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Tecnologie appropriate nella cooperazione internazionale

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Tecnologie appropriate nella cooperazione internazionale

A Brescia un laboratorio di ricerca del Dipartimento di Ingegneria Civile, Architettura, Territorio, Ambiente e di Matematica sviluppa tecnologie appropriate per i paesi a basso reddito. Il XV convegno ha posto l’accento sui temi della cooperazione internazionale allo sviluppo in relazione agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs). L’intervento di Mario Salomone

Si chiama CeTAmbLAB (Laboratorio di ricerca sulle Tecnologie Appropriate per la gestione dell’ambiente nei Paesi a risorse limitate) e, come dice il nome, indirizza l’ingegneria verso quelle risorse e tecnologie che meglio rispondono alle esigenze e alle possibilità dei paesi in via di sviluppo. Fitta la rete di relazioni internazionali e di scambi, ma anche con associazioni, fondazioni e scuole del territorio, e un dottorato di ricerca (“Metodologie e Tecniche Appropriate nella Cooperazione Internazionale allo Sviluppo”) che caratterizzano l’approccio originale del centro, che opera in stretta collaborazione con il mondo del volontariato (ONG, associazioni di volontariato, cooperative, ecc.), particolarmente vivace in Lombardia e nel bresciano.
Il tutto ebbe inizio abbastanza casualmente con una tesi di laurea dal tema “Recupero di combustibili non convenzionali dai rifiuti” nell’ambito del progetto Korogocho (1997-1998), per poi portare a un centro ufficialmente riconosciuto con decreto rettorale e regolare statuto.

Il XV convegno: gli SDGs

L’ampio raggio d’azione, l’attenzione a “fare rete”, l’impegno sociale e la continuità del centro si sono visti in occasione del XV convegno che si è tenuto a Brescia il 18 dicembre 2018. Focus sui 17 obiettivi dell’Agenda ONU 2030, aula magna di Ingegneria piena di docenti, studenti universitari e delle scuole superiori bresciane, interventi, premiazione di tesi di laurea, presentazione di progetti svolti anche dalle scuole, tra cui un Erasmus+ di allievi di quinta elementare e prima media e esperienze di alternanza scuola-lavoro nei villaggi della Tanzania.
Nella sessione di apertura, relazioni di Francesco Castelli (“Obiettivi di Sviluppo Sostenibile e salute nella cooperazione internazionale”), Mentore Vaccari (“Le tecnologie appropriate come strumento di interventi sostenibili verso gli SDGs”) e Mario Salomone (“Navi e navicelle in viaggio attraverso l’Antropocene. E oltre”).

Navi e navicelle in viaggio attraverso l’Antropocene. E oltre

Il Segretario generale della rete WEEC Mario Salomone ha proposto un viaggio nell’Antropocene su navi reali e navi usati come metafora.
Come è noto, all’alba del XXI secolo Paul J.Crutzen e Eugene F. Stoemer proponevano di chiamare “Antropocene” l’ultimo periodo della storia umana, indicandone l’inizio (pur senza escludere altre periodizzazioni alternative) nella invenzione della macchina a vapore da parte di James Watt.

Un interessante dibattito interdisciplinare

Da allora ferve un intenso e molto interessante dibattito sui confini dell’Antropocene, che chiama in causa molte discipline.
Il primo impulso all’aumento esponenziale della pressione antropica sul pianeta è senz’altro dato dall’uso in Europa della polvere da sparo e delle armi da fuoco, il cui perfezionamento, insieme a quello di bastimenti capaci di solcare gli oceani, ha segnato la supremazia mondiale dell’Europa.
Il maggior costo degli apparati militari, che richiedono arsenali, fortezze, materie prime, personale qualificato e professionale “assoldato”, crea anche un necessario e indissolubile legame con il sistema finanziario, che fornisce agli Stati gli indispensabili crediti: sono alcuni dei sette fattori “a buon mercato” (natura, denaro, lavoro, assistenza, cibo, energia e vite) che secondo alcuni avrebbero assicurato l’affermazione del capitalismo.

Navi che affondano, navicelle in cui vivere con saggezza

Per la pregnanza semantica della nave e della navigazione e per il ruolo reale che le scoperte geografiche ebbero nella conquista europea del mondo (dando il via a secoli di genocidi, saccheggio delle risorse naturali degli altri quattro continenti, scambio programmato o involontario di specie vegetali e animali, fondati sulla tratta degli schiavi, la monocoltura dell’economia delle piantagioni e il dominio coloniale diretto o indiretto) un viaggio verso, dentro e anche oltre l’Antropocene può essere dunque fatto, come detto, per nave.
Questo viaggio, cominciato con i galeoni portoghesi, spagnoli e via via delle altre potenze europee, trova un momento emblematico in quella che Mario Salomone definisce abitualmente “sindrome di Phileas Fogg” (dal protagonista del romanzo di Verne “Il giro del mondo in 80 giorni”) e ammonimenti nella sorte di altre navi, dal Titanic alla Costa Concordia, che ci ricordano la fallibilità del nostro sapere e l’imperfezione delle tecnologie.

L’uscita dall’Antropocene

L’uscita dall’Antropocene – ha ricordato Salomone – è obbligata se si vuole evitare un catastrofico passaggio verso un nuovo periodo ben peggiore, come delineato dagli scenari del cambiamento climatico così come da possibili crisi sociali prima ancora del tracollo ecologico.
Anche in questo caso vengono in aiuto metafore tratte dalle navi: può essere l’ammutinamento dell’equipaggio prima dell’impatto della nave-umanità contro il pianeta Terra, come la strada di una “economia della navicella spaziale” (Kenneth Boulding), in alternativa a una predatoria e distruttiva economia del cowboy, nel quadro di una transizione verso società verdi. E l’arca (quella di Noè), di nuovo una nave, è simbolo di salvezza.

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".eco", rivista fondata nel 1989, è la voce storica non profit dell'educazione ambientale italiana. Intorno ad essa via via si è formata una costellazione di attività e strumenti per costruire e diffondere cultura ecologica e sostenibilità.