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Un pioniere dell’ecologia agraria, Girolamo Azzi

Tempo di lettura: 3 minuti

Conosceva sette lingue e già cento anni fa studiava il rapporto tra agricoltura e clima. Ma è conosciuto e ricordato all’estero molto più di quanto non lo sia in Italia

Ormai le parole “ecologia” e “ecologico” sono entrate nel linguaggio comune per indicare le più svariate cose: la benzina ecologica, le patate ecologiche, la casa ecologica, eccetera, al punto che si sono dimenticati l’origine vera e il significato di “ecologia”. I lettori più informati pensano che l’ecologia sia nata ai tempi delle battaglie antinucleari o ai tempi dell’incidente di Seveso; quelli ancora più informati ricordano le lotte “ecologiche” contro la contaminazione radioattiva dovuta alle esplosioni nucleari o contro i pesticidi e le denunce della “Primavera silenziosa” fatte da Rachel Carson nel 1962.

Solo i più informati di tutti, infine, sanno che la parola “ecologia” è stata usata per la prima volta dal biologo tedesco Ernst Haeckel nel 1866. Questo ammiratore e divulgatore di Darwin spiegò che occorreva studiare le interazioni degli esseri viventi fra di loro e con l’ambiente inorganico circostante, i relativi scambi di materia e di energia e indicò l’ecologia come l’“economia della natura”.

Fondatore dell’ecologia agraria
Pochi però ricordano che una cattedra universitaria di ecologia è stata creata in Italia già nel 1922 a Perugia e affidata a Girolamo Azzi (1885-1969), studioso dimenticato ma non per questo meno interessante. Se non fosse stato per iniziativa dell’Associazione Turistica Pro Loco di Imola, la città in cui Azzi è nato nel 1885, non avremmo neanche l’unica biografia disponibile, “Girolamo Azzi, il fondatore dell’ecologia agraria”, pubblicata dalla casa editrice La Mandragora di Imola (Bo).

Appena laureato in Scienze naturali, Azzi, grazie alla sua buona conoscenza di ben sette lingue straniere, fra cui portoghese, svedese e russo, fu assunto dall’Istituto internazionale di Agricoltura di Roma, in un certo senso il precursore di quella che sarebbe diventata l’odierna FAO, l’organizzazione per l’agricoltura e l’alimentazione delle Nazioni Unite, con sede ancora a Roma. Ad Azzi fu affidata la redazione del Bollettino dell’Istituto e con tale incarico conobbe studiosi russi e tedeschi che conducevano ricerche sui rapporti fra agricoltura e clima. Del resto in questo campo già in Italia esisteva l’Ufficio Centrale di Meteorologia e geodinamica che, dal 1876, pubblicava, ogni dieci giorni, la “Rivista Meteorico-agraria”, sospesa nel 1920.

La visita in Unione Sovietica
Nello stesso 1920 una commissione dell’Accademia dei Lincei riconosceva l’importanza di una disciplina autonoma, l’ecologia agraria, e auspicava l’istituzione di una cattedra universitaria di questa disciplina che fu affidata nel 1924 proprio al prof. Azzi. In tale veste Azzi ebbe continui rapporti internazionali e nel 1934 fu invitato nell’Unione sovietica dal celebre prof. N. Vavilov che conduceva le stesse ricerche nel suo paese. Non bisogna dimenticare che erano gli anni della grande crisi, della necessità di aumentare la produzione agricola, della “battaglia del grano” fascista in Italia.

Per i suoi rapporti scientifici con l’Unione sovietica, Azzi fu guardato con sospetto dal regime fascista. Eppure il suo testo “Ecologia agraria”, pubblicato in Italia nel 1928, con varie ristampe, fu tradotto in russo, in portoghese per il Brasile, in bulgaro, e poi in spagnolo, in inglese, in francese. Nel 1929, per conto dall’Istituto Internazionale di Agricoltura, Azzi scrisse una monumentale opera, di 1.165 pagine, in francese sui rapporti fra clima e produzione di frumento. Per questi suoi contributi Azzi fu invitato in tutto il mondo per conferenze su quella che sembrava la nuova via per comprendere come le piante reagiscono ai mutamenti “ecologici” dell’ambiente circostante.

Interesse per molte discipline
Anche dopo la seconda guerra mondiale Azzi continuò ad essere invitato a tenere lezioni e conferenze in molti paesi stranieri (dove è ancora conosciuto e ricordato molto più di quanto non lo sia in Italia), sostenendo l’importanza dell’ecologia agraria, una specie di uomo di “pubbliche relazioni” per la sua disciplina, come lo ha definito il professor Androkli Baltadori (1925-2005), che ha scritto la affettuosa presentazione del libro sul professor Azzi e che è stato, dopo il 1955, il suo successore sulla cattedra di Perugia.

Girolamo Azzi morì nel 1969 e i pur pochi scritti, riprodotti nel volume già citato, illustrano bene alcuni aspetti della sua attività e dei suoi interessi che si estendevano dall’ecologia, all’agricoltura, alla geografia, all’economia. Ricordo di avere conosciuto, quando ero un giovane assistente a Bologna, il prof. Azzi, già anziano, quando ben pochi sapevano che cosa fosse questa ecologia, la strana materia che lui insegnava. Hanno fatto bene i suoi amici a ricordarlo, sia pure in un piccolo “libro sommerso”, di quelli che sfuggono alla grancassa pubblicitaria, e mi auguro che qualche lettore sia tentato di procurarsene una copia e magari di amare un poco l’ecologia, quella vera.


IL LIBRO

A. Baltadori e I. M. Pinnola
“Girolamo Azzi, il fondatore dell’ecologia agraria”
La Mandragora, Imola (Bo), 1994
In vendita sul sito dell’editore

 

 

 

 

Scrive per noi

GIORGIO NEBBIA (1926-2019)
GIORGIO NEBBIA (1926-2019)
Giorgio Nebbia, scomparso all'età di 93 anni il 3 luglio 2019, è stato una delle principali figure del movimento ambientalista. Bolognese di nascita (nel 1926), è stato professore ordinario di Merceologia all’Università di Bari dal 1959 al 1995, poi professore emerito, insignito anche dottore honoris causa in Scienze economiche e sociali (Università del Molise) e in Economia e Commercio (Università di Bari; Università di Foggia). Le sue principali ricerche vertono sul ciclo delle merci, sull’energia solare, sulla dissalazione delle acque e sul problema dell’acqua. Per due legislature è stato parlamentare della Sinistra indipendente alla Camera (1983-1987) e al Senato (1987-1992). L'archivio Giorgio e Gabriella Nebbia è ospitato presso il centro di storia dell'ambiente della Fondazione Luigi Micheletti.