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Suolo, una perdita in gran parte irreversibile

| UGO LEONE

Tempo di lettura: 3 minuti

Suolo, una perdita in gran parte irreversibile

La “filiera del cemento” continua a farla da padrona e il consumo di suolo continua a ritmo impressionante. Ma la legge per tutelare quel poco di suolo superstite è ferma da quasi duemila giorni

Abusivismo edilizio. Agrigento e la Valle dei TempliChi sa quanti dei parlamentari che, in molti casi a nostra insaputa, abbiamo mandato a rappresentarci hanno capito che tra ius soli e legge per il suolo c’è totale differenza. Sono gli stessi che quando gli si dice di mettere “nero su bianco” rimangono interdetti, non sanno come comportarsi e comunque, nell’incertezza, vi si oppongono.
È vero che ius soli significa “diritto del suolo”, ma la legge che si è inutilmente tentato di fare approvare prevede che chi, indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori, è nato sul suolo del nostro Paese ne acquisisca la cittadinanza. Tutto qui e chi sa se e quando sarà approvata una legge di così elementare buon senso.
Comunque questa legge non ha nulla a che vedere con quella che cerca di tutelare quel poco di suolo che ancora è esente da manomissioni. Come ci ricorda Corrado Zunino (L’Italia e il suolo che nessuno tutela, “la repubblica”, 11 dicembre 2017) sono ben 1.824 giorni che senza arrivare ad una conclusione si discute sulla legge che dovrebbe salvare ottomila chilometri quadrati di territorio. Mica da oggi a domani, ma da oggi al 2050. Eppure se la befana del 2018 non riuscirà a fare approvare al Senato il disegno di legge passato alla Camera per poi tornarvi definitivamente; se questo non avverrà (e la Lega – solo la Lega – si impegna molto perché non avvenga) chi sa quando se ne riparlerà.
La devastazione continua e riduce le aree agricole
Con viva soddisfazione di Veneto, Sicilia e Campania che sono le tre regioni che hanno posto la maggiore contrarietà alla approvazione di questa legge. Le ultime due, tra l’altro, coerentemente con la già manifestata opposizione al disegno di legge contro l’abusivismo.
Insomma è verosimile che ancora una volta prevarranno gli interessi della “filiera del cemento”.
Intanto il 5 dicembre, “giornata mondiale” del consumo di suolo, sono stati resi noti i risultati dell’ultimo rapporto dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) il quale ci avverte che, il consumo di suolo continua “a coprire irreversibilmente aree naturali e agricole con asfalto e cemento, edifici e fabbricati, strade e altre infrastrutture, insediamenti commerciali, produttivi e di servizio, anche attraverso l’espansione di aree urbane, spesso a bassa densità”.
L’irreversibilità del fenomeno riguarda pericolosamente le aree agricole la cui produzione secondo la Coldiretti (Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti) subisce una perdita di oltre 400 milioni di euro all’anno.
Né è solo l’agricoltura a risentirne. L’associazione ambientalista WWF (World Wildlife Fund) ricorda i risultati di una ricerca dell’Università dell’Aquila sulle 14 aree metropolitane che coprono 50mila chilometri quadrati e interessano circa 1.300 comuni (16% del totale). In queste aree (Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Torino, Venezia) risiedono 21 milioni di abitanti, pari al 40% della popolazione italiana. Qui la percentuale delle superfici urbanizzate dagli anni Cinquanta ad oggi è più che triplicata (dal 3% al 10%) e in città come Milano e Napoli si è passati dal 10 al 40% del territorio. Vale a dire che in poco più di 50 anni sono stati convertiti ad usi urbani circa 3.500 chilometri quadrati di suolo. Rendendolo ulteriormente indifeso dal rischio frane e alluvioni come dimostra il dato secondo il quale sono saliti a 7.145 (l’88,3% del totale) i comuni a rischio frane e alluvioni.
Nella sola Campania il dossier di Legambiente “Ecosistema Rischio 2017” valuta che circa il 70% dei Comuni presenta abitazioni a rischio (scuole e ospedali compresi); centomila sono i napoletani esposti e nel triennio 2013-2016 il costo dei danni è stato di oltre un miliardo di euro.

Scrive per noi

UGO LEONE
UGO LEONE
Già professore ordinario di politica dell'ambiente presso la Facoltà di Scienze politiche dell'Università di Napoli "Federico II". I suoi interessi scientifici e i contenuti delle sue pubblicazioni sono incentrati prevalentemente sui problemi dell'ambiente e del Mezzogiorno. E' autore di numerosi volumi e editorialista dell'edizione napoletana del quotidiano "la Repubblica". Per molti anni è stato presidente del Parco nazionale de Vesuvio.