Perché la scienza deve essere democratica?
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Scienza e bene pubblico. Cittadinanza, conoscenza, democrazia
Fabrizio Rufo
Scienza e Bioetica
Donzelli Roma
2023
Pag. 128, euro 17
Sapere scientifico. 2019-2022.
Fin dagli albori della modernità la conoscenza rappresenta un bene pubblico di primaria importanza. Eppure, nonostante il decisore pubblico si trovi sempre più di fronte a scelte che riguardano materie ad alto contenuto tecnico, esiste una sostanziale assenza, almeno nel nostro paese, di un inquadramento e di una relazione istituzionalmente stabile tra conoscenza e decisione, entrambe intese come attributi della sfera pubblica democratica.
La conoscenza non dovrebbe essere semplice speculazione, bensì anche e soprattutto la ricerca di regole d’azione, la sua funzione principale è quella di produrre risultati per una progressiva e democratica trasformazione della società. La conoscenza è un’elaborazione molto più avanzata e raffinata dell’informazione, perché richiede, innanzitutto, la capacità di creare connessioni, è un bene relazionale e attivo, non statico e circoscritto. In una visione reticolare (e non gerarchica) della conoscenza assume un ruolo decisivo la “cittadinanza scientifica”: il diritto di chiedere e ricevere informazioni; il diritto di accesso a dati aperti e grezzi; il diritto di consultazione e partecipazione rispetto alle decisioni; il diritto alla collaborazione nella definizione di questioni sociali science-based.
Il progresso del sapere scientifico è dunque un valore che deve essere costantemente nutrito di cultura democratica, grazie alla quale diventa possibile ampliare, diffondere e consolidare quell’etica della conoscenza che può e deve regolarlo. Il colto acuto docente di Bioetica (a Roma) Fabrizio Rufo (1966) considera da sempre la scienza un fatto sociale troppo importante per ignorarne gli effetti nelle profonde e quotidiane modifiche delle nostre azioni (lavoro, salute, alimentazione, tempo libero) e del mondo in cui viviamo.
Il volume raccoglie spunti contenuti in saggi stesi per volumi collettanei tra il 2019 e il 2020, integrati e rielaborati in tre capitoli, e un quarto capitolo inedito (il terzo in ordine di pubblicazione). Dopo la premessa si alternano due argomenti teorici e due casi concreti (di biografia scientifica ed ecosistema urbano): il rapporto tra scienza e democrazia (il più lungo); Giovanni Berlinguer, la politica come etica sociale; la salute e l’etica del lavoro; Roma, la città della scienza (il più breve).
Il primo inquadra l’intero testo in una “proposta pragmatista”, riprendendo le riflessioni di Giulio Preti, John Dewey e Philip Kitcher, rispondendo efficacemente ai critici della scienza e ai critici della democrazia e definendo il paradigma della bioetica.
Il secondo riassume lo straordinario contributo scientifico e civile di Giovanni Berlinguer (Sassari, 1924 – Roma, 2015), dalla tesi di laurea in medicina nel 1952 (sulle differenze di mortalità nei quartieri romani) agli scritti su malattie, salute e sicurezza nei luoghi di lavoro degli anni successivi, dal decisivo contributo parlamentare e normativo nei Settanta alla bioetica istituzionale e quotidiana dei decenni successivi (contro sia la critica radicale della scienza che lo scientismo).
Il terzo affronta storica polisemia di significati e persistenti dilemmi etici legati al nesso salute-lavoro, con attenzione particolare alle prime esperienze di citizen science. Il quarto conferma l’esigenza antica e duratura di considerare Roma una capitale sovranazionale del sapere scientifico, con dovizia di studi e informazioni. In fondo un utile indice delle tante personalità richiamate (Berlinguer, Dewey e Gramsci i più citati, Pietro Greco un paio di volte).
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