Mare vasto e immenso, fonte di materie prime
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Dobbiamo prestare più attenzione a mari e oceani: contengono quantità enormi di materie preziose, seppur in forma diluita, e di risorse biologiche utilizzabili come alimenti o medicinali. Il mare, pur così grande ed esteso, è però anche fragile e suscettibile di subire alterazioni e danni a causa di attività antropiche e di interventi sbagliati. L’esperienza della seconda metà del Novecento mostra che l’inquinamento dovuto al petrolio, agli scarichi industriali e urbani, a scarichi radioattivi, alla immissione e circolazione di prodotti non degradabili come i pesticidi clorurati e le plastiche, può compromettere gli equilibri fisici, chimici e biologici dell’ecosistema marino
“Ecco il mare vasto e immenso; in esso guizzano innumerevoli viventi, animali piccoli e grandi”. Chi scrisse il Salmo 104, da cui è tratta questa frase, poteva intuire soltanto una piccola parte delle ricchezze veramente grandissime contenute nella massa blu dell’acqua dei mari e degli oceani. Eppure, soltanto una minima parte di tali ricchezze viene usata dagli esseri umani e ben di più potrebbe essere tratto – minerali, energia, alimenti – dal mare.
Per avere un’idea delle risorse del mare si pensi che ci troviamo di fronte ad una miniera nella quale, in circa 1.400 milioni di chilometri cubi di acqua, si trovano disciolti circa 50 milioni di miliardi di tonnellate di sali; i mari contengono inoltre 50-100 mila miliardi di tonnellate di esseri viventi. Si tratta di quantità grandissime, se confrontate con il flusso di materie prime che attraversa le economie mondiali e che ammonta, complessivamente, a meno di 20 miliardi di tonnellate all’anno di prodotti minerari e fossili e circa 4 miliardi di tonnellate all’anno di prodotti agricoli, forestali, animali. Il mare, inoltre, è il più grande collettore di energia solare che, proprio nel mare, si trasforma nella forza del vento e del moto ondoso.
Materie utili ai fini industriali
Le risorse del mare, pur grandissime, hanno lo svantaggio di essere molto diluite rispetto alle materie prime cui è abituata la tecnica tradizionale. La scarsità delle materie prime più comode e concentrate – rivelatasi in tutta la sua gravità con le continue crisi petrolifere – deve spingere l’umanità a guardare alle fonti di minerali, di materie organiche e di energia che si presentano diffuse e diluite, ma che sono molto più abbondanti. Queste ultime per lo più sono accessibili anche ai paesi sottosviluppati che possono così finalmente disporre di risorse prima utilizzate soltanto dai paesi ricchi e industriali.
Il mare fornisce già, anche se su scala limitata, delle materie utili ai fini industriali. Alcune di queste (sale, magnesio, potassio, bromo, ecc.) sono disciolte nel mare e possono essere ricavate dalla soluzione acquosa in cui si trovano; altre (noduli di manganese) si trovano depositate sul fondo dei mari e sono raggiungibili dalla superficie; altre ancora (zolfo, petrolio, gas naturale) si trovano sotto la crosta rocciosa che costituisce il fondo dei mari e degli oceani e possono essere recuperate con tecniche di trivellazione del fondo marino simili a quelle che si impiegano per la perforazione della crosta terrestre, ma più complicate per il fatto che occorre attraversare anche uno strato di mare.
Una miniera d’oro imprendibile
Fra le risorse disciolte nel mare la più importante è certamente costituita dal sale che, da tempi immemorabili, si recupera per evaporazione, col calore solare, dell’acqua di mare entro vasche poco profonde (saline) situate lungo le coste. Nel mondo ogni anno si producono dal mare 35-40 milioni di tonnellate di sale. In alcune zone (per esempio a Margherita di Savoia, in Puglia) per alcuni decenni è stato recuperato anche bromo. Su scala relativamente limitata, in passato, sono stati recuperati dal mare i sali potassici, molto richiesti come concimi e la cui disponibilità nel mondo è abbastanza scarsa e concentrata in pochi paesi. In alcuni paesi dal mare vengono recuperati sali di magnesio importanti come materiali refrattari oppure come materie prime per la produzione del magnesio metallico, un metallo leggero.
Ogni tanto ritorna il sogno di recuperare altri elementi costosi presenti nel mare in forma diluitissima.
Dopo la prima guerra mondiale il chimico tedesco Fritz Haber (1868-1934), lo stesso che aveva inventato, fra l’altro, il processo di produzione dell’ammoniaca sintetica, pensò che la Germania avrebbe potuto pagare i suoi debiti di paese sconfitto estraendo oro dal mare, che ne contiene 6 millesimi di milligrammo per ogni metro cubo. Fu attrezzata una nave speciale con un laboratorio chimico, ma l’impresa non ebbe successo.
I noduli, una specie di sassi tondeggianti ricchi di manganese e di altri metalli
Una crescente attenzione viene rivolta al recupero dal fondo del mare di minerali metallici che vi sono depositati in seguito a fenomeni e reazioni geochimici. Le migliori prospettive riguardano il recupero dei noduli, una specie di sassi tondeggianti ricchi di manganese e di altri metalli.
Inoltre, è possibile ottenere energia dal moto ondoso o dalla differenza di temperatura fra gli strati superficiali caldi e quelli profondi, freddi, di alcune zone degli oceani.
Il mare, pieno di “innumerevoli viventi”, è veramente una grande riserva di materie organiche e di animali. Nel mare, come sulle terre emerse, il Sole fornisce l’energia per la combinazione fotosintetica di anidride carbonica e acqua e la formazione di materia organica vivente (biomassa), soprattutto sotto forma di microscopiche alghe verdi, il fitoplancton, che rappresenta la materia nutritiva per lo zooplancton e per tutte le catene alimentari dei viventi marini. La materia organica “fabbricata” per fotosintesi – cioè la produzione primaria dei mari e degli oceani – ammonta a circa 50 miliardi di tonnellate di biomassa secca all’anno che vanno ad aggiungersi ai circa 50-100 mila miliardi di tonnellate di altra sostanza organica che è presente come plancton, pesci, molluschi, eccetera, negli strati superficiali e profondi dei mari.
Fonte preziosa di alimenti, specie per i paesi poveri
La pesca da parte degli esseri umani trae alimenti (e, in piccola parte, anche materie prime economiche) in minima quantità da queste ricchezze. I prodotti della pesca ammontano, nel 2017, a circa 120 milioni di tonnellate all’anno e rappresentano una piccola proporzione, rispetto ai circa 4.000 milioni di tonnellate di materia agricola, forestale e animale che gli esseri umani traggono ogni anno dalle terre emerse. Eppure, le risorse biologiche del mare sono ricche come varietà e come importanza.
Esse rappresentano, in primo luogo, una fonte preziosa di alimenti e, soprattutto, di proteine animali pregiate richieste in quantità crescente da una popolazione mondiale in aumento. Spesso le zone pescose sono vicine a paesi poveri che possono trarre immediato beneficio dai prodotti del mare, se pescati razionalmente e conservati con processi moderni. Il mare è anche pieno di esseri viventi che contengono molecole da cui è possibile trarre prodotti chimici, medicinali, eccetera. Da alcune alghe è possibile ricavare degli agenti chimici solubili in acqua – gli alginati – che trovano impiego come sostanze addensanti e come additivi alimentari. Le alghe secche possono essere trasformate in gas combustibili e in combustibili liquidi; in questo senso le risorse biologiche rinnovabili dei mari rappresentano un’alternativa ai combustibili fossili – petrolio e gas naturale – sempre più scarsi e costosi.
Coste da proteggere
Le risorse biologiche del mare si presentano con caratteri particolari nelle zone in cui la terra incontra il mare. Le coste hanno molti caratteri comuni della terra e del mare, ma presentano anche situazioni particolari dal punto di vista delle risorse fisiche e biologiche. Le coste sono le zone in cui le forze del mare si manifestano con maggiore intensità e provocano fenomeni di erosione, ma anche quelle in cui il mare trasporta e deposita selettivamente i materiali sospesi, con creazione di dune e di stagni costieri. Le paludi e gli stagni – cioè le zone umide costiere, l’interfaccia in cui si incontrano le acque dolci e l’acqua salata – sono ricchi di vita e rappresentano potenziali fonti di alimenti, tanto che a livello internazionale ne viene chiesta la conservazione e la protezione con impegni a cui ha aderito anche l’Italia.
Il mare, pur così grande ed esteso, è anche fragile e suscettibile di subire alterazioni e danni a causa di attività antropiche e di interventi sbagliati. L’esperienza della seconda metà del Novecento mostra che l’inquinamento dovuto al petrolio, agli scarichi industriali e urbani, a scarichi radioattivi, alla immissione e circolazione di prodotti non degradabili come i pesticidi clorurati, può compromettere gli equilibri fisici, chimici e biologici dell’ecosistema marino.
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- GIORGIO NEBBIA (1926-2019)
- Giorgio Nebbia, scomparso all'età di 93 anni il 3 luglio 2019, è stato una delle principali figure del movimento ambientalista. Bolognese di nascita (nel 1926), è stato professore ordinario di Merceologia all’Università di Bari dal 1959 al 1995, poi professore emerito, insignito anche dottore honoris causa in Scienze economiche e sociali (Università del Molise) e in Economia e Commercio (Università di Bari; Università di Foggia). Le sue principali ricerche vertono sul ciclo delle merci, sull’energia solare, sulla dissalazione delle acque e sul problema dell’acqua. Per due legislature è stato parlamentare della Sinistra indipendente alla Camera (1983-1987) e al Senato (1987-1992). L'archivio Giorgio e Gabriella Nebbia è ospitato presso il centro di storia dell'ambiente della Fondazione Luigi Micheletti.
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