Il futuro del futuro, leggi l’editoriale di Mario Salomone nel nuovo numero di .eco
Tempo di lettura: 3 minuti
Nelle aule scolastiche e universitarie si forma una grande risorsa rinnovabile: le nuove generazioni. Ma è una risorsa che può essere bruciata sull’altare del “business as usual”, se l’apprendimento non punta a un pensiero innovativo e capace di immaginare un futuro diverso.
Il futuro avrà un futuro? E se sì, che tipo di futuro avrà? Ce ne occuperemo di più, ma con ansia e scoraggiamento, scrutando segni non troppo criptici (le statistiche, la faccia dei figli in cerca di lavoro, l’estratto conto,…)? Troveremo invece elementi di ottimismo? Li troveremo in noi, nella nostra capacità di fare comunità, di trovare collettivamente le soluzioni? Ci rimboccheremo le maniche, alzeremo la voce, ne parleremo con altri, insomma, cercheremo di costruirlo? Oppure ne rifuggiremo, rimuovendolo, per distrarci un po’ trastullandoci con uno dei tanti diversivi che ci vengono offerti?
O crederemo al futuro di Elon Musk e degli altri oligarchi di Silicon Valley: un pianeta B con l’acqua e i minerali che ci mancano sulla Terra, l’intelligenza artificiale come panacea, qualche nuovo medium sociale da aggiungere ai tanti già esistenti?
Quale futuro, cominciando dal clima
Il futuro sarà l’utopia di una rivoluzione ecologica o la distopia di guerre, regimi autoritari, semi-autoritari, neo-autoritari, simil-democratici? In cui miliardi di esseri umani lavorano (se lavorano) e, soprattutto, consumano per arricchire sempre di più l’uno per cento dei super-ricchi?
Il clima, ormai lo sappiamo, è una delle principali minacce che incombono su di noi e, quindi, uno dei maggiori campi di impegno, ma anche una grande fonte di equivoci, un grande esempio dell’incertezza che contraddistingue il nostro presuntuoso sapere e un grande oggetto di rimozione. Basta magari una nevicata per farci dire che il riscaldamento globale è una bufala, complici sguardi corti, pigrizie, ignoranza scientifica, disinformazione da parte dei mass media, un curioso impasto di allarmismo e negazionismo.
Crederemo, insomma, alle chiacchiere antiscientifiche e agli spot pubblicitari di chi continua a investire su fonti fossili e megaimpianti (nucleari o “bio”) o alla scienza e agli scenari dell’IPCC, cercando la soluzione nelle comunità energetiche rinnovabili e in modelli basati sulla prossimità, il controllo dal basso, la sobrietà?
Il futuro della scuola
E a scuola, il futuro ha un futuro? Come si presenta: sotto le vesti scintillanti e ingannatorie dell’ultimo ritrovato tecnologico, sotto quelle di un oliato asservimento al profitto e al mercato del lavoro, o sotto quelle di una seria “educazione al futuro”? A proposito di scuola, spesso mancano le condizioni minime necessarie per realizzare adeguatamente l’azione educativa e formativa. Ma la stessa cosa si potrebbe dire anche per l’università, dove si tagliano i fondi per lo sviluppo degli organici in forma stabile, per l’offerta didattica, per il diritto allo studio e per la ricerca.
A cosa servono i sistemi educativi? Non c’è forse bisogno di un’idea forte, non solo in Italia, ma a livello globale? Di un grande progetto mondiale di riforma e rilancio di una educazione al servizio di una società più ecologica? Mentre le risorse del piccolo e affollato pianeta Terra sono finite, non c’è limite all’apprendimento e nelle aule scolastiche e universitarie si forma una grande risorsa rinnovabile: le nuove generazioni. Ma la politica e forse gran parte della società sembrano guardare altrove.
Un’idea forte di educazione, imperniata sul futuro
Questa idea forte di educazione (di cui l’educazione ambientale è la principale sostenitrice) è che l’apprendimento sia lo strumento fondamentale per colmare il divario umano tra la crescente grandezza e gravità dei problemi globali e la nostra capacità di affrontarli e risolverli per il bene dell’umanità e la salute del pianeta. Un apprendimento del genere richiede quella competenza di cui si occupa in particolare il focus centrale di questo numero di “.eco”, ma che ne ispira tutte le pagine (da sempre e per sempre): la capacità, appunto, di immaginare futuri inventati e costruiti collettivamente, grazie a un apprendimento innovativo.
Educazione al futuro non è solo (osservava nel 1979 il rapporto al Club di Roma Imparare il futuro, cui spesso facciamo riferimento – anche perché è al centro di un grande progetto internazionale in collaborazione tra Club di Roma e la comunità mondiale WEEC di cui abbiamo parlato nello scorso numero di marzo 2024) un “considerare il futuro” e “prevedere gli eventi”, ma anche “inventare”, cioè, creare “alternative nuove dove prima non ne esistevano”. È prepararsi “ad agire in situazioni nuove”.
L’apprendimento adattativo, figlio dell’apprendimento conservativo, è attendista: si limita a reagire quando forse è troppo tardi, sosteneva ancora quel rapporto sulle sfide dei sistemi educativi: oggi usiamo troppo poco i tempi dei verbi al futuro, “l’anticipazione non ha un ruolo sufficientemente importante”.
Così arriviamo sempre in ritardo: questa la similitudine, gli eventi traumatici sono come il rombo del tuono che ci allarma, ma in realtà il fulmine ha già colpito.
Ultimi articoli
.Eco è la più antica rivista di educazione ambientale italiana. Un ponte fra scuola, associazioni, istituzioni e imprese
ABBONAMENTO INTEGRATO
Scrive per noi
- Redazione
- ".eco", rivista fondata nel 1989, è la voce storica non profit dell'educazione ambientale italiana. Intorno ad essa via via si è formata una costellazione di attività e strumenti per costruire e diffondere cultura ecologica e sostenibilità.
Dello stesso autore
- Attività 202410 Settembre 2024Il futuro in classe, competenze e educazione per salvare il pianeta in .eco di settembre
- Attività 20249 Settembre 2024Il futuro è adesso, competenze e visioni per un domani sostenibile in .eco di settembre 2024
- Notizie5 Settembre 2024XIV edizione della conferenza regionale della scuola in Piemonte: riflessioni sul cambiamento e sul ruolo della Costituzione
- Attività 20245 Settembre 2024Quando la comicità diventa ecologia: il successo di Stand-Up ecology al MUSE di Trento