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Giornata mondiale della biodiversità… a rischio!

| Redazione

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Giornata mondiale della biodiversità… a rischio!

Gli ecosistemi e la loro enorme biodiversità sono a rischio: un milione di specie vegetali e animali potrebbe estinguersi nei prossimi anni. Continuiamo a dircelo, ma quando sarà il punto di non ritorno? Già ora il 75% dell’ambiente terrestre e il 66% dell’ambiente marino sono vittime di sconvolgimenti ambientali. Gli appelli di Greenpeace e WWF.

Il 22 maggio è la giornata mondiale della biodiversità e mai come oggi è importante ricordarla a gran voce. Come è stato fatto poche settimane fa all’Onu, che si è riunito a Parigi per una settimana

Alla presenza dei rappresentanti di 130 Paesi è stato portato uno studio di 1.800 pagine fornito dall’Ipbes (la piattaforma intergovernativa per la Biodiversità e i Servizi Ecosistemici) riguardo la biodiversità e gli ecosistemi. Dopo tre anni di studi da parte di centinaia di esperti tra censimenti e analisi di dati, il rapporto dell’organismo Onu è allarmante: un milione di specie animali e vegetali a rischio nei prossimi decenni.

Questo studio ha visto la partecipazione di 400 esperti appartenenti a 110 dei 132 stati membri dell’organizzazione Onu e lancia un allarme ambientale forte, fotografando lo stato della biodiversità mondiale attuale dal 2005.

Le attività umane hanno modificato radicalmente gli ecosistemi

Secondo il rapporto, le attività umane hanno modificato in maniera significativa la maggior parte degli ecosistemi, sia terrestre che marino. Il 75% dell’ambiente terrestre e circa il 66% dell’ambiente marino sono stati vittime di sconvolgimenti ambientali, in più oltre un terzo della superficie terrestre del mondo e quasi il 75% delle risorse di acqua dolce sono ora destinate alla produzione di colture o bestiame. Il rapporto offre anche uno studio completo dell’interconnessione tra cambiamento climatico, perdita di natura e opera dell’uomo. Le emissioni di gas serra stanno provocando un aumento delle temperature medie globali di un grado 1°C, mentre il livello medio globale del mare è aumentato da 16 a 21 centimetri dal 1900.

“Stiamo consumando le basi stesse delle nostre economie, i nostri mezzi di sussistenza, la sicurezza alimentare, la salute e la qualità della vita in tutto il mondo”, ha dichiarato Robert Watson, a capo dell’Ipbes.

Una situazione devastante

Le più grandi associazioni ambientaliste hanno ovviamente partecipato al dibattito in corso. “Quanto emerge da questo rapporto è devastante”, commenta Greenpeace. “Nonostante il ruolo fondamentale della biodiversità nella conservazione della vita sul Pianeta, il prevalere degli interessi economici ha portato ad un tale sfruttamento delle risorse naturali da rischiare ora conseguenze irreversibili”, dice Martina Borghi, campagna foreste di Greenpeace Italia. E ancora “Oggi solo l’1% dei mari globali è protetto e non esiste uno strumento legale che consenta la creazione di santuari nelle acque internazionali”, commenta Giorgia Monti, responsabile della campagna mare di Greenpeace Italia. Per Greenpeace c’è bisogno di un accordo globale che protegga almeno il 30% dei nostri oceani entro il 2030.

WWF: un appello in difesa della biodiversità

Anche WWF ha commentato lo studio dell’Ipbes, definendolo “l’ennesimo campanello d’allarme per il mondo politico, economico e per le imprese affinché intraprendano azioni decisive” e “l’ennesima, autorevolissima, sottolineatura scientifica su ciò che il Wwf sostiene da anni, e cioè che con l’erosione della biodiversità e dei servizi ecosistemici che la stessa vita sulla Terra ci garantisce, dal ciclo dell’ossigeno e del carbonio a quello dell’acqua, dalla produzione alimentare alle risorse forestali, stiamo mettendo a rischio il nostro stesso futuro”, dice il direttore scientifico Gianfranco Bologna.

A tal scopo, il WWF ha promosso una lettera in difesa della biodiversità, firmata poi da 50 paesi, 600 attivisti e ong, per chiedere ai governi un’azione urgente per contenere la “crisi bio-climatica”. Per i firmatari della lettera “siamo ancora in tempo per proteggere quanto rimane e cominciare a ripristinare la natura, ma per questo dobbiamo cambiare radicalmente stile di vita: come usiamo l’energia elettrica, come facciamo crescere il cibo, come smaltiamo i nostri rifiuti”; e nella lettera si sollecitano i leader politici ad attuare “azioni decisive e ambiziose”.

Riguardo l’Italia, tra le varie analisi, lo studio ha dimostrato ad esempio un calo della popolazione di allodola (Alauda arvensis) del 50% nei soli ultimi 40 anni e prevede l’estinzione di un terzo delle api ed insetti nei prossimi decenni.

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".eco", rivista fondata nel 1989, è la voce storica non profit dell'educazione ambientale italiana. Intorno ad essa via via si è formata una costellazione di attività e strumenti per costruire e diffondere cultura ecologica e sostenibilità.