Nel drammatico tempo di una aggressione stupida e forsennata all’Amazzonia l’appuntamento del Festival milanese 2019 si interroga sul rapporto tra natura e cultura, dove la difesa dell’una si intreccia all’accettazione delle diversità dell’altra.
Una bellissima iniziativa ispirata all’apertura e integrazione delle culture.
Un incontro sui temi di diversità biologica e diversità culturale; sul nesso tra diversità culturale e etnolinguistica; sul tema della diversità dei linguaggi in natura e all’interno della nostra specie: come comunicano gli animali? E le piante? Come l’uomo veicola attraverso i differenti linguaggi la propria idea e rappresentazione della natura?
Il programma è interamente visibile all’indirizzo http://www.festivalbiodiversita.it/12-settembre/
Si parte con il Giallo Milano, Aperitivo con risotto alle 20.00 s cura di Grand Hotel Villa Torretta in collaborazione con Slow Food. Un Aperitivo rinforzato con i sapori del ristorante Vico della Torretta e con degustazione del pluripremiato risotto Giallo Milano dello chef Angelo Nasta.
Il 12 settembre 2019 alle Ore 18.00 Grand Hotel Villa Torretta via Milanese 3 Sesto San Giovanni apertura sul tema con il seminario “Biodiversità e forme della comunicazione” ed INAUGURAZIONE DEL FESTIVAL.
L’incontro di apertura del Festival, organizzato dal Comitato Scientifico, vuole promuovere una riflessione sulla nozione di biversità biologica, culturale e linguistica, cercando di mostrare le somiglianze fra di esse, ma anche ciò che le distingue. Il confronto toccherà in particolare le diverse modalità con cui noi, gli altri animali e le piante comunicano fra loro e le diverse forme di relazione che costruiscono con gli ambienti naturali e le società in cui viviamo.
Questa iniziativa testimonia come le aree protette possono costruire uno spazio anche di riflessione culturale intorno ai principi base delle strategie di conservazione della natura.
Un tema che oltralpe sarà proprio al centro di un confronto a dicembre a Parigi. C’è chi infatti si interroga e procede nella dialettica intorno alle categorie della protezione dei patrimoni della natura, invece di avvitarsi intorno a commi e modifiche leguleie della legge nazionale sulle aree protette, come accade nel nostro Bel Paese. E’ il caso della call promossa dall’Association pour l’histoire de la protection de la nature et de l’environnement-Ahpne, per il suo 4 colloquio nel decennale della sua fondazione, che si terrà a Parigi dall’11 al 12 dicembre 2019.
Una occasione che consentirà di riflettere intorno al concetto di “umanizzazione della conservazione” che vuole in qualche modo affermare l’approccio unitario tra natura e uomo, ovvero tra scienza e societa, tra fare naturalistico e fare culturale, come approccio olistico di gestione del Pianeta: conservare non significa rinchiudere la Natura in confini “riservati” ma portare l’azione anche al di fuori ma, si badi bene, non solo territorialmente, ma anche tematicamente.
Il documento d’oltralpe ci propone la questione del rapporto tra approccio naturalistico e approccio socio-culturale alla conservazione: “Il posto degli uomini nella gestione della natura. L’integrazione delle attività umane nel campo della riflessione ambientale appare come una delle principali parole d’ordine della gestione della natura sviluppata a partire dalla fine degli anni Settanta. Le politiche della natura non potrebbero più contentarsi di voler escludere queste attività dalle aree protette, ma dovrebbero anche perseguire l’obiettivo di definire norme sociali o socio-ambientali volte a stabilire una cooperazione più armoniosa tra uomo e natura nelle aree interessate. Dopo il tempo in cui si presumeva l’esclusione degli umani dalle aree protette, verrebbe quello della riconciliazione con la natura. Questa riqualificazione altamente schematica del posto degli umani in natura merita di essere messa in discussione, in particolare esaminandola alla luce di casi concreti. La storia della protezione della natura non può sganciarsi dalla sua dimensione sociale. Potrebbe di conseguenza essere interessante evidenziare la distribuzione territoriale della gestione della natura con la sua dimensione sociale e democratica. La giustizia ambientale e la conservazione della natura sono necessariamente un “matrimonio contro natura”? Oppure, al contrario, è possibile andare oltre le fratture che a volte separano gli spazi vissuti, abitati e gestiti?”
Una fortuna quindi che la vicina frizzante Lombardia con i suoi parchi abbia saputo costruire un Festival così.