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Il luogo dove qualcosa finisce

| Valerio Calzolaio

Tempo di lettura: 3 minuti

Confini

Marco Aime e Davide Papotti
Scienze
Edizioni Gruppo Abele
2023
Pag. 174, euro 18

Pianeta Terra. Biodiverso da sempre. Nel momento in cui ci troviamo a definire lo spazio (umano) in cui ci troviamo, individuo sapiens e comunità vitale, siamo costretti a ritagliarlo un poco, per dargli un senso occorre chiuderlo e separarlo da qualcosa che diventa altro. Dobbiamo perciò tracciare una linea, reale o immaginaria, lineare o sinuosa, che lo delimiti: ecco il confine. Il termine, nella lingua italiana, deriva infatti dal latino cum finis, il luogo dove qualcosa finisce, che segna comunque quel punto dove le diverse identità (biologiche e geografiche) si incontrano e si riflettono l’una nell’altra. I confini forniscono uno straordinario principio di rafforzamento della realtà: contribuiscono a far sembrare più unitario ciò che circoscrivono e, allo stesso tempo, aiutano a pensare più “diverso” ciò che sta fuori. La frontiera rimanda più a una fascia di territorio non ancora compiutamente definita, in continua evoluzione, più facile alla dimensione anche mitica. Un confine può impedire il passaggio, una frontiera lo regola. Proprio la sperimentazione di Stati rinchiusi in confini chiaramente determinati segna il passaggio dal Medioevo all’età moderna: la nascita dell’idea di confine territoriale, così come la concepiamo oggi, ha così come premessa lo sviluppo della cartografia e può essere fatta risalire al 1648 e alla pace di Vestfalia, ma il concetto ha subito poi mostrato natura versatile e proteiforme, declinandosi in mille forme, assumendo mille sembianze, con un’impronta politica, giuridica, sociale, morale e anche psicologica che ha continuato a mutare nel tempo e nello spazio. Per sviscerarlo occorre muoversi a zigzag sul “confine” tra varie discipline, soprattutto geografia e antropologia culturale, seguendo un criterio (aperto) di commistione e compenetrazione.

L’antropologo Marco Aime (Torino, 1956) e il geografo Davide Papotti insegnano alle università di Genova e di Parma, hanno scritto separatamente molti interessanti testi scientifici e divulgativi, escono ora insieme con un bel saggio sui confini, ricco e documentato. Dopo l’introduzione congiunta, hanno deciso di articolarlo in diciotto capitoli (equamente divisi, più o meno), partendo dalle molteplici forme e funzioni, senza pretesa di esaustività, e proponendo quindi le principali tipologie, da quelle geografiche e territoriali a quelle culturali e politiche, con opportune autorevoli citazioni di bibliografia ed esempi, istruttivi e curiosi. I titoli delle specificazioni del confine sono indicativi: del colore; nella cartografia; culturale; simbolico; a tavola; la relativa archeologia; come meta turistica; tra gli umani; religioso; generazionale; di classe; tra noi e la natura; di genere (e coi generi di confine); linguistico; nella rappresentazione artistica; nel raccontare. La conclusione è interrogativa: assenza di confini? Sicuramente il mondo dell’antica preistoria dell’umanità era un mondo potenzialmente senza confini (perlomeno senza contare gli elementi naturali che, in determinate condizioni fisico-climatiche, potevano divenire ostacoli alla mobilità umana). Man mano che le strutture sociali si sono rese più complesse (proprio a partire da quella soglia di avvio della sedentarietà delle comunità umane, avvenuta in concomitanza con la prima rivoluzione agricola, circa dodicimila anni fa) la proliferazione di confini di diverso tipo e natura ha cominciato a trasformare il pianeta. Sicché una totale assenza di confini creerebbe non pochi problemi: il confine è un’idea così perfetta che tende a costituirsi come tipologia ideale, come archetipo dell’immaginario. E qui si dovrebbe sviluppare la questione implicita, visto che la storia del confine si confonde con la storia del migrare, ovvero di spostarsi oltre quel confine, emigrare e immigrare (con connessi diritto di restare e gradi di libertà di migrare). Ma le migrazioni (non solo umane) e alcuni tipi di nicchie e di confini (pure biologici) esistevano anche prima della lenta contraddittoria conflittuale svolta stanziale agricola: bisognerà approfondire insieme l’evolutiva persistente continuità e contiguità di migrazioni e di confini.

“Scelti da Valerio” è la rubrica di recensioni e segnalazioni a cura di Valerio Calzolaio.

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Valerio Calzolaio
Valerio Calzolaio
Valerio Calzolaio, giornalista e saggista, è stato deputato (1992-2006) e sottosegretario all’Ambiente (1996-2001). Ha pubblicato numerosi libri sul tema della migrazioni e dei profughi ambientali.