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Coopfond: un fondo mutualistico per le aziende sostenibili

| Valeria De Toma

Tempo di lettura: 8 minuti

Coopfond: un fondo mutualistico per le aziende sostenibili

Intervista a Simone Gamberini, Direttore Generale di Coopfond. Il dialogo che ne emerge sottolinea la possibilità per le aziende di congiungere e rafforzare i tre pilastri della sostenibilità. Alcuni esempi concreti di buone pratiche, attente all’ambiente e alla comunità.

Se il termine sostenibilità oggi risulta certamente più “popolare” rispetto al passato, il suo significato più intrinseco non è certamente semplice, tanto più se si considera la complessità del sistema in cui essa viene applicata. Ad esempio, non possiamo considerare esclusivamente la sostenibilità ambientale, ma essa deve essere sempre associata agli altri due pilastri che la caratterizzano, cioè quella sociale e quella economica: questo risulta oggi sempre più evidente ad aziende ed imprese.

Abbiamo dialogato con chi è a diretto contatto con queste tematiche e vi proponiamo di seguito un’intervista con Simone Gamberini, Direttore Generale di Coopfond, il fondo mutualistico di Legacoop.

Una grande realtà economica

Anzitutto, Le chiederei di presentare Legacoop. Quali sono le principali attività e quali sono i vantaggi per le imprese associate?

A Legacoop aderiscono circa 11mila imprese cooperative, con 450mila occupati, oltre 7 milioni 400mila soci, un valore complessivo della produzione di 83 miliardi. Si tratta di imprese presenti, spesso con posizioni di eccellenza, in molti settori dell’economia italiana, dall’agroalimentare all’industria e manifattura, dai servizi di logistica, facility management, ristorazione al settore sociale, dalla grande distribuzione alla cultura, dall’abitazione al turismo. Per le aderenti, Legacoop svolge, sia a livello nazionale che territoriale, funzioni di rappresentanza nei confronti delle istituzioni e delle pubbliche amministrazioni, oltre a fornire una serie di servizi, sia tradizionali che innovativi, diretti a supportarle nello sviluppo della loro attività.

In che modo il Fondo Coopfond sostiene l’attività delle imprese? Quali interventi possono essere finanziati?  

Coopfond nasce nel 1992 attraverso la legge costitutiva 59 del 31 gennaio per la promozione e lo sviluppo della cooperazione che ha definito la nascita dei fondi mutualistici. I fondi mutualistici sono delle società per azioni che hanno come oggetto esclusivo la promozione e lo sviluppo di nuove imprese cooperative, prediligendo progetti diretti all’innovazione tecnologica, all’incremento dell’occupazione e allo sviluppo del Mezzogiorno. Come stabilito dalla legge 59/1992, i fondi mutualistici non derivano le proprie risorse dallo Stato, ma sono alimentati dal 3% degli utili annuali di tutte le cooperative aderenti, dai patrimoni residui di quelle poste in liquidazione e dagli utili di gestione. Il Fondo ha iniziato così a dotarsi di regole per attuare questa mission e a costruire un patrimonio, integrato ogni anno dal flusso degli utili delle imprese, ad oggi mediamente quantificabili in circa 20 milioni di euro l’anno. Nei 25 anni di raccolta siamo arrivati a circa 500 milioni di euro, con un picco tra il 2007 e il 2008 di 30 milioni ma, a causa della successiva crisi economica, il flusso è diminuito a circa 16 milioni di euro annui.

La modalità di investimento prevalente di Coopfond è basata sull’idea di rotatività: una forma di intervento che prevede la concessione di prestiti o l’attivazione di partecipazioni al capitale delle cooperative che ha una natura temporanea e una durata prestabilita, al cui termine il beneficiario deve essere in grado di restituire le risorse finanziarie erogate. Gli interventi di Coopfond hanno una durata media che va dai 5 ai 7 anni, per supportare le fasi di accelerazione o il consolidamento dei piani industriali, prevedendo in seguito l’avvio di un percorso di uscita. La rotatività ha garantito in questi 25 anni la possibilità di investire quasi un miliardo di euro, perché parte del patrimonio investito si è rigenerato. Grazie ad interventi efficaci e ad una attenta gestione del rischio, oggi il patrimonio del Fondo è pari a 460 milioni di euro, un risultato ottenuto nell’ottica della tutela del principio mutualistico e del patrimonio intergenerazionale, attraverso investimenti operati secondo criteri di efficienza e di trasparenza che hanno salvaguardato le risorse investite. Questa modalità di intervento ci ha permesso di assistere molte cooperative operanti in tutti i settori economici nei diversi passaggi della loro storia, con un’attenzione molto forte alla valenza sociale degli interventi. Una valenza sociale soprattutto legata all’attenzione per i soci e i lavoratori, a partire dalla salvaguardia occupazionale e dall’inserimento lavorativo e che ha portato negli anni anche a svariati interventi di workers buyout.

Sostenibilità e intergenerazionalità

Oggi ci troviamo di fronte ad una fase di profondo cambiamento che, investendo tutta l’economia, non può non riguardare il tema degli strumenti dedicati a promuovere lo sviluppo e la crescita delle cooperative. Coopfond sta affrontando questa fase con l’obiettivo di superare alcune questioni di fondo, partendo dalla presa d’atto che solo un sistema di imprese orientato alla sostenibilità è un sistema in grado di garantire l’intergenerazionalità – principio cardine delle imprese cooperative. Da un lato stiamo promuovendo una revisione della nostra mission originaria, ridefinendo strategia e posizionamento, sulla base di questo presupposto. Dall’altro miriamo alla costruzione di nuove relazioni con altri segmenti del mondo della finanza, anche non cooperativa, con i quali sia possibile avviare nuovi progetti orientati allo sviluppo e alla crescita delle cooperative. Oggi la nostra capacità finanziaria, a causa della crisi, si è in parte ridotta, ma non è calato il bisogno del tessuto economico di ricevere un supporto nella fase di transizione e cambiamento. Coopfond deve quindi diventare il mezzo in grado di garantire al mondo della cooperazione l’accesso anche ad ulteriori strumenti finanziari.

Se finora si è coltivata in particolare la relazione con il sistema bancario, occorre oggi un salto di qualità che guardi alle società di gestione del risparmio, ai fondi e alle istituzioni finanziarie che, in Italia e in Europa, si occupano di finanza d’impatto. Queste riflessioni che stiamo portando avanti ci stanno stimolando a ridefinire la nostra teoria del cambiamento e degli obiettivi d’impatto sociale. Questa sarà la chiave per orientare tutte le nostre future scelte di investimento e per riposizionare il Fondo caratterizzandolo come una struttura economica che persegue in modo deliberato, coordinato e gestito gli obiettivi di impatto sociale, con valori guida e di riferimento che sono quelli tradizionalmente affermati dalla cooperazione, e che oggi si legano sempre più agli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Per Coopfond, oggi, questo riposizionamento significa garantire un futuro al movimento cooperativo, e quindi proseguire nella sua missione di promozione e sviluppo come definita dalla legge 59/1992.

Incentivi alla transizione ecologica

Qual è l’iter da seguire per richiedere un finanziamento?

Per avanzare una richiesta di sostegno, la cooperativa deve entrare in contatto con il nostro Fondo. Il più delle volte questo primo contatto avviene con l’intermediazione delle articolazioni territoriali o settoriali di Legacoop, che possono poi seguire la cooperativa nella quotidianità. In queste settimane stiamo lavorando per far sì che questo primo contatto possa svilupparsi anche online, dando, attraverso l’interazione digitale, un primo orientamento all’impresa e aprendo l’istruttoria. Ma non solo. Periodicamente, organizziamo anche dei bandi. Abbiamo da poco chiuso due bandi: Futura – per sostenere la liquidità delle piccole cooperative, attraverso l’erogazione di finanziamenti fino a 25mila euro a tasso zero – e Coop 2030, che invece si propone di incentivare la transizione verso la sostenibilità in questa fase di ripartenza, mettendo a disposizione 600.000 euro.

Nel frattempo, è sempre attivo il progetto Coopstartup, che da sette anni lavora per sostenere una via cooperativa alla creazione di imprese giovani che nascono per valorizzare un’idea innovativa. Il progetto opera attraverso bandi realizzati in collaborazione con territori e settori di Legacoop ma anche con il sostegno di imprese e soggetti esterni.

Nel processo di selezione che portiamo avanti, rispetto a tutte le nostre iniziative, cerchiamo di sviluppare un’attenzione particolare a ciò che permette la crescita di un’economia sostenibile ed inclusiva e, soprattutto nei bandi, quando per le graduatorie si ha la necessità di inserire criteri e priorità, privilegiamo le cooperative che presentano una forte presenza under 40 e femminile o che agiscono in territori particolarmente svantaggiati o su beni confiscati alla criminalità organizzataPassata la selezione, il passo successivo riguarda il sostegno, individuando la formula più adatta a seconda della situazione e della storia di impresa.

Attenzione all’ambiente e alla comunità

 Come definirebbe la sostenibilità sociale ed economica? Quali sono le caratteristiche che rendono un’azienda sostenibile dal punto di vista sociale

La sostenibilità sociale ed economica è, per noi di Coopfond, l’orizzonte all’interno del quale la ripresa dovrà realizzarsi. Una sfida che già oggi – nel pieno dell’emergenza economica generata da quella sanitaria – dobbiamo affrontare per poterla vincere insieme. La pandemia, infatti, ci ha dolorosamente ricordato che ogni traiettoria di crescita dovrà avvenire nel rispetto di quella che è la caratteristica principale di un’azienda che voglia definirsi, dal punto di vista sociale, realmente sostenibile: l’attenzione all’ambiente e alla comunità. Il nostro Paese, in questa sfida, ha le carte in regola per giocare un ruolo da protagonista. Nell’economia circolare siamo di gran lunga superiori alla media europea. Un terzo delle imprese ha fatto investimenti che hanno a che fare con l’ambiente e queste imprese sono quelle che innovano di più, esportano di più e assumono di più. Siamo, ancora, primi in Europa come percentuale di riciclo dei rifiuti prodotti. Insomma: c’è sicuramente attenzione, anche se non è ancora sufficiente. Noi crediamo siano necessarie misure incentivanti accessibili a tutte le imprese di ogni ordine, grado e dimensione per la conversione dei processi produttivi. Tutto questo, con un occhio attento e vigile alla transizione digitale e allo sviluppo tecnologico al servizio della sostenibilità.

La sostenibilità sociale può intersecarsi con quella economica e con quella ambientale? Se sì, in che modo? Tra le vostre cooperative associate, ce ne sono alcune che hanno coniugato questi tre pilastri della sostenibilità? In che modo? Ci può fare degli esempi? 

Spesso si tende a separare i criteri di valutazione della sostenibilità in categorie diverse, ambientale, sociale, governance come l’acronimo ormai pervasivo ESG esige, oppure addirittura contrapponendoli tra loro – il criterio sociale vs. il criterio della sostenibilità ambientale. Questo è un atteggiamento più vicino a chi si occupa di norme e standard, ma piuttosto lontano da coloro che, facendo gli imprenditori, stanno cercando di gestire attività economiche che producano valore non solo per gli azionisti, ma per tutti gli stakeholder, cioè le comunità di riferimento.

Le aziende interessate alla produzione di valore condiviso si pongono all’ascolto delle esigenze dei propri interlocutori di riferimento, gli azionisti, i lavoratori, le comunità in cui operano, i fornitori, i finanziatori terzi, ecc. e cercano di produrre valore per ciascuno di essi – così facendo, se il processo è genuino, si attiva un meccanismo che allinea “automaticamente” l’attività economica ad obiettivi di sostenibilità ambientale e sociale.

Per coloro che ancora non vedono il collegamento intrinseco tra la sostenibilità ambientale e sociale e quella economica, credo che il 2020 sia stato un anno molto importante e rivelatore. Non esiste attività economica in grado di operare nel tempo nella nostra società producendo utili (profit), che non debba tenere conto dei limiti delle risorse a disposizione (planet), del capitale umano e delle sue caratteristiche (people).

Esempi virtuosi

Ne sono testimoni parecchie cooperative nostre associate che coniugano i tre pilastri perché hanno intrapreso un percorso di ascolto genuino dei propri stakeholder, aiutate dal fatto “naturale” per cui gli azionisti, nelle cooperative, sono anche i principali beneficiari dell’attività economica dell’azienda. Prendiamo per esempio cooperative sociali come Proges (Parma) o Genera (Milano): queste sono realtà che producono attività economica a vantaggio delle fasce deboli della società, ma lo fanno anche prendendosi cura dei propri operatori (si vedano le politiche di remunerazione tramite ristorno dei soci di Proges) e prendendosi cura dei territori e delle comunità più fragili (si veda il consorzio Passepartout che ha preso un bene confiscato enorme a Chiaravalle, Milano, e lo sta rigenerando con agricoltura, servizi di accoglienza e sperimentazioni di comunità terapeutiche altamente innovative con il supporto di Politecnico di Milano). Oppure cooperative innovative come WeForGreen (Verona) che mobilitano i consumatori a diventare autoproduttori di energia rinnovabile e prosumer attenti a pagare l’energia al prezzo giusto, diventando soci della cooperativa, e anche in questo caso, ricevendo un “premio annuale” di ulteriore remunerazione della loro partecipazione ai progetti tramite ristorno.

E poi ci sono le grandi cooperative manifatturiere che si occupano di innovazione in settori molto maturi (ICEL, Ravenna e Brescia, che produce cavi di rame i cui scarti vengono totalmente recuperati tramite un processo di economia circolare altamente innovativo e unico nel settore), quelle che sono alla frontiera delle tecnologie (BlueEnergy Revolution che si occupa di applicazioni dell’idrogeno, con una società cooperativa di ingegneri che reinveste i propri utili nella ricerca e sviluppo), e quelle che operano sulle frontiere geografiche e civili del nostro paese (Cooperare con Libera Terra che aiuta le cooperative a gestire i beni confiscati alle mafie, o Ture Nirvane che gestisce un ecovillaggio del profondo entroterra ligure, sede di una cooperativa di comunità attiva nel turismo sostenibile, formazione e cultura della sostenibilità).

Tutto questo è il risultato del complesso processo di presa d’atto del nostro sistema economico reale: un sistema che potrà arrivare al futuro solo nella piena coscienza di un pianeta sull’orlo di un cambiamento climatico anomalo ed estremamente impattante, di un capitale umano e sociale in rapido cambiamento e sottoposto a rischi sistemici come le epidemie. Il sistema imprenditoriale, in queste condizioni, si rende conto che ciò di cui si può/deve occupare è la produzione di beni e servizi utili, sostenibili, di valore condiviso. Persino chi, come noi, si occupa di finanza, questa presa d’atto la ha già operata.