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Ambiente in Costituzione: una conquista, ora la sfida di promuoverlo

| UGO LEONE

Tempo di lettura: 4 minuti

Ambiente in Costituzione: una conquista, ora la sfida di promuoverlo

L’inserimento della parola ambiente (e di “biodiversità”, “ecosistemi”, “animali”) in due articoli della nostra Carta fondamentale pone fine, si spera, a decenni in cui la sua assenza è stata interpretata come tacita autorizzazione a farne libero e autonomo uso e consumo. Ignorando che l’ambiente è un bene comune. Ora tocca alle leggi e alla Corte costituzionale darvi attuazione.

Quattro anni fa (7 gennaio 2018) in occasione del 70° anniversario della Carta costituzionale scrissi in un articolo che nella nostra Costituzione mancava la parola “ambiente”. L’indomani (8 gennaio) un affermato costituzionalista (Massimo Villone) mi rispose che «No. in Costituzione l’ambiente c’è, senza se e senza ma…. In Costituzione l’ambiente c’è, eccome, si trae da una lettura ampia ed evolutiva dell’art. 9 condotta in specie dalla Corte costituzionale e dalla dottrina sin dagli anni ’80 e ’90 del secolo scorso. Viene dal “paesaggio” inteso come ambiente ecologico, e dal collegamento con l’art. 32, per il quale la tutela della salute guarda anche all’ambiente in cui siano garantite qualità e salubrità delle condizioni di vita».

Una parola che mancava

Perfettamente d’accordo. Ma io intendevo solo dire che la parola non c’era. Oggi, dall’8 febbraio 2022, c’è. Lo ha deciso il Parlamento quando, finalmente, anche la Camera dei deputati ha approvato in via definitiva la proposta di legge costituzionale che modifica gli articoli 9 e 41. E qui la notizia è soprattutto un’altra: c’è stato un voto contro (da parte di Fratelli d’Italia).

Parole chiave e concetti che mancavano

È importante che vi sia stata questa modifica, per quanto sia stata abbastanza enfaticamente definita come un evento storico. È bene che sia accaduto anche perché in questo modo sono state inserite nella Carta altre parole chiave e concetti che mancavano. E verosimilmente mancavano anche perché padri e madri costituenti avevano altre cose e problemi su cui riflettere, e settanta e più anni fa quelle parole e quei concetti non erano ancora entrati nel lessico quotidiano. Si tratta di biodiversità, ecosistema, sostenibilità, animali.

Ma c’è di più. I neo-costituzionalisti, non so quanto coscientemente, hanno anche dato una definizione della parola “ambiente” intendendola soprattutto come sinonimo di “natura”. Lo dico non solo dopo aver letto i due nuovi articoli della Carta, ma anche dopo aver ascoltato in trasmissioni televisive e radiofoniche i ministri Cingolani e Giannini e lo stimatissimo (anche da me) Telmo Pievani. E il caro amico Fulco Pratesi che ha esultato affermando che «è una vittoria grandissima: ora è tempo di dare più spazio alla natura».

Le modifiche al testo della Carta

L’articolo 9 stabiliva che «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione».

Ora lo integra aggiungendo che «La Repubblica tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali». E caso mai qualcuno volesse continuare a non capire e a non valutare i costi dei maltrattamenti dell’ambiente in tutte le sue componenti, all’articolo 41 precisa che «L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, alla salute, all’ambiente».

Dunque, ambiente uguale natura.

Mi permetto di condividere in parte questa interpretazione, nel senso che Ambiente è anche Natura. Personalmente in quarant’anni anni di insegnamento (e di duro lavoro, avrebbe detto il prof. Aristogitone) di Politica dell’ambiente all’Università Federico II di Napoli, concordavo con gli studenti sulla necessità di definire la parola “ambiente” per poter poi dire quale politica e per chi. Allora la cosa più semplice era ed è ricordare che ambiente in italiano (dal latino ambire), come in francese e in inglese, significa semplicemente “ciò che sta intorno”. Il che ci portava a prendere atto che ciò che sta intorno “a noi” (scusandomi per l’impostazione antropocentrica) è sempre meno natura e sempre più il costruito, cioè la città dove vive la metà della popolazione terrestre e ve ne vivrà sempre di più.

Vita e qualità della vita

Di conseguenza, fermo restando la fondamentale importanza della tutela dell’ambiente naturale – i cui ecosistemi, la cui biodiversità, i cui animali vanno rispettati anche nell’interesse di chi vive fuori di questo ambiente oggi e nelle generazioni future –, non bisogna trascurare l’importanza della integrità, sicurezza e vivibilità delle città che sono il principale ambiente di vita. E per far questo non sarà certamente necessario aggiungere la parola “città” nella Carta costituzionale.

Intanto compiacciamoci vivamente che la parola ambiente sia stata inserita in due articoli della Carta.

Anche perché la mancanza di questa parola deve essere stata interpretata, per decenni, come tacita autorizzazione a farne libero e autonomo uso e consumo. Ignorando che l’ambiente è un bene comune che appartiene a tutti e del quale nessuno può arrogarsi il diritto di proprietà. Ora questo lungo e malinteso esercizio di libertà non ha più “motivo” di esistere e, essendo anche sancito da un articolo della Costituzione, il bene ambiente va rigorosamente tutelato. Perché dentro c’è la nostra vita e la qualità della nostra vita.

E la sinistra?

Forse, a questo punto, col successo dell’8 febbraio c’è un’altra sostituzione o modifica da fare: è il verbo “difendere”. Ricordo che si fece portavoce di questa opportunità Walter Veltroni in un intervento su “la sinistra e l’ambiente” (La Repubblica, 10 settembre 2017) sentendo l’esigenza di «cambiare verbo all’ambientalismo. O almeno aggiungerne uno a quello più tradizionale, difendere. L’ambientalismo infatti è promozione. È sviluppo, è ricchezza, è edificazione di modelli di crescita più equi e umani. È politica per la pace e per l’inclusione sociale e civile. Tutto ciò che, così mi è stato insegnato, dovrebbe significare quella parola che a me pare sempre più bella: sinistra».

Invece tra la bellezza di questa parola e l’ambientalismo al quale si riferiva Veltroni o, preferibilmente, l’ambiente c’è stato un incontro difficile e il perché se lo chiedeva già quindici anni fa Sergio Gentili (Ecologia e sinistra un incontro difficile, Editori Riuniti, 2002). Adesso le difficoltà vanno superate per legge. Altrimenti, intervenga la Corte costituzionale.

L’articolo di Ugo Leone è comparso anche su  “Strisciarossa”.

Scrive per noi

UGO LEONE
UGO LEONE
Già professore ordinario di politica dell'ambiente presso la Facoltà di Scienze politiche dell'Università di Napoli "Federico II". I suoi interessi scientifici e i contenuti delle sue pubblicazioni sono incentrati prevalentemente sui problemi dell'ambiente e del Mezzogiorno. E' autore di numerosi volumi e editorialista dell'edizione napoletana del quotidiano "la Repubblica". Per molti anni è stato presidente del Parco nazionale de Vesuvio.