del debito quale spazio potrebbe esserci per una regolamentazione pubblica, statale? Lo vediamo con l’Unione Europea: già negli anni Settanta la Comunità economica europea ha rappresentato l’unica risposta stabilizzatrice alla crisi, certamente, con un indebolimento dei sistemi di Welfare che, però, non sono scomparsi, hanno, in qualche modo, resistito, anche grazie alla funzione stabilizzatrice della costruzione europea.
La religione del capitalismo
Mauro Magatti ha rilevato che il volume di Perulli ha avuto il coraggio di riutilizzare un concetto, quello di “capitalismo” sostanzialmente rimosso dalla nostra cultura universitaria e di ritematizzare il rapporto fra capitalismo e religione. Il capitale ha preso, oggi, il posto occupato, in altre epoche, dalla religione; e, della religione cristiana sembra avere preso la nozione di dismisura che caratterizza Dio, la dismisura dell’infinitezza. Il continuo movimento, la crescita all’infinito misurabile con i numeri che sono infiniti. Facile, a questo punto evocare i versi del Faust di Goethe già evocati da Sombart: “Una continua agitazione lo porta lontano”; lo spirito di Faust è lo spirito del capitalismo. Ma l’infinito dinamico tende a distruggere il finito, l’assoluto tende a distruggere il relativo. La spinta capitalistica all’infinito è il debito. Ogni obbligo è indebolito se non è legato a un debito da saldare; e il consumo a debito, così diffuso, oggi, è una fonte di obbligazione. Un cambio di paradigma richiede un soggetto umano che riconosca un’obbligazione prima del debito, al di fuori del debito. Un’obbligazione morale e giuridica, si potrebbe dire.
Una sfida economica, tecnologica ed ecologica
Dove ci sta portando l’economia del debito, l’economia dell’infinito o dell’infinita mancanza di qualche cosa? Platone, nella Repubblica aveva felicemente caratterizzato questa realtà quando aveva definito l’anima desiderante come destabilizzatrice per eccellenza, come nemica della bellezza e della saggezza. Nel suo intervento Perulli ha attirato l’attenzione sull’aggettivo presente nel titolo del suo libro: sovrano. Chi è sovrano, oggi, se non il mercato, anzi, i mercati? E i mercati sono gli scenari dell’azione dei soggetti che incrementano il debito.
Quale può essere in questo scenario, lo spazio per la regolazione? Una politica regolativa ha, oggi, di fronte una sfida colossale perché non si tratta di una sfida soltanto economica e sociale come nelle precedenti crisi. L’ONU ha fissato le mete di sviluppo sostenibile al 2030, il mondo sta pensando a come sopravvivere fino al 2050 in presenza del cambiamento climatico. La regolazione non è meramente economica, ma anche ambientale. Alla tendenza attuale, il mondo va verso l’aumento della temperatura di 4 gradi per il prossimo cinquantennio. Il riscaldamento globale dovrebbe essere ridotto a 2 gradi o a 1 e mezzo. Tutte le imprese che emettono CO2 dovrebbero ridurre le loro emissioni del 10% l’anno. La sfida regolativa è economica, tecnologica ed ecologica. Essa deve considerare che andiamo, per quanto lentamente, verso un mondo costituito sempre più da Stati continentali (come l’Unione Europea, l’ASEAN, il Mercosur, l’Unione africana).
Saranno in grado, nelle loro dinamiche di potenza, di regolare i rispettivi, diversi, capitalismi? Il capitalismo occidentale ha prodotto l’essere umano che vive del debito, il capitalismo cinese ha prodotto l’essere umano che vive dell’obbligo economico. Sarà possibile lo sviluppo di un essere umano il cui lavoro socialmente sviluppato sia in grado di produrre un “regno della libertà” nella disciplina e nel dovere sociale, non nell’obbligo economico, nell’armonia con la vita della terra, non nello sfruttamento dissennato della terra?
Scrive per noi

Libri2023.06.03Un’urgenza: la scienza unificata. Gli effetti sociali dell’Antropocene richiedono un sapere unitario
Libri2023.06.01I nuovi intrecci globali tra pace e diritti
Libri2023.05.31Morale e scienza della politica
Opinioni2023.05.27Come sta l’Europa, a settantatré anni dalla Dichiarazione di Robert Schuman