Valutazione o autovalutazione? Riflessioni sulla valutazione e sul voto.
Tempo di lettura: 3 minuti
La valutazione che educa – Liberare insegnamento e apprendimento dalla tirannia del voto
Cristiano Corsini
132 pagine, 18 euro
FrancoAngeli
2023
Un libro dedicato ad insegnanti, dirigenti scolastici, genitori e studenti che hanno voglia di mettersi in gioco per rendere l’insegnamento più efficace e l’apprendimento più responsabile. E rendere la scuola più inclusiva e democratica.
Qual è la funzione della valutazione? E’ un processo utile a migliorare l’insegnamento e l’apprendimento? Si valuta per riprodurre o per trasformare? Si educa per asservire o per liberare?
Cristiano Corsini, professore ordinario di Pedagogia Sperimentale all’Università di Roma Tre, formatore e autore di numerosi saggi, prova a dare risposta a queste domande con una riflessione sulla valutazione e sul voto.
La valutazione, ci dice l’autore, cela un potere che può essere esercitato in modo assoluto oppure in modo democratico, il primo modo è poco educativo, mentre il secondo è educativo se il discente viene coinvolto nel processo.
La valutazione, infatti, è tanto più efficace quanto più esplicitato è l’obiettivo dell’attività svolta e quanto più lo studente viene coinvolto in un processo di autovalutazione che lo porta ad individuare i propri punti di forza e di debolezza per migliorare il proprio lavoro. Da parte degli studenti l’atteggiamento verso la valutazione può essere passivo o attivo, se è attivo i discenti sono coinvolti nel processo di valutazione e studiano per se stessi e per migliorare le proprie prestazioni e non (solo) per il voto. Per giungere a questo livello è necessario che la valutazione si inserisca in un contesto di relazione educativa, in cui si da valore a quanto sperimentato nel passato per “orientare attività future”.
Per dirla con Dewey (1898)
c’è sempre un’osservazione del risultato ottenuto in comparazione e contrasto con quello desiderato, in modo tale che il confronto getti luce sulla effettiva adeguatezza delle cose impiegate come mezzi.
Ma a quali condizioni la valutazione educa? Secondo l’autore una valutazione educa se è capace di “trasformare” sia chi insegna, che è disposto a mettere in discussione quanto svolto per regolare la successiva didattica, sia chi apprende, che acquisisce responsabilità e potere nel processo valutativo, assicurandosi maggiori possibilità di apprendimento significativo. Per questo il giudizio descrittivo è molto più utile del voto in quanto si presenta tempestivo, chiaro e partecipativo, coerente con i criteri valutativi e gli obiettivi di apprendimento e orientato verso il futuro fornendo indicazione che serviranno gli studenti per migliorare i loro apprendimenti.
L’autore analizza anche, in modo approfondito, le indagini statistiche sull’apprendimento e le cosiddette prove oggettive proposte dai vari istituti di ricerca (come INVALSI, OCSE, IEA) argomentando anche sulla comunicazione e il commento dei risultati da parte dei media, che spesso è poco approfondito e finisce per restituire in modo poco chiaro i risultati delle indagini, travisandone i reali contenuti.
Per concludere ci vengono proposti esempi di una valutazione “autentica”, non separata dall’apprendimento, in cui ci troviamo di fronte alla elaborazione di “prodotti” che “conservano il loro significato al di là della situazione didattica in cui sono inseriti e che per loro natura possono prevedere un tipo di apprendimento cooperativo, in cui lo studente apprende in modo attivo e interagisce con altri individui al fine di migliorarsi.”
Un libro interessante, quindi, arricchito da una corposa bibliografia, che apre scenari su cui riflettere al fine di mettere in atto reali interventi per migliorare l’apprendimento e rendere la scuola più inclusiva e democratica.
Negli ultimi anni ho avuto il privilegio di lavorare assieme a gruppi di insegnanti impegnati nell’affermazione di un uso pedagogicamente difendibile della valutazione. Si tratta di docenti che hanno trasformato aspetti del proprio lavoro rispetto ai quali nutrivano perplessità”, conclude l’autore, “Le energie investite in queste trasformazioni paiono ampiamente ripagate dalla consapevolezza di costruire comunità in grado di concepire la valutazione come mezzo e, soprattutto, lo sviluppo umano come fine.
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