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Coronavirus: le armi non fanno rima con salute e ambiente. E non parliamo di “guerra” all’epidemia

| MARIO SALOMONE

Tempo di lettura: 2 minuti

Coronavirus: le armi non fanno rima con salute e ambiente. E non parliamo di “guerra” all’epidemia
Vedi anche il dossier e il dibattito su questo sito

“No arsenali, sì ospedali”, una petizione online, promossa da Disarmisti esigenti, WILPF Italia, ICAN e molte personalità per la conversione del sistema militare anche per sostenere le spese sanitarie urgenti e per finanziare il Green New Deal. La conversione ecologica comincia anche dal disarmo, compreso quello del linguaggio: non usiamo la parola “guerra” per il contrasto all’epidemia da Coronavirus.

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In coda per comprare armi.

“Siamo in guerra”, “Siamo in trincea”, “Dobbiamo vincere questa guerra”, usiamo inconsapevolmente espressioni che trasformano la guerra in qualcosa di positivo. Vediamo i soldati nelle strade armati di voluminosi mitra, quando potrebbero benissimo andare in giro disarmati come i “bobbies” inglesi, i quali (come ci conferma Wikipedia) solo nell’Irlanda del Nord «all police officers carry firearms. In the rest of the United Kingdom, only some police officers carry firearms». Negli Usa la sindrome bellica è stata presa alla lettera e le vendite di pericolose armi da guerra è schizzata alle stelle.
Non si fanno fuori i virus a mitragliate, né è opportuno sparare a chi viola i decreti (né usare lanciafiamme, alla De Luca).
L’invisibile sequenza di DNA o di RNA capace di replicarsi, ovvero il virus, si combatte con non con le armi (sia pure metaforiche), ma con il welfare state, la difesa dell’ambiente, la ricerca, la resilienza sociale. E i medici sono degli eroi, ma non sono dei Rambo o dei Bruce Willis (anche se piacerebbe anche a loro essere duri a morire).

Non usiamo la parola guerra

Dunque, «Non usiamo la parola guerra per il contrasto all’epidemia da Coronavirus». L’invito viene da molti esponenti del mondo pacifista e della società civile. «Proviamo invece a pensare – propone ad esempio Alfonso Navarra – che siamo su una nave in piena tempesta e dobbiamo vincere la sfida della sopravvivenza. Siamo persone in uno spazio angusto sovrastato da una enorme minaccia della natura che si manifesta nella sua potenza. Ci conviene attaccarci bene ai parapetti se no la furia del vento può buttarci in mare». Usiamo allora l’immagine del tifone.

Dirottare i fondi su bisogni umani, salvaguardia dell’ambiente, piena occupazione

Disarmisti esigenti, WILPF Italia, ICAN e molte personalità come, tra i tanti altri, Moni Ovadia, Alex Zanotelli, Vittorio Agnoletto, Angelo Baracca, Tonino Drago, Enrico Peyretti, Michele Carducci, Laura Tussi, Alfonso Navarra, Antonella Nappi e Antonia Sani, hanno lanciato una petizione online “No arsenali, sì ospedali” .
Riportando anche le parole di Aldo Morrone, direttore scientifico dell’Ospedale San Gallicano di Roma già citate in un articolo su questo sito, i promotori auspicano un inizio di consapevolezza della dipendenza e fragilità umana rispetto alle forze della Natura, «che deve tradursi in comportamenti individuali e collettivi sobri e prudenti, di rispetto per tutta la comunità dei viventi. L’ecosistema globale sconvolto reagisce e ci attacca con “nuovi” virus, in attesa di colpi ancora più tremendi che verranno da tempeste, alluvioni, siccità, desertificazione, carestie…».
È necessario, allora, che le risorse pubbliche «comincino a essere dirottate verso un serio “Green New Deal“, una conversione ecologica dell’economia, uno stop all’accumulazione illimitata e un focus sui bisogni umani e di salvaguardia dell’ambiente, realizzante la piena occupazione; un eco-sviluppo che vede tra i suoi pilastri anche una sanità pubblica messa in grado di fronteggiare emergenze come quella terribile da coronavirus».

Scrive per noi

MARIO SALOMONE
MARIO SALOMONE
Sociologo dell'ambiente, giornalista e scrittore, Mario Salomone dirige ".eco" dalla fondazione (1989), è autore di saggi, romanzi e racconti e di numerosi articoli su quotidiani e riviste. Già professore aggregato all'Università di Bergamo, è Segretario generale della rete mondiale di educazione ambientale WEEC, che realizza ogni due anni i congressi del settore.