La casa: c’è un gran lavoro da fare per renderla sostenibile
Sedi privilegiate del consumo, dalle case (ce ne sono 40 milioni in Italia) si può partire per una città più razionale e pulita.
Ma c’è ancora molto da fare per ingegneri, architetti, chimici, ecologi, merceologi e inventori
La vera unità delle attività economiche di un paese è “la casa”. Tanto è vero che il “prodotto interno lordo” di un paese corrisponde alla massa di denaro che viene assorbita dai servizi e dai “consumi finali”, i quali si svolgono, appunto, nell’ambito della casa. I servizi sono quelli che assicurano acqua, energia, merci e beni materiali ed economici alle “case”, alle “famiglie”.
La “casa” è qualcosa di molto complesso: è fatta di muri di cemento, di mobili, di fili elettrici, di tubi per l’acqua potabile e per il riscaldamento: va dagli appartamentini nei grandi palazzi delle periferie, agli appartamenti dei quartieri borghesi, alle seconde case, abitate poche settimane all’anno, alle grandi abitazioni e ville dei ricchi e dei ricchissimi, alle catapecchie dei poveri e poverissimi.
All’incirca si può calcolare che in Italia “le case” siano una quarantina di milioni, abitate talvolta da una persona sola, talvolta giovane, talvolta anziana, da più persone bambini, adulti, anziani, eccetera; qualsiasi politica economica dovrebbe partire da una buona conoscenza delle “case” e del loro funzionamento.
Come “funziona” una casa
Ho usato questo strano termine perché ciascuna casa, pur diversa da tutte le altre, è una “macchina” nella quale, gli abitanti possono vivere soltanto grazie ad un continuo flusso di acqua, di energia, di beni materiali, differenti da stagione a stagione, anzi da giorno a giorno: alimenti, abiti, giornali, plastica, giocattoli, imballaggi e innumerevoli altri.
Tutto quello che entra viene trasformato, tanto che si può parlare del “metabolismo” della casa, simile a quello degli alimenti che entrano in un corpo umano; l’energia del riscaldamento o dell’elettricità si trasforma in calore a bassa temperatura che fuoriesce nell’aria esterna; l’acqua viene eliminata come acqua di rifiuto, le cose materiali finiscono nei rifiuti solidi.
In questo vero e proprio metabolismo, simile a quello della trasformazione del cibo che alimenta la vita umana, entrano anche i mezzi di trasporto, quegli strumenti che, “mangiando” e trasformando la benzina e il gasolio, consentono lo spostamento degli abitanti della “casa” dalla casa stessa al posto di lavoro, alla scuola e che consentono il ritorno alla casa.
Un esempio: il flusso dell’acqua
Proviamo a fare qualche conto cominciando dal flusso dell’acqua; in una abitazione media di tre persone il flusso di acqua varia da alcune centinaia a poche migliaia di litri al giorno, da 200 a 1.000 metri cubi all’anno; gli stessi valori corrispondono praticamente al flusso di acqua che esce dai lavandini e gabinetti come acqua sporca. La legge stabilisce, in conformità alle norme europee, che l’acqua potabile deve avere caratteristiche chimiche e biologiche molto severe; non deve contenere sostanze potenzialmente pericolose in quantità superiori a limiti abbastanza rigorosi.
È perciò sempre più difficile per le aziende distributrici di acqua urbana approvvigionarsi di acqua di buona qualità; nello stesso tempo ben poco viene fatto per spiegare ai cittadini che l’acqua che entra nelle loro case è di alta qualità, rara e molto preziosa, e deve essere usata con parsimonia; purtroppo, invece, spesso, la preziosa acqua potabile è lasciata scorrere senza precauzione, è usata per annaffiare generosamente le piante nelle terrazze e nei giardini, è usata – anche al di là dello strettamente necessario – nei gabinetti, è usata per lavare le automobili o per altre attività artigianali che potrebbero usare acqua di qualità meno pregiata.
I flussi di cibo e altri materiali
Ogni persona per soddisfare le proprie necessità alimentari ha bisogno, all’incirca, in media, di 500 chili di alimenti all’anno (tenendo conto che molti alimenti contengono dell’acqua), ma gli alimenti entrano nelle nostre case, in genere, “insieme a” imballaggi vari, dalle lattine, ai sacchetti e ai contenitori di plastica e vetro, eccetera.
Per l’alimentazione di una famiglia di tre persone si può stimare un flusso in entrata in casa di circa 2 tonnellate di materiali all’anno; di questi circa mezza tonnellata è il cibo che si mangia e che diventa anidride carbonica e vapore acqueo e rifiuti eliminati nei gabinetti, e circa una tonnellata e mezzo va a costituire i rifiuti solidi urbani.
Quanto all’energia, oltre un terzo di tutta l’energia che entra nel sistema nazionale è assorbito dal settore domestico; l’energia è usata per le cucine e come fonte di calore invernale, ma in gran parte come elettricità per gli elettrodomestici, l’illuminazione, i condizionatori d’aria estivi, per la ricarica delle batterie dei cellulari e dei computer e per infinite altre cose. Una famiglia in una casa di 100 metri quadrati usa energia, sotto forma di elettricità e di calore invernale, da 10 a 20 mila chilowattora l’anno.
Energia: le fonti rinnovabili e il risparmio energetico
Si potrebbe usare per la casa, almeno in parte, l’energia del Sole? La radiazione solare che raggiunge la superficie di una tale casa, se fosse a pian terreno, potrebbe essere trasformata in elettricità o calore in quantità corrispondente, all’incirca, agli stessi 10-20 mila chilowattora all’anno. Una adatta progettazione delle pareti e dell’esposizione della casa potrebbe far diminuire la richiesta di elettricità per l’illuminazione e di calore per il riscaldamento.
Davanti alla necessità di risparmio energetico e davanti ai danni climatici dovuti all’effetto serra si sta finalmente pensando che la soluzione va cercato sia nell’uso delle fonti rinnovabili, sia in nuovi criteri di progettazione delle case. Fortunatamente stanno aumentando le iniziative di “architettura bioclimatica”, di riprogettazione delle case, di uso di materiali da costruzione che richiedono meno energia nella produzione e nell’installazione.
Non è facile che singoli cittadini o singole imprese affrontino i maggiori costi per le “case del futuro” spendendo soldi oggi in vista di risparmi futuri, non facilmente riconoscibili, o nel nome della salvaguardia del clima futuro, o del risparmio energetico e di acqua, o nel nome della diminuzione dei costi di smaltimento dei rifiuti.
Riconversione edilizia: una sfida politica e tecnologica
La riconversione edilizia delle case permette, se si vuole, anche di migliorare l’utilizzazione dell’acqua (si potrebbero avere due circuiti di acqua, uno per l’acqua da bere e da cucina e l’altro per i gabinetti), la raccolta separata dei rifiuti in modo da ridurre le necessità di discariche e da migliorare il riciclo dei materiali.
Proprio perché la casa è la sede privilegiata del “consumo”, dalla casa si può partire per una città più razionale e pulita. Ma c’è ancora molto da fare per ingegneri, architetti, chimici, ecologi, merceologi e inventori; speriamo che gli incentivi spingano anche molti altri studiosi ad affrontare questo lavoro.
Scrive per noi

- Giorgio Nebbia, scomparso all'età di 93 anni il 3 luglio 2019, è stato una delle principali figure del movimento ambientalista. Bolognese di nascita (nel 1926), è stato professore ordinario di Merceologia all’Università di Bari dal 1959 al 1995, poi professore emerito, insignito anche dottore honoris causa in Scienze economiche e sociali (Università del Molise) e in Economia e Commercio (Università di Bari; Università di Foggia). Le sue principali ricerche vertono sul ciclo delle merci, sull’energia solare, sulla dissalazione delle acque e sul problema dell’acqua. Per due legislature è stato parlamentare della Sinistra indipendente alla Camera (1983-1987) e al Senato (1987-1992). L'archivio Giorgio e Gabriella Nebbia è ospitato presso il centro di storia dell'ambiente della Fondazione Luigi Micheletti.