Skip to main content

Scopriamo la Thailandia. Verso il congresso mondiale WEEC 2019 a Bangkok

| Pier Luigi Cavalchini

Tempo di lettura: 4 minuti

Scopriamo la Thailandia. Verso il congresso mondiale WEEC 2019 a Bangkok

Dal 3 al 7 novembre prossimo si svolge il decimo congresso mondiale dell’educazione ambientale, una occasione di confronto fra culture, fra Oriente e Occidente, fra “tradizione” e “innovazione”. Aderendo alla delegazione italiana tariffe ridotte di iscrizione a WEEC 2019. La Thailandia è un grande paese, ricco di storia plurimillenaria, natura, cultura. Cominciamo qui un viaggio alla sua scoperta, che toccherà via via vari aspetti. Nella prima puntata un quadro di insieme. Con l’occhio alla geografia e alla storia.

Ciò che WEEC si accinge a celebrare in Thailandia sarà qualcosa di più di un semplice convegno, di un appuntamento “consueto” da vivere con sufficienza o poco più. Sarà una occasione di confronto fra culture, fra Oriente e Occidente, fra “tradizione” e “innovazione”, nella perenne ricerca di migliorare sé stessi e gli altri.
D’altra parte, è il luogo stesso a proporci qualcosa di speciale, qualcosa che non potrà non condizionare i lavori del simposio. La Thailandia è una sintesi positiva di opposti, una armonizzazione di sensazione, un luogo tutt’altro che “turistico” e da “mordi e fuggi” … Esattamente il contrario.
La città, la grande città di Bangkok va un po’ a riassumere questa originalità che, vorremmo presentare, sperando in una vostra curiosità e, magari, in una partecipazione diretta.

 

Una nazione in cui c’è praticamente tutto, e che ha sempre mantenuto la sua indipendenza

Si tratta di una nazione in cui c’è praticamente tutto, dalle montagne più alte al mare, dalle colline boscose alle pianure produttive, fino al mare profondo, ancora ricco di pesci e meraviglie di ogni genere. Una nazione, la Thailandia, che combina la modernità più estrema con la tradizione di danze, musica e attaccamento alle consuetudini, Dove non è difficile incontrare, anche nella “city”, persone vestite con i tessuti “doho”, magari con una “ventiquattr’ore” sottobraccio.
E pensare che la Thailandia fino alla metà del XX secolo, quindi meno di cento anni fa, era ancora una nazione soprattutto agricola. Con sistemi di coltivazione adattati alle particolari condizioni dei terreni, con strumenti di lavoro semplici ma efficaci. Proprio quelle modalità di lavoro che, guarda caso, vengono riprese oggi, andando a cercare – quasi maniacalmente – approcci “soft” alle coltivazioni. Esattamente l’opposto degli interventi massificati e drogati dai pesticidi, che conosciamo fin troppo bene. Di fatto, però, si è consumata in questi ultimi cento – centocinquant’anni una vorticosa urbanizzazione che ha trasformato Bangkok, Chiang May, Pattaya (e molti altri centri) in megalopoli concentriche con una “city”, o qualcosa del genere, in mezzo e immensi slums più o meno organizzati nelle periferie. Abitate proprio da quelle migliaia di “avventizi” ammaliati dalle sirene delle città.
Una nazione complessa e piena di sorprese, con una storia plurimillenaria (1), con “identità” e orgoglio frutto di dure lotte per l’indipendenza. Fino al 1939 era chiamata Siam e non fu mai sotto le dirette dipendenze di qualsivoglia dominatore straniero. Governata da una monarchia prima assolutista poi “costituzionale” (dal 1932), con l’abitudine ad inserire a poco a poco le “novità” occidentali, giapponesi o cinesi, nel continuo timore di un annacquamento dei sani principi “thai”.

Gelosa difesa di principi e identità

A guardia di questi “sani principi”, negli ultimi trent’anni si sono succeduti governi democraticamente eletti che hanno saputo portare ai vertici economici mondiali lo Stato thailandese. Senza, quindi, più bisogno di interventi “cautelativi” delle autorità militari o di elezioni “guidate” per mantenere un profilo occidentale (ma non troppo). È sempre stata, infatti, parte integrante del cordone di Stati asiatici rivolti all’Oceano Pacifico e all’Oceano Indiano che hanno fatto da baluardo al dilagante comunismo degli anni Sessanta dello scorso secolo; funzione svolta con tale efficacia da essere, in pratica, la retrovia di più guerre combattute da americani e francesi (quelle di Corea, del VietNam e di Cambogia). E proprio dalla confinante Repubblica di Kampuchea sono arrivate, in fuga dai “Khmer rossi” molte centinaia di migliaia di profughi, ora stabilmente stanziati lungo la frontiera orientale.
È uno Stato tipicamente tropicale, con clima monsonico e con un ritmo stagionale differente da quello tipico di Europa o America. La temperatura, tranne che sulle alte montagne è gradevole e mai troppo fredda. Possono esserci periodi molto piovosi alternati ad altri fortemente secchi e afosi.

Cinque zone geografiche

Tradizionalmente viene divisa in cinque zone distinte: la parte montagnosa a nord e a ovest, il Khorat Plateau nella fascia nord est al confine col Laos. Poi il grande bacino alluvionale centrale denominato Chao Praya River basin, la fascia costiera a sud (dove c’è la capitale) e infine la lunga penisola protesa fra i due mari verso sud-ovest fin quasi a Singapore.
Le montagne a nord costituiscono ancora i contrafforti estremi della catena himalayana. Sono soprattutto di tipo granitico, intervallate da rocce sedimentarie ben stratificate su fondi marini antichissimi. Come è noto tutta questa zona ha subito l’enorme pressione tettonica del Dekkan indiano, portando alla crescita delle grandi vette dell’Himalaya e andando a modificare tutte le aree limitrofe, tra cui questa.
I monti thailandesi, tuttavia, non vanno oltre i tremila metri e non presentano formazione glaciali apprezzabili, importanti invece i fiumi che attraversano tutta la Thailandia. Nel tratto a nord quasi torrentizi e con forte trascinamento di materiali lapidei, a sud, invece placidi e, a volte, paludosi.
Tutti questi corsi d’acqua prima o poi confluiscono nel Mekong o nel Chao Praya andando a costituire due distinte reti idriche ben riconoscibili, da sempre utilizzate come vie di trasporto e di commercio. Ma di questo, come della popolazione, dell’economia, delle particolari abitudini e credenze, avremo modo di discutere nei prossimi interventi, fino ad inizio congresso.

Nota
(1) Utensili e ossa carbonizzate scoperte in una grotta della provincia di Lampang sembrano confermare la presenza di gruppi di Homo erectus 500.000/600.000 anni fa. Lo stanziamento evoluto più antico rinvenuto in Thailandia, risalente a 27.000/38.000 anni fa, è quello della grotta Lang Rong Rian nella provincia di Krabi, nella zona peninsulare, dove sono stati trovati scheletri umani, vasellame, utensili di selce ecc. che testimoniano la presenza dell’Homo sapiens.

Scrive per noi

Pier Luigi Cavalchini
Pier Luigi Cavalchini
Pier Luigi Cavalchini è docente di lettere al Liceo, membro del direttivo nazionale FIMA, delegato per il nordovest di Docenti Senza Frontiere, membro di Pro Natura regionale e direttore del giornale online Città Futura, collabora con varie riviste tra cui “.eco”.