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Religioni e spiritualità in Thailandia

| Pier Luigi Cavalchini

Tempo di lettura: 4 minuti

Religioni e spiritualità in Thailandia

Riprendiamo il nostro percorso di avvicinamento al Congresso internazionale WEEC di Bangkok con un assaggio di una delle componenti principali della cultura e della tradizione thailandese, la religione, o – per meglio dire – le varie forme di credo religioso. Una considerazione doverosa, visto che ci troviamo di fronte ad una realtà composita. Anche se più del 90 per cento si dichiara “buddista theravada” (una religione molto legata all’ambiente, ai cicli degli astri, della luna, del sole e, soprattutto all’agricoltura e all’allevamento), ci sono ancora residui dei culti ctonii nelle varie regioni che compongono lo Stato che, con i thailandesi di religione musulmana e cattolica (complessivamente poco più del 6 per cento) vanno a comporre una realtà che mescola spesso pratiche religiose e civili.

La “tradizione theravada” è una forma di buddismo che ha le sue origini nell’isola di Sri Lanka e che è presente, oltre che in alcune zone dell’India, in Myanmar, in Laos, in Cambogia e in alcune parti meridionali della Cina e nel Sud Vietnam.
Centrale, in questa variante del buddismo, la figura dei monaci, chiamati shanga, presenti soprattutto all’interno e nelle vicinanze dei “vat”, i loro templi-monastero. Sono riconoscibili per i loro sari gialli o arancioni e per la capigliatura molto corta, a volte con la testa completamente rasata. Non possono avere barbe (e peli) di nessun tipo e la loro vita è scandita da tempi e riti tipici di una religione molto legata all’ambiente, ai cicli degli astri, della luna, del sole e, soprattutto all’agricoltura e all’allevamento. I shanga godono di particolari attenzioni da parte dei fedeli e ricevono in continuazione doni (soprattutto, cibo, vestiti, amuleti) che sono parte di quanto “offerto” nei vat al Buddha e ai suoi dignitari. Doni che fanno parte della ritualità buddista classica, visto che sulla base degli stessi si verrà giudicati nel momento del “passaggio” (a miglior vita). Questo tipo di buddismo contempla, infatti, la “reincarnazione” dell’anima o in un altro corpo o in esseri considerati inferiori (dalle scimmie giù giù a scendere fino ai serpenti e agli scorpioni). Si tratta di una presenza particolarmente sentita nelle campagne, meno visibile nelle città, anche se la sola Bangkok ha ben 120 vat disseminati in varie circoscrizioni.

La religione Thai prevalente: una sintesi particolare

Sono ancora abbastanza rispettati, anche se non più come un tempo, i periodi di phansa che i giovani affrontano per circa tre mesi, affinando in questo modo le modalità di meditazione e la “purificazione personale”, appunto il phansa. La prevalente religione thai (quella “theravada”) ha incorporato credenze, abitudini e pratiche delle religioni precedenti (anche di quelle ctonie ancestrali che risalgono a migliaia di anni fa). Ha attinto a piene mani all’universo religioso induista arrivando così ad una sintesi particolare. Un esempio di questo sincretismo sta proprio nella teoria della metempsicosi come nell’elevato numero di divinità locali o nella tendenza a mescolare religione e gestione dello Stato. Persino il dio Brahma ha un suo vat dedicato a lui, nei pressi del centralissimo Hotel Erawan a Bangkok. Un’altra caratteristica del buddismo “thai” è quella della frammentazione in centinaia di varianti: da quelle più formali e ortodosse a quelle che collegano parti del Vangelo al credo buddista o – addirittura – del Corano, creando quindi un ponte – di fatto – con il Cristianesimo e con l’islamismo più visionario.
Altri praticanti traggono la loro ispirazione religiosa dalla figura di Buddhadasa Bhikku (1906-1993) un monaco buddista che ha improntato la sua azione sociale nell’aiuto ai più poveri e nel superamento degli steccati ideologici e religiosi. E, in questo caso, la loro forma di “theravada” trova nella aggettivazione “bhikku” una sua particolare declinazione.
Utile sapere che la comunità islamica (circa il 4 per cento dell’intera popolazione) è soprattutto concentrata nella zona peninsulare e costiera del sud. Mentre l’insieme dei Cristiani, sia cattolici che protestanti non superano l’uno per cento complessivo, concentrato nelle città o nelle aree di particolare attività commerciale. Molto quotate sono le scuole cristiane (protestanti o cattoliche) con migliaia di studenti molto spesso di famiglie buddiste o musulmane. E queste si trovano un po’ ovunque, ben viste da Stato e comunità locali.

La complessa ritualità delle cerimonie di “passaggio”

La forma religiosa dominante, quella della variante “theravada” del buddismo, permette alla famiglia reale di essere “la rappresentazione dell’equilibrio (definito “kharma”) tra cielo e terra, fra uomini e animali” e che prevede un “dharma” (una forma di “attualizzazione politica”) diretta emanazione del sovrano, con conseguenti prescrizioni ed istruzioni su lavoro, famiglia, organizzazione sociale. Tracce evidenti di più sovrapposizioni e incroci si hanno nella complessa ritualità legata alle cerimonie di “passaggio”. Fondamentali quelle delle pubertà e dell’accompagnamento del defunto nel “transito” verso un’altra vita. Complesse e molto variegate, infine, le cerimonie matrimoniali che seguono canoni e “sistemi di parentela” codificati nei secoli. In quest’ultimo caso è fondamentale rafforzare la tribù/gruppo di origine allargandone i contatti con realtà vicine e non vi è niente di meglio della celebrazione di uno o più matrimoni, solitamente combinati. Spesso, ad esempio si sposano fratelli di una tribù con sorelle di un’altra tribù o se ne acquisiscono le vedove, visto che la poligamia non è reato perseguibile. O si arriva a “matrimoni di alleanza” con la stipula di un trattato di amicizia tra due realtà prima più o meno distanti.

Fontane, cascate, foreste e montagne considerate sacre

Con l’induismo vi sono molte somiglianze non solo nella terminologia (kharma e dharma) ma, soprattutto, nella netta distinzione di funzioni sociali, ben distinte per sesso, censo e appartenenza tribale, “steccati” paragonabili a quelli esistenti nella società indiana basata su caste. Una modalità, alla lunga, divenuta non più sopportabile e confinata alla minoranza di origine indiana o della ex Birmania, attuale Myanmar.
I pescatori thai, in considerazione della particolare attenzione all’ambiente del buddismo “theravada” spesso ringraziano le divinità in caso di catture di eccezione e non manca mai un “altarino” degli antenati sulle barche. Altro segnale di come sia rimasto forte lo spiritualismo d’origine. Molte fontane, cascate, foreste e montagne sono considerate sacre e abitate da personaggi della mitologia religiosa buddista (frammista a dei e dee del pantheon hindu) o, addirittura, con nomi che rimandano alle popolazioni preistoriche che vissero in queste zone in periodi precedenti le invasioni thai.
Soprattutto una spiritualità tendente alla purificazione e al miglioramento personale prima che all’impegno pubblico. Un ulteriore conferma della multiformità e sensibilità del popolo thailandese.

Scrive per noi

Pier Luigi Cavalchini
Pier Luigi Cavalchini
Pier Luigi Cavalchini è docente di lettere al Liceo, membro del direttivo nazionale FIMA, delegato per il nordovest di Docenti Senza Frontiere, membro di Pro Natura regionale e direttore del giornale online Città Futura, collabora con varie riviste tra cui “.eco”.