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Lode della standardizzazione

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Lode della standardizzazione
Se la vita ama la diversità, i commerci amano l’omogeneità che, quando è applicata a razionalizzare le cose, rende più facile e meno dissipativa la vita umana, economica. Tutto è cominciato all’alba dell’industrializzazione, quando ogni artigiano costruiva degli oggetti senza curarsi di quello che avrebbero fatto gli altri. Così venivano fabbricati chiodi, viti e bulloni […]

Se la vita ama la diversità, i commerci amano l’omogeneità che, quando è applicata a razionalizzare le cose, rende più facile e meno dissipativa la vita umana, economica. Tutto è cominciato all’alba dell’industrializzazione, quando ogni artigiano costruiva degli oggetti senza curarsi di quello che avrebbero fatto gli altri. Così venivano fabbricati chiodi, viti e bulloni diversi fra loro e non intercambiabili, fino a quando non arrivò il grande inglese Joseph Whitworth (1803-1887), autodidatta, tecnico meccanico e inventore di numerosi macchinari per l’industria, al quale si deve la proposta di omogeneizzare tutte le filettature delle viti e dei dadi, limitandole a poche unità. Grazie alla filettatura Whitworth e al suo principio, se perdete un dado di una vite della vostra ruota, fabbricata in Italia, nel deserto australiano, troverete un’officina che ha a disposizione un dado esattamente adatto a sostituire quello perduto. Per le sue molte invenzioni Whitworth fu nominato Sir.

Standardizzato un po’ tutto…
L’idea di uniformare e unificare gli oggetti ebbe effetti rivoluzionari. Nella loro fabbricazione si consumavano meno materiali ed energia, durante l’uso era possibile trovare dovunque ricambi adatti; a tale idea si deve il successo (si fa per dire) delle armi da guerra i cui proiettili sono standard ormai presso tutti gli eserciti; si deve il successo dell’industria automobilistica e meccanica. Era il grande Henry Ford, negli anni Venti del secolo scorso, che si vantava di produrre la sua mitica automobile modello T (venduta in milioni di esemplari) in qualsiasi colore purché fosse … nero.
Un altro esempio di standardizzazione è offerto dalla “jeep”, fabbricata durante la seconda guerra mondiale (1939-1945) per l’esercito americano, progettata per il funzionamento, la manutenzione e i facili ricambi in qualsiasi parte del mondo, dalle giungle asiatiche alle distese polari, dalle paludi alle montagne.
La fabbricazione in massa della carta fa diminuire gli sprechi e facilita l’uso delle macchine per scrivere, delle stampanti e dei fax; la produzione in serie di molte confezioni permette di risparmiare lo spazio nei frigoriferi e nei magazzini, eccetera. Pensate all’importanza della standardizzazione delle prese di corrente, del voltaggio delle reti elettriche, dei dischetti per computer, e di tanti altri oggetti.

… ma non abbastanza
Eppure, per ignoranza e avidità, la società dei commerci viola la diversità della natura, per la stessa bramosia crea intralci alla omogeneità, delle merci e dei prodotti. Oggi l’industria automobilistica, per esempio, invece di diffondere e propagandare automobili quanto più omogenee possibili, con pezzi facilmente ricambiabili, nel nome della concorrenza e della personalizzazione produce, per ciascun modello, innumerevoli varianti. Ogni marca e modello usa differenti strumenti e impianti e accorgimenti, rendendo sgradevole e costoso ogni ricambio o riparazione di ogni guasto anche banale.
E se il fastidio è grande per gli acquirenti di automobili nei paesi industriali, questa mancanza o la povertà della standardizzazione rappresenta un vero disastro nei rapporti con i paesi del Sud del mondo e rende spesso insuperabili i problemi di ricambi e di manutenzioni. Nell’ambito della politica di “aiuti allo sviluppo”, per esempio, sono stati inviati in tali paesi moltissimi autobus che avrebbero potuto andare bene in Italia o in Germania, ma che, al primo guasto, in Africa o Asia, sono finiti nei depositi di rottami.

Un ostacolo al riciclo dei materiali…
Anzi, a proposito di rottami e scarti, la mancanza di standardizzazione nei prodotti è largamente responsabile dell’insuccesso di tante imprese di riciclo delle merci usate; negli oggetti metallici la presenza di differenti leghe impedisce o rende difficile la rifusione dei rottami in pezzi di nuovo utilizzabili. La grande varietà di additivi nei vari tipi di materie plastiche, nei vari tipi di carta e cartoni, rende difficile trasformare plastica e carta in nuovi prodotti commerciabili.

… e delle informazioni
E pensate agli innumerevoli guai generati dal continuo cambiamento degli standard di scrittura e lettura dei computer, dei formati dei dischi, dei metodi di “lettura” delle informazioni. Immagino (temo) che molti lettori abbiano sperimentato che i testi scritti o copiati, cinque anni fa, su dischi o computer sono oggi illeggibili e inutilizzabili; e nell’arrabattarsi con i guai informatici fa un po’ rabbia lo sguardo ironico che, dagli scaffali, lanciano i libri di carta, che sono li da decenni, sempre uguali e fedeli, sempre pronti e senza problemi di conversione da un “linguaggio” all’altro, senza pericolo che la pressione su un tasto sbagliato li faccia volatilizzare.
Per farla breve, così come prima auspicavo la diffusione nell’opinione pubblica, e pertanto nei governanti, della cultura della difesa della diversità nel regno della natura, vorrei adesso raccomandare la diffusione della cultura e dell’apprezzamento per la standardizzazione nel regno delle cose, nel mondo delle merci.

Giorgio Nebbia
12 aprile 2012

Scrive per noi

GIORGIO NEBBIA (1926-2019)
GIORGIO NEBBIA (1926-2019)
Giorgio Nebbia, scomparso all'età di 93 anni il 3 luglio 2019, è stato una delle principali figure del movimento ambientalista. Bolognese di nascita (nel 1926), è stato professore ordinario di Merceologia all’Università di Bari dal 1959 al 1995, poi professore emerito, insignito anche dottore honoris causa in Scienze economiche e sociali (Università del Molise) e in Economia e Commercio (Università di Bari; Università di Foggia). Le sue principali ricerche vertono sul ciclo delle merci, sull’energia solare, sulla dissalazione delle acque e sul problema dell’acqua. Per due legislature è stato parlamentare della Sinistra indipendente alla Camera (1983-1987) e al Senato (1987-1992). L'archivio Giorgio e Gabriella Nebbia è ospitato presso il centro di storia dell'ambiente della Fondazione Luigi Micheletti.