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Antonio Albanese, maestro ecologista, ci interroga. Siamo preparati a rispondere?

| MARIO SALOMONE

Tempo di lettura: 3 minuti

Antonio Albanese, maestro ecologista, ci interroga. Siamo preparati a rispondere?

Un film che è un invito a reagire. “Un mondo a parte” (regia di Riccardo Milani, con Antonio Albanese e Virginia Raffaele) diverte e commuove. Molti i temi attuali, dal degrado delle periferie metropolitane, all’abbandono delle aree interne, all’accoglienza dei migranti. E un tributo all’importanza della scuola e all’impegno di tanti insegnanti. Qualche suggerimento a Milani per i sequel.

Sulla trama del film di meritato successo “Un mondo a parte” scritto e diretto da Riccardo Milani non c’è bisogno di dire molto: in tanti lo avranno già visto (chi non l’ha fatto si sbrighi e non perda gli imperdibili titoli di coda) e numerose sono state recensioni e presenze in tv.

Michele-Antonio Albanese si prende una sorta di anno sabbatico dalla scuola della giungla d’asfalto romana grazie all’assegnazione in una scuoletta abruzzese. Parte stereotipo di ecologista che sogna natura incontaminata e canto di uccellini (suvvia, non scandalizziamoci – anche noi nel nostro format “Stand Up Ecology” usiamo l’autoironia) e finisce attivista della “restanza”. La realtà in cui fa il bagno (lupi e neve a parte) è fatta di presa d’atto del declino delle aree interne, in cui alla rassegnazione di troppi adulti («La rassegnazione si prende a morsi come la scamorza», dice la vicepreside Agnese-Virginia Raffaele) fa da contrappeso l’evasione digitale dei pochi scolari (da grande vogliono fare gli influencer e gli youtuber).

Reagire bisogna

Il messaggio del film è che bisogna reagire, che le scuole sono un presidio fondamentale (se chiude la scuola il paese muore), che per farle vivere occorre l’impegno corale di tutta una comunità.

La soluzione arriva, come si sa, da profughi e migranti. Accogliere fa bene a Rupe (nome d’arte della piccola Opi che insieme ad altre località del parco nazionale fa da sfondo alla vicenda), ma farebbe bene anche all’Italia e all’Europa, invece di erigere muri e di finanziare regimi d’oltremare. Serve, tra l’altro, a “Riabitare l’Italia”, nome e programma di un’associazione promossa da Filippo Barbera, Fabrizio Barca, Giovanni Carrosio e molti altri bravi e combattivi studiosi e fucina di studi e iniziative per, appunto, promuovere “restanza” e resilienza delle aree interne.

Suggerimenti per i sequel del film

Riabitare, però, solleva anche altri problemi che un solo film non può esaurire. Ecco dunque alcuni spunti su cui far cimentare regista e attori:

  1. Salvare la scuola è un atto simbolico, come figura retorica una sineddoche (la parte, la scuola, per il tutto, il sistema territoriale di cui è elemento chiave). Ma le migliaia di comuni italiani con poche decine o poche centinaia di abitanti (che siano di montagna o di piccole isole) hanno bisogno anche della riapertura di linee ferroviarie dismesse, di copertura Internet, di servizio sanitario nazionale e di reti di imprese e cooperative di comunità.
  2. Bene la scuola, se ci sono insegnanti come Antonio Albanese e Virginia Raffaele. Ma il film stesso ci mostra anche dirigenti scolastici meschini e burocrati ottusi. La scuola ha bisogno non solo di allievi, ma di nuovi (democratici e partecipativi) ordinamenti, capovolgimento di paradigmi, conversione ecologica, insegnanti formati meglio e soprattutto in modo radicalmente diverso da oggi. Parafrasando Bertolt Brecht, sventurata è la scuola che ha bisogno di eroi.

Anche le metropoli sono ambiente

  1. Lupi e orsi sono stati sterminati sistematicamente in Europa per far posto alle greggi e il conflitto umani-animali (di cui “.eco” si è spesso occupato) è tuttora presente (il Trentino insegna). Come la mettiamo con la necessità di salvaguardare la biodiversità se “riabitiamo” le aree interne? Dove troviamo, come propone il grande biologo Edward O. Wilson, Metà della Terra per salvare il futuro della vita?
  2. Infine, cosa vogliamo fare delle metropoli, come la Roma da cui il maestro Michele vuole fuggire almeno per un anno? Qui gli insegnanti eroi non patiscono l’isolamento e il mal d’auto dei tornanti di montagna, ma bullismo e vandalismi, il degrado sociale e ambientale, il pendolarismo in città congestionate e inquinate, dove i servizi pubblici sono carenti, le necessarie foreste urbane mancano, e il cambiamento climatico infierisce soprattutto sui più deboli in un quadro di crescenti ingiustizie e disuguaglianze.

Anche la città è un ambiente da salvare e rigenerare. Anche in città vorremmo cinguettii e biodiversità.

Scrive per noi

MARIO SALOMONE
MARIO SALOMONE
Sociologo dell'ambiente, giornalista e scrittore, Mario Salomone dirige ".eco" dalla fondazione (1989), è autore di saggi, romanzi e racconti e di numerosi articoli su quotidiani e riviste. Già professore aggregato all'Università di Bergamo, è Segretario generale della rete mondiale di educazione ambientale WEEC, che realizza ogni due anni i congressi del settore.