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Stereotipi razzisti nei libri di testo

| UGO LEONE

Tempo di lettura: 4 minuti

Stereotipi razzisti nei libri di testo

Ma gli insegnanti controllano i libri di testo che adottano? Un manuale di geografia per la scuola media associa la Campania alla camorra (e non stupiamoci se poi arrivano i terrapiattisti). Grave soprattutto per un insegnamento bistrattato e di cui avremmo più bisogno, specie per una classe di governo che come diceva Calvino è sempre stata molto ignorante in questa materia: ne guadagnerebbero anche le politiche di prevenzione dei disastri.

Se apro un libro di geografia per la scuola media e mi incuriosisce sapere che cosa dice della Campania, la mia regione, e leggo che è «una regione dalle grandi risorse il cui sviluppo è però ostacolato dalla criminalità organizzata, la camorra, che cerca di avere il controllo delle imprese e che spesso condiziona anche l’attività della pubblica amministrazione», ho qualche perplessità. Ma, andando più avanti, mi cadono le braccia e molto mi irrita quanto leggo nel riquadro «le parole della geografia» che caratterizzano questo libro associando alcune parole ad aspetti significativi della regione di cui si parla. Ebbene, per la Campania la “parola” alla quale la regione viene associata è Camorra esplicitata in tulle le lingue alle quali si fa ricorso in questi riquadri: «Camorra/Camorra/Camorra/Kamorra/Camorra/Kàmò la/Kamura».

È più che sufficiente per spiegare agli studenti di qualunque etnia e lingua quale è la geografia della Campania.

Professori distratti

In realtà devo dire che quel libro non l’ho aperto io ma un collega della Federico II – Fabio Ambrosino- il quale avendolo tra le mani per suo figlio studente in prima media, ne ha scritto a “Repubblica” raccontando le cose che ho appena riassunto. “Avendolo tra le mani”, come era giusto che fosse per sapere che cosa davano da imparare a suo figlio e come doverosamente dovrebbero fare tutti i professori che adottano libri nelle loro materia.

Ma tant’è. Non è così che vanno le cose. Figuriamoci per la Geografia che è una disciplina alla quale vengono sempre più ridotte le ore e le opportunità di insegnamento nella scuola e nelle Università.

Io sono un geografo: laureato in Geografia Politica ed economica e in questa disciplina (e in sue derivate come la “Politica dell’ambiente”) ho insegnato dal 1969 al 2009. I miei maestri sono stati essenzialmente Francesco Compagna e Lucio Gambi e i francesi (George, Lacoste, Labasse…).

Un insegnamento di fondamentale importanza culturale e professionale

La discussione e la contrapposizione con gli altri rappresentanti accademici della Geografia è stata per anni molto vivace. E consisteva in quello che secondo il gruppo al quale appartenevo (si chiamava, secondo le tendenze dell’epoca, “Geografia democratica” e univa napoletani, torinesi, fiorentini, veneti) sembrava essere un modo superato di intendere la Geografia rispetto a quello che noi auspicavamo che dovesse essere. Ma abbiamo tutti sempre considerato, sia pur con motivazioni diverse, di fondamentale importanza culturale e professionale il ruolo dell’insegnamento della Geografia. Che, personalmente ho sempre identificato con una più volte citata affermazione di Italo Calvino secondo il quale l’ignoranza della geografia è stata una costante della classe di governo dal Risorgimento in poi. Arrivando ad auspicarne l’insegnamento obbligatorio per ministri e sottosegretari.

Ma questa ignoranza non è solo italiana. Basta pensare ai terrapiattisti che insistono sull’affermare che la Terra non è sferica, ma piatta. Ancora con almeno duemila anni di ritardo su quanto scriveva Strabone il quale (“II libro della Geografia”) sosteneva che «Ora, uno dei doveri del geografo è partire dal presupposto che la Terra nel suo complesso sia sferica – come anche l’intero universo – e accettare tutte le conclusioni che ne derivano, una delle quali è che la Terra è costituita da cinque zone».

Insomma, c’è una bella, direi vitale, importanza nella differenza che passa tra ignoranti e sapienti delle cose geografiche.

La ragazzina che capì lo tsunami

Anni fa ce lo dimostrò una ragazzina che salvò centinaia di persone dallo tsunami nelle Filippine invitandoli ad andarsene in collina come aveva insegnato il suo insegnate in una lezione di geografia.

È anche per questo che è vivo il mio disappunto per il caso –niente affatto unico- che ho raccontato. Disappunto duplice: perché coinvolge un testo di geografia nel quale la disciplina dovrebbe essere insegnata alla “modalità” di Calvino e perché insiste sullo stereotipo dei sinonimi X=Y.

Se questo avviene nel prioritario insegnamento scolastico si capisce, poi, perché c’è tanta ignoranza (per carità mi riferisco alla ignoranza di cui parlava Calvino…) nella amministrazione della cosa pubblica Italia. E perché ogni scossa sismica, ogni pioggia più violenta, ogni valanga e via elencando ci trovano impreparati e costringono ad allungare l’annuale elenco dei danni e a piangere i morti. Consentendo, poi, a chi dà notizia di tutto questo, di dire che il disastro era annunciato e si poteva evitare

Certo si potrebbe evitare se si ricordasse che l’Italia è una penisola distesa lungo un Appennino che dalla Liguria alla Calabria è un “naturale” monumento alla fragilità della terra e alla vulnerabilità dei suoi abitanti. Niente di irreparabile, però, e tutto di riparabile. Ma di riparabile con politiche e interventi di prevenzione non con le abituali politiche del rattoppo che servono a mettere pezze e tamponare falle senza rimuovere le cause dei disastri.

Si può fare. Si potrebbe fare conoscendo per bene le dinamiche naturali e i comportamenti sconsiderati che ne hanno accelerato i tempi.

Conoscendo significa facendo tesoro degli insegnamenti della Geografia, della Geologia (e della storia dei disastri).

Poi facciamo anche bene a ricordare che in molte regioni meridionali vi è una malavita organizzata che risponde ai nomi di Mafia, Ndrangheta, Camorra, Sacra corona unita (non voglio far torto a nessuna…) le quali pure vanno conosciute e combattute. Ma nessuna di queste è sinonimo delle regioni nelle quali si manifestano.

Scrive per noi

UGO LEONE
UGO LEONE
Già professore ordinario di politica dell'ambiente presso la Facoltà di Scienze politiche dell'Università di Napoli "Federico II". I suoi interessi scientifici e i contenuti delle sue pubblicazioni sono incentrati prevalentemente sui problemi dell'ambiente e del Mezzogiorno. E' autore di numerosi volumi e editorialista dell'edizione napoletana del quotidiano "la Repubblica". Per molti anni è stato presidente del Parco nazionale de Vesuvio.