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Attac Italia: vent’anni di impegno per un mondo equo e sostenibile

| Laura Tussi

Tempo di lettura: 5 minuti

Attac Italia: vent’anni di impegno per un mondo equo e sostenibile

Marco Bersani racconta Attac Italia e le sue lotte globali per equità e sostenibilità. Attac, parte del movimento altermondialista, si definisce “movimento di autoeducazione orientata all’azione”. Dal 2001, si impegna nel disarmo nucleare, ha vinto un referendum per l’acqua pubblica nel 2011 e combatte i trattati di libero scambio con “Stop Ttip”. Affronta il debito illegittimo, promuove una nuova finanza pubblica e sociale con “Riprendiamoci il Comune” e contribuisce alla costruzione della “società della cura”. La missione di Attac è cambiare il mondo per renderlo abitabile con dignità per tutti.

Quasi un decennio dopo il nostro primo incontro, ci ritroviamo a dialogare nuovamente con Marco Bersani di Attac Italia, protagonista di imponenti lotte globali per una società caratterizzata da equità, dignità e sostenibilità. Ripercorriamo insieme più di vent’anni di storia, dalle epiche campagne a difesa dell’acqua come bene comune, all’opposizione decisa contro guerre e militarismo, attraverso le tappe fondamentali di una delle reti di movimenti altermondialisti più rappresentative.

“Riappropriamoci degli spazi della democrazia”, ci esortava Marco Bersani nel nostro primo incontro, avvenuto ormai dieci anni fa. In quel periodo, l’onda dei movimenti anti-globalizzazione aveva appena attraversato la scena, con una fervente lotta contro la privatizzazione delle risorse idriche che vedeva Attac Italia, sotto la guida di Bersani, pioniera della resistenza. Oggi, in maniera analoga, lo ritroviamo ancora in prima linea. Abbiamo voluto fare il punto con Marco sulle battaglie, passate e presenti, del movimento, senza tralasciare le drammatiche sfide che il mondo attuale affronta, con una crescente minaccia bellica ancor più inquietante rispetto al periodo in cui Attac ha mosso i suoi primi passi.

Attac Italia nasce nel 2001 ed è parte della rete internazionale di Attac, una delle più grandi fra quelle che criticano il neoliberismo, costruita in questi anni dal movimento altermondialista. Perché si autodefinisce “movimento di autoeducazione orientata all’azione”?

L’origine di Attac può essere rintracciata nella pubblicazione nel 1997 dell’articolo “Disarmare i mercati” di Ignacio Ramonet su Le Monde Diplomatique. In quest’opera, si metteva in luce come la natura del capitalismo contemporaneo dovesse essere individuata nella crescente finanziarizzazione dell’economia. Si sottolineava altresì che affrontare adeguatamente ciò che veniva definito “il modello liberista” richiedeva l’inclusione di tale tematica nell’agenda dei movimenti sociali.

I cardini su cui si fondò Attac France nell’anno successivo furono la tassazione delle transazioni finanziarie, la messa in discussione del debito, la lotta contro i paradisi fiscali, l’egemonia culturale neoliberale e la formazione di un’oligarchia finanziaria. Questi principi hanno dato vita a tutte le realtà nazionali che, successivamente, hanno costituito la rete internazionale di Attac. Presente in oltre 40 Paesi, dall’Europa al Nord Africa, dall’America Latina al Giappone.

In Italia, il percorso ha avuto inizio nella primavera del 2000 con il lancio dell’appello “Facciamo Attac”. Numerose assemblee in tutto il Paese hanno portato alla creazione di una tre giorni nazionale a Bologna nel giugno 2001, anticipando le straordinarie e drammatiche giornate del G8 a Genova.

Attac si autodefinisce “movimento di autoeducazione orientata all’azione”, poiché ritiene che comprendere la complessità del modello capitalistico durante l’era della finanziarizzazione richieda formazione e capacità di analisi dei repentini cambiamenti nella realtà circostante. Al contempo, considera la formazione come prerequisito per l’azione, poiché il mondo va non solo compreso, ma anche trasformato. Questi principi si riflettono nell’organizzazione di università popolari nazionali e territoriali da parte di Attac, oltre alla sua partecipazione a campagne e mobilitazioni di massa.

Come Attac siete stati parte del movimento altermondialista di Genova 2001?

Attac rappresenta l’unico ente non brasiliano tra i promotori del Forum Sociale Mondiale, inaugurato nel 2001 a Porto Alegre e successivamente consolidatosi come un appuntamento annuale in diverse località del globo. Il suo scopo è coordinare la rete globale dei movimenti sociali che, sotto lo slogan “Un altro mondo è possibile”, hanno lanciato la sfida al modello liberista. Quest’ultimo si basa sulla celebre affermazione pronunciata nel 1979 dall’allora premier britannica Margaret Thatcher: “There is no alternative” (Non c’è alternativa).

Il battesimo di piazza di Attac Italia avvenne sostanzialmente a Genova nel 2001, quando l’organizzazione partecipò fin dall’inizio al processo di costruzione e avvicinamento al Forum Sociale Mondiale. Nel frattempo, Attac Italia stava costruendo la propria presenza e radicamento sul territorio italiano. Questa duplice “gravidanza” – la nascita di Attac Italia e l’emergere del movimento altermondialista nel Paese – si rivelò un’esperienza ricca, intensa e straordinaria.

Attac faceva parte delle numerose reti che componevano il Genoa Social Forum, e il sottoscritto rappresentava l’associazione come membro del Consiglio dei Portavoce, che coordinò quelle drammatiche giornate. Durante tali eventi, le élite politiche, economiche e militari decisero di reprimere con la violenza più estrema mai vista nel Paese dalla nascita dell’Italia repubblicana, stroncando l’eccezionale partecipazione di massa.

In quelle giornate, abbiamo perso Carlo, insieme a una parte dell’innocenza e della speranza di quel movimento.

Di tutti movimenti pacifisti e associazioni per la nonviolenza e il disarmo siamo affiliati a ICAN, la campagna internazionale per l’abolizione delle armi di distruzione di massa nucleari. Ican ha ricevuto il premio Nobel per la pace nel 2017 per aver costituito il trattato ONU TPAN, trattato per la proibizione degli ordigni nucleari. Come si pone Attac nei confronti dei vari governi per fare ratificare questo trattato?

Sebbene il disarmo non sia uno dei temi centrali su cui Attac concentra la sua attività, la nostra associazione ha costantemente promosso la costruzione di una società priva di eserciti, armi e, naturalmente, di armamenti nucleari sia a fini civili che militari. La proliferazione di armi e il possesso di armi atomiche non hanno alcuna connessione con la deterrenza e ancor meno con la sicurezza delle popolazioni, come dimostrato dalla storia.

Sosteniamo che solo una società attenta al benessere collettivo può definirsi davvero sicura. La guerra rappresenta l’apice dell’indifferenza: distrugge vite, famiglie e relazioni, devastando territori e l’ambiente circostante, sradicando le esistenze delle persone, esacerbando le disuguaglianze sociali, imprigionando le culture e minando la democrazia. L’uso della guerra è una manifestazione legittima della cultura patriarcale, che mira al dominio e alla sopraffazione, ignorando la consapevolezza della fragilità dell’esistenza e dell’interdipendenza tra individui e l’ambiente che condividono.

Riteniamo che la ratifica del Trattato ONU sul divieto delle armi nucleari (TPAN) debba costituire la primaria azione di ogni governo democratico. Nel caso dell’Italia, tale atto dovrebbe essere seguito immediatamente dall’espulsione delle numerose testate nucleari attualmente ospitate, in totale disprezzo della nostra Costituzione, presso le basi militari di Ghedi (BS) e Aviano (PN). Questa lotta assume una crescente importanza in un periodo in cui la guerra sembra essere diventata l’unico mezzo di governo nella riorganizzazione geopolitica delle relazioni di potere tra le grandi e meno grandi potenze statuali, economiche e militari.

Attac Italia è stata fra i promotori del Forum italiano dei movimenti per l’acqua e del Comitato referendario “2 SI per l’Acqua bene comune”, che ha portato alla vittoria referendaria nel giugno 2011. È da sempre impegnata sul tema dei beni comuni come base per la costruzione di un altro modello sociale basato sulla democrazia partecipativa. In quali altre campagne è impegnata?

Desidero sottolineare che tutte le campagne in cui Attac ha fornito il suo significativo contributo seguono un filo conduttore inequivocabile: la finanziarizzazione. Anche la campagna per l’acqua pubblica, un periodo straordinario di partecipazione sociale che è riuscito a generare un successo referendario completamente autogestito, ha visto Attac in prima linea. Questo perché nel frattempo il processo di finanziarizzazione si era diffuso dall’economia alla società, alla natura e ai beni comuni.

Attac ha sempre considerato la formazione come propedeutica all’azione. Perché il mondo non va solo capito, ma anche trasformato

Successivamente a questo percorso, siamo stati tra i promotori della campagna “Stop Ttip”, estesasi successivamente a tutti i trattati di libero scambio. Questi trattati, dietro la triade “crescita, concorrenza, competitività”, mirano a considerare i diritti del lavoro, i diritti sociali e i diritti della natura come variabili subordinate ai profitti delle multinazionali. Parallelamente, abbiamo sostenuto una critica radicale ai vincoli di austerità imposti dall’Unione Europea, ponendo al centro sia la questione della trappola ideologica del debito e la necessità della sua cancellazione, contribuendo così alla nascita in Italia del CADTM, il Comitato per l’abolizione dei debiti illegittimi.

Inoltre, ci siamo focalizzati sul tema di una nuova finanza pubblica e sociale, aprendo un focus su Cassa Depositi e Prestiti, che gestisce 280 miliardi di risparmi dei cittadini. A livello di comunità territoriali, abbiamo lanciato la recente campagna “Riprendiamoci il Comune”.

Infine, siamo tra i promotori del percorso della “società della cura”, uno spazio politico che coinvolge centinaia di realtà. Questo movimento è emerso durante la pandemia per non solo constatare collettivamente la totale insostenibilità del modello capitalistico, ma anche per costruire un’alternativa di società basata sul paradigma della cura – di sé, degli altri, del vivente e del pianeta – in contrasto con l’attuale paradigma del profitto che permea la società, la natura e la vita delle persone. Siamo una realtà modesta ma significativa con un unico obiettivo: contribuire al cambiamento del mondo per renderlo abitabile con dignità per tutte e tutti.

Scrive per noi

Laura Tussi
Laura Tussi, docente, giornalista e scrittrice, si occupa di pedagogia nonviolenta e interculturale. Ha conseguito cinque lauree specialistiche in formazione degli adulti e consulenza pedagogica nell'ambito delle scienze della formazione e dell'educazione. Coordinamento Campagna Internazionale ICAN - Premio Nobel per la Pace 2017 per il disarmo nucleare universale, fa parte dei Disarmisti Esigenti, gruppo membro della rete mondiale e premio Nobel per la pace ICAN.