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Respirare aria sporca “nuoce gravemente alla salute”

| UGO LEONE

Tempo di lettura: 3 minuti

Respirare aria sporca “nuoce gravemente alla salute”
L’inquinamento e i roghi dei boschi portano l’ambiente in prima pagina. Il problema è avere politiche coerenti e comportamenti virtuosi, non solo quando arriva l’emergenza. Educare i cittadini, e anche i decisori…

inquinamento industriale 1900

Si può vivere anche qualche giorno senza bere acqua come ci dicono gli scioperi della sete, ma solo pochissimi minuti senza respirare. Fermo restando che non è detto che respirare sia più sicuro data la pessima qualità dell’aria che respiriamo. Ce lo dicono dati di sicura validità secondo i quali sono 1.500 per milione di abitanti le morti premature attribuibili all’inquinamento atmosferico, vale a dire 90.000 all’anno. E ci dicono anche che l’Italia è in testa alla classifica europea: 1.110 in Germania, 800 in Francia e Gran Bretagna, 600 in Spagna per milione di abitanti. Naturalmente l’aria peggiore si registra nella pianura padana, ma la situazione è seria nelle maggiori aree metropolitane: Roma, Napoli, Firenze, la Puglia e la Sicilia. Dove quando si superano i livelli consentiti di polveri sottili scattano i divieti alla circolazione automobilistica che viene considerata la maggiore responsabile delle emissioni inquinanti.

Ma i giornali non fanno la guardia, salvo che nelle emergenze
Non tutti lo sanno: per difetto di informazione o, peggio, per incallita disinformazione che tende a minimizzare i rischi per non scoprire troppo palesemente i responsabili.

Se è così l’informazione, soprattutto quella quotidiana dei giornali è di fondamentale importanza e può essere un valido strumento di difesa. Eppure, come rivela il Rapporto 2016 dell’Osservatorio Ecomedia, l’ambiente interessa poco alla stampa: i temi “verdi” sono quasi inesistenti (solo il 2%) nelle prime pagine dei quotidiani analizzati (Il corriere della sera, La Repubblica, La stampa, Il messaggero, Il sole 24 ore) e trovano più spazio nelle pagine interne e soprattutto nelle edizioni locali. Questa tendenza va doverosamente invertita perché i giornali, l’informazione che veicolano, fa tendenza, avverte, allerta e consiglia.

Solo palliativi
Da qualche giorno “grazie” al lungo permanere di alta pressione e delle nebbie che hanno avvolto soprattutto la valle padana, la situazione è tornata all’ordine del giorno. Le rassegne stampa sono state piene di titoli dei giornali riguardanti l’inquinamento atmosferico, soprattutto sotto forma di smog (smoke+fog = fumo+nebbia) che affliggono le città italiane a causa, appunto, dell’alta pressione che in assenza di venti e piogge fa stazionare ad altezza d’uomo tutte le porcherie immesse in atmosfera soprattutto dagli scarichi delle automobili. Di conseguenza gli articoli riportano notizie e giudizi sugli interventi adottati nelle città maggiormente coinvolte con il blocco delle auto (soprattutto le diesel). Sino ad arrivare all’invito torinese di chiudere le finestre per la situazione ulteriormente aggravata dall’espandersi degli incendi in Val di Susa i cui effetti, olfattivi e in polveri sottili, il vento ha portato sino al capoluogo piemontese.
Tutti questi provvedimenti sono palliativi ma nemmeno tanto utili. Sono come l’intervenire per guarire il tifo dimenticando che non ci si sarebbe per nulla ammalati se si fossero adottate semplici misure di igiene e pulizia.
Pensarci ogni giorno e intervenire sulle cause
 
Ciò per dire che – vale per gli interventi degli amministratori come per i mediatori delle notizie – è inutile intervenire a chiudere le stalle quando gli animali sono scappati. L’invito a comportamenti compatibili con il mantenimento e addirittura con il recupero di una buona qualità di vita in un ambiente vivibile senza danni alla salute deve essere ricorrente perché i cittadini – soprattutto quelli che leggono i giornali di cui si fidano – siano anche educati.  Intendo dire che il problema si risolve a monte, come si dice. Nel senso che amministratori della cosa pubblica e del “bene comune” salute e i cittadini che non devono e possono mancare di contribuire, devono essere quotidianamente avvertiti di quello che può succedere in queste sempre più ricorrenti situazioni. I quotidiani che, appunto, informano potrebbero quotidianamente mettere in prima pagina un trafiletto come quello che sta sui pacchetti di sigarette, invitante a ricordare che di inquinamento atmosferico ci si ammala e si può morire. E che se respirare aria sporca “nuoce gravemente alla salute” si può evitare di sporcarla intervenendo sulle cause che la determinano (circolazione automobilistica, riscaldamento domestico eccetera) prima che sia troppo tardi.

Scrive per noi

UGO LEONE
UGO LEONE
Già professore ordinario di politica dell'ambiente presso la Facoltà di Scienze politiche dell'Università di Napoli "Federico II". I suoi interessi scientifici e i contenuti delle sue pubblicazioni sono incentrati prevalentemente sui problemi dell'ambiente e del Mezzogiorno. E' autore di numerosi volumi e editorialista dell'edizione napoletana del quotidiano "la Repubblica". Per molti anni è stato presidente del Parco nazionale de Vesuvio.