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Risfogliando “.eco”: una ventata di ottimismo

| Redazione

Tempo di lettura: 3 minuti

Risfogliando “.eco”: una ventata di ottimismo
Vedi anche il dossier e il dibattito su questo sito

Fiducia nel futuro e nella possibilità di ricostruire, a cominciare dall’ambiente, il dopo Coronavirus. Che di macerie ne lascerà moltissime. Una voce da Bologna. E un saluto da un amico berbero che scrive dal Marocco: “Dobbiamo unire le forze per difendere noi e la nostra amata Terra”.

Questo articolo fa parte del Dossier speciale Coronavirus, su cui la rivista “.eco” ha aperto il dibattito, con un focus particolare sul rapporto ambiente-salute-educazione ambientale

 

di Lella Di Marco

Che emozione, nel presente periodo di ansia, angoscia, restrizioni, arresti domiciliari, confusione, incertezze, ritrovare vecchi numeri di “.eco” con la voce di tutte le persone che hanno collaborato a rendere la rivista ed anche l’Istituto per l’ambiente e l’educazione Scholé Futuro (la Onlus che pubblica “.eco” e si fa carico della Rete WEEC internazionale e italiana, N.d.R.) autorevoli, preziose e riconosciute.
Il loro ritrovamento e rileggere alcuni pezzi significativi allora come oggi, ancora, mi hanno dato una ventata di ottimismo. Di fiducia nel futuro e nella possibilità di ricostruire, a cominciare dall’ambiente, il dopo-Coronavirus. Che di macerie ne lascerà moltissime.
Si vede poi che per me, come per tutti noi che abbiamo partecipato, quegli anni, pur con le contraddizioni e le divergenze, sono stati molto importanti e vissuti intensamente. A questo punto oserei dire anni di certezze nel percorso culturale e politico nuovo che intraprendevamo.
“.eco” è stata, in Italia, la prima rivista del tutto ambientalista e gli articoli sul tema rimangono. ancora, profondamente attuali e tanti programmi ancora da realizzare, nonostante gli accordi internazionali e molti impegni presi.

Il nuovo appariva entusiasmante. Organizzammo il primo convegno italiano sulla lingua madre

“.eco”, marzo 2002

Ho sottomano il n° 3 del marzo 2002 con in copertina la foto di una splendida bambina nata da una coppia mista a Bologna. In quel numero il tema è proprio “Etnopediatria: bambini, intercultura immigrazione”.
Io avevo organizzato la sezione Emilia-Romagna dell’Istituto e facevo intervento socioculturale al centro interculturale Massimo Zonarelli a Bologna. Con l’arrivo della massa di migranti, negli anni 80 del secolo scorso tutto il nuovo appariva entusiasmante. Non come folclore ma antropologicamente. Ci avvicinammo, soprattutto, alle nuove arrivate con passione, amicizia, senso di accoglienza, sorellanza straordinari. Ne fummo ricompensate, noi native, con la stessa carica di generosità e spontaneità.
Fu facile coinvolgere le istituzioni su progetti specifici, fino a proporre e realizzare come l’Istituto convegni regionali come quello sulla lingua madre. Sicuramente il primo in Italia.

Quella bambina italo-marocchina, oggi impegnata ambientalista

“.eco”, giugno 2006

Dopo è stato tutto istituzionalizzato con la promozione della giornata internazionale della lingua madre. Mi rallegra molto rivedere il n° 6 del giugno del 2006 di “.eco”, che di quel convegno fa il resoconto. In copertina c’è la foto di una bambina ritratta in un momento di gioco in cui tira fuori la lingua. La piccola, nata da madre italiana e padre marocchino, oggi ventenne, ha la fortuna di una doppia appartenenza culturale, è molto attiva nel movimento ambientalista, nei campo delle tematiche che riguardano i migranti, con una visione internazionalista della vita, molto “liberal”, con lo studio e la conquista della conoscenza-sapere, al primo posto.
Scoprivamo in quegli anni le mille lingue dell’emigrazione e le grandi opportunità che avremmo potuto cogliere dall’incontro con uomini e donne portatori di altre culture e di un altro vissuto…

La necessità di una trasformazione strutturale

E mentre si rifletteva sui temi culturali che ritenevamo urgenti, Mario, continuava a scrivere editoriali sullo sviluppo sostenibile, sul sistema mare, sulla necessità della ricerca, sulla molteplicità dei percorsi, spendibili senza banalizzarli, sulle mutazioni climatiche, sull’inquinamento veloce, sul consumismo e le conseguenze che presto avremmo pagato, terra ed esseri viventi, se non ci fosse stata una trasformazione strutturale e nelle mentalità.
Il mio ricordo non è nostalgia ma soprattutto orgoglio per quanto è stato fatto, per me stessa che c’ero come parte attiva e per tutti i compagni che hanno saputo buttare le basi per una reale conoscenza per il cambiamento.
Nella presente fase, al di là del dramma e del dolore che stiamo vivendo, il dopo-virus con il lavoro per la ripresa inevitabile, mi appare durissimo e complesso
Non vorrei che l’unica forma per la ripresa fosse rispolverare vecchi progetti come dalle parole di un mio amico berbero che mi scrive dal Marocco e che mi permetto di citare:

“Salam sorella,
Che bello avere chi ti pensa. Grazie cara conosciamo la fonte di tutte le catastrofi causate e siamo solo noi e la nostra terra che ne paghiamo il prezzo, ma questa volta il danno ricade anche sui loro interessi – dopo la tempesta dobbiamo unire le forze popolari mondiali decise per difendere noi e la nostra amata Terra”.

Salam
Rafia”

 

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".eco", rivista fondata nel 1989, è la voce storica non profit dell'educazione ambientale italiana. Intorno ad essa via via si è formata una costellazione di attività e strumenti per costruire e diffondere cultura ecologica e sostenibilità.