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Spesa bellica: la preoccupante escalation e le reazioni del mondo pacifista

| Laura Tussi

Tempo di lettura: 4 minuti

Aumenta ovunque la spesa per armamenti e l’Italia non fa eccezione. Secondo il SIPRI, nel 2021 a livello mondiale sono stati raggiunti i 2113 miliardi di dollari. Le bombe atomiche contenute negli arsenali delle potenze nucleari sono 25.000. Solo per i cacciabombardieri F35 il nostro paese spende 15 miliardi di euro, che potrebbero servire per pannelli fotovoltaici, asili nido, messa in sicurezza degli edifici scolastici, sanità e servizi sociali.

(Nell’immagine di apertura, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni nella cabina di un F35 per il centenario dell’Aeronautica militare – foto della Presidenza del Consiglio dei ministri)

La spesa bellica sta aumentando praticamente ovunque nel mondo e l’Italia non fa eccezione, con una percentuale pari all’1,54% del PIL, superiore alla media europea e in costante aumento. Un caso particolare è quello dell’acquisto di cacciabombardieri F35, che ha avuto però l’effetto positivo di stimolare la nascita di una campagna pacifista e antimilitarista che da anni porta avanti istanze fondamentali.

Le spese per gli armamenti e per la difesa in generale ammontano a molti miliardi ogni anno e cioè circa 26 miliardi di euro nel 2022 solo in Italia. Cifre colossali fornite da SIPRI – l’Istituto Internazionale di Ricerca sulla Pace di Stoccolma – e da Milex – l’Osservatorio sulle Spese Militari Italiane – relative al 2022, che sono però in esponenziale incremento. Secondo i dati dell’autorevole istituto e dell’importante osservatorio, la spesa militare globale nel mondo continua ad aumentare nonostante la crisi.

Alcuni dati sulla spesa bellica globale

Il grafico delle spese militari nel mondo è in costante ascesa: secondo Sipri, sono stati raggiunti i 2113 miliardi di dollari nel 2021, con un +0,7% in termini reali rispetto all’anno precedente. I primi dieci Paesi per spesa militare coprono il 75% del totale degli investimenti bellici, con i soli Stati Uniti che contribuiscono per il 43% e più indietro, al secondo posto la Cina, mentre al terzo l’India.

Stati Uniti, Russia, Inghilterra, Francia, Cina, India, Pakistan e Israele posseggono insieme più di 25.000 armi nucleari e di queste più di 5.000 sono pronte all’uso e al lancio: abbastanza per distruggere più volte il nostro pianeta. Fra le potenze che stanno aumentando più rapidamente il budget destinato al comparto bellico c’è la Russia, che nel 2021 lo ha incrementato del 2,9%, portandolo al 4,1% del prodotto interno lordo complessivo.

L’Italia e gli F35

Per quanto riguarda il nostro paese, un caso interessante da analizzare è quello dell’acquisto degli F35. L’F35 è un cacciabombardiere d’attacco al suolo e come tale contrasta con un modello di difesa basato sulla difesa stessa e non sull’offesa, quale dovrebbe essere quello italiano, come sancisce anche la Costituzione repubblicana all’articolo 11. Questo tipo di cacciabombardiere è atto al trasporto delle famigerate e mortifere bombe termonucleari NATO B61-12.

Inoltre, è esorbitante la cifra che l’Italia spende per l’acquisto di questi mostri da guerra: 15 miliardi di euro per 90 di questi apparecchi e il numero è stato ridotto nel 2012 grazie alle proteste e alla mobilitazione nate nel paese rispetto ai 131 cacciabombardieri F35 iniziali. Ma pur sempre una follia. Una spesa enorme, soprattutto in tempi di crisi e quando si taglia la spesa pubblica per sanità, servizi sociali, scuole, per i più deboli, per i malati.

Il sostegno politico è fondamentale ma non basta, perché risulta necessaria la partecipazione cosciente dei cittadini

È stato calcolato che con la spesa per gli F35 si potrebbero costruire 4.500 nuovi asili nido, acquistare 10 milioni di pannelli solari per dare energia pulita a tutto il paese, costruire 50 ospedali, mettere in sicurezza anche antisismica 12 mila scuole, e quindi creare 100 mila posti di lavoro a fronte di circa ottocento che si dovrebbero creare con il progetto F35.

Le proteste del mondo pacifista

È dal 2005 che i pacifisti denunciano l’assurda follia di queste spese. Nel 2007 a Novara è nato un coordinamento di associazioni e organismi impegnati a contrastare l’assemblaggio dei cacciabombardieri nell’aeroporto militare di Cameri, vicino alla città. Si tratta di un coordinamento fondato sull’antimilitarismo e sull’autonomia dei soggetti istituzionali e varie sono state le iniziative di opposizione attivate. Come un corteo a Novara con oltre mille partecipanti e una due giorni di dibattito contro il militarismo e contro l’industria degli armamenti.

Nel tempo sono stati organizzati altre grosse iniziative che hanno coinvolto il mondo nonviolento e la società civile, come una marcia da Novara all’aeroporto di Cameri, un presidio a Torino, l’invio di una lettera aperta al prefetto di Novara. Contro il progetto F35 si è schierata anche la diocesi di Novara. Recentemente alcuni organismi come la Tavola della Pace, Unimondo, Sbilanciamoci e altri ancora hanno promosso una campagna nazionale parallelamente a una giornata che si celebra ogni 25 febbraio con iniziative in molte città italiane e la raccolta di firme contro il progetto F35.

Umberto Veronesi

Contro il progetto F35 si è schierato addirittura l’oncologo Umberto Veronesi, che sulla Repubblica dell’agosto 2010 ha scritto: “Come iniziatore del movimento Scienza per la pace e soprattutto come uomo che ha vissuto la guerra, mi sono sentito in dovere di presentare in Senato una mozione – avanzata dalla Rete italiana per il disarmo – per fermare il progetto, a cui partecipa il nostro paese, per la realizzazione di 2700 cacciabombardiere Joint Strike Fighter F35 a un costo complessivo stimato di 250 miliardi di dollari”. La mozione è stata sottoscritta da 27 senatori e da 16 deputati. Il sostegno politico è fondamentale ma non basta, perché risulta necessaria la partecipazione cosciente dei cittadini che hanno il diritto e il dovere di sapere.

Il bilancio della difesa per la “guerra impossibile” è di 28,7 miliardi di euro. Inoltre, l’Italia destina alla spesa bellica l’1,54% – contro una media europea dell’1,3% – del prodotto interno lordo e prevede di raggiungere entro il 2028 una quota del 2%, mentre investe una percentuale inferiore, ad esempio, nella ricerca scientifica – 1,4% del PIL, contro una media europea del 2,1%. In un simile quadro risultano dunque fondamentali non solo l’azione dei movimenti pacifisti, ma soprattutto la presa di coscienza da parte dell’opinione pubblica, della quale facciamo parte tutti noi.

Scrive per noi

Laura Tussi
Laura Tussi, docente, giornalista e scrittrice, si occupa di pedagogia nonviolenta e interculturale. Ha conseguito cinque lauree specialistiche in formazione degli adulti e consulenza pedagogica nell'ambito delle scienze della formazione e dell'educazione. Coordinamento Campagna Internazionale ICAN - Premio Nobel per la Pace 2017 per il disarmo nucleare universale, fa parte dei Disarmisti Esigenti, gruppo membro della rete mondiale e premio Nobel per la pace ICAN.