Il rinnovamento di una pedagogia oggi marginalizzata
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Nella scuola degli acronimi dilaganti, occorre un nuovo progetto pedagogico, una ri-umanizzazione dell’educazione. Una proposta al centro di “PedagogicaMente parlando. Riflessioni sparse sulla pedagogia che (non) c’è” di Luisa Piarulli
Perché parlare di pedagogia oggi, perché dare attenzione a questa importante componente delle scienze umane? Mai più che oggi è stato il momento delle scienze umane. L’utilizzo di nuove tecnologie nei rapporti e nelle relazioni sociali fa emergere antiche criticità che si esprimono in modi nuovi, inediti, coinvolgendo anche i processi educativi e formativi; le scienze delle relazioni sociali sono tutte scienze umane. Nuovi pericoli, nuove difficoltà, nuove opportunità ridisegnano scenari antichi come l’uomo, in forma mai vista prima. La filogenesi, la storia sociale e la tecnologia non ‘corrono’ alla stessa velocità: il vecchio anthropos si proietta in nuove forme relazionali rivelando, tuttavia, alcune inquietanti costanti comportamentali che vengono acuite, oppure smussate, dai nuovi mezzi di comunicazione.
Fenomeni sociali come il bullismo, il cyber-bullismo (sul quale ricordiamo il lavoro di Anna Oliverio Ferraris, Piccoli bulli e cyberbulli crescono, Milano, Rizzoli, 2017), l’abbandono scolastico, le condizioni socioculturali sempre più in crescita che alimentano fenomeni come le famiglie multiproblematiche, possono essere compresi a partire da una scienza umana in particolare: la pedagogia, cioè la scienza della formazione in cui il confine tra educazione e istruzione non è un vero confine.
Come diceva un accademico dell’Università di Torino, Remo Fornaca, docente di Pedagogia, la pedagogia non è un’ancella della filosofia, “la pedagogia è stata ed è, molto spesso, una terra di nessuno, soggetta a presenze e a scorrerie di diverso tipo con risultati talora scoraggianti”. Questo passo viene riportato da Luisa Piarulli, in PedagogicaMente parlando. Riflessioni sparse sulla pedagogia che (non) c’è (Padova, Logos Edizioni, 2017, con prefazione di Ivano Spano), passo che rafforza l’idea che la pedagogia debba trovare un luogo, uno spazio chiaro, una collocazione più precisa di quella che attualmente ha, nell’ambito delle scienze sociali e della cultura civile.
Nel cap. III (I luoghi della pedagogia) l’epigrafe premessa al capitolo è di Edgar Morin: “Un’educazione rigenerata non saprebbe, da sola, cambiare la società, ma potrebbe formare adulti più capaci di affrontare il loro destino, più capaci di far fiorire il loro vivere, più capaci di conoscenza pertinente, più capaci di comprendere le complessità umane, storiche, sociali e planetarie, più capaci di riconoscere gli errori e le illusioni della conoscenza, più capaci di comprendere… più capaci di affrontare l’avventura della vita.”
Nel I capitolo si parla di tanti argomenti importantissimi: concetto di cultura, di pedagogia, di educazione, di competenza, dell’influenza mediatica e, in particolare, viene affrontata la triade complessa dell’educazione, dell’istruzione e della formazione, difendendo la natura della pedagogia come detentrice di un sapere generale e nel quale si embriona continuamente questa domanda, questa preoccupazione:” Perché la pedagogia vive, oggi, una condizione di marginalizzazione?” In modo particolare si affronta la stigmatizzazione sofisticata dei BES nelle scuole e del dilagare delle diagnosi, mettendo in luce che l’insegnamento personalizzato attraverso i PdP (Piani didattici Personalizzati) rischiano di abbassare gli obiettivi del processo di apprendimento nel senso vygotskiano del non riuscire più a vedere i punti forza, mettendo invece in luce i punti di debolezza.
Un nuovo progetto pedagogico , una renovatio a maglie larghe equivarrebbe a far emergere il talento di ciascuno, la creatività di ciascuno, all’interno di un contesto culturale e sociale dove si forma l’identità della persona, dove l’educazione e la formazione diventano il binario fondamentale; per dirla con Erickson, l’identità sociale si forma nella delicata e vulnerabile età adolescenziale, collocata all’interno della scolarizzazione, specialmente secondaria, un’età che è una terra di mezzo tra l’infanzia e l’essere adulti. E’ proprio in questa età che va potenziato l’aspetto psico-pedagogico, perché con l’abbandono scolastico, a esempio, ci si ferma prima e, quindi, il periodo più vulnerabile è “scoperto”. Sarebbe inoltre, opportuno potenziare la competenza psico-pedagogica per tutti i docenti di formazione varia e non soltanto per i docenti “addetti ai lavori” .
L’autrice, nella seconda parte del volume, rivendica l’idea che la pedagogia riguarda l’essere umano dall’inizio dei suoi giorni fino all’ultimo dei suoi giorni. Compito del pedagogista è aprire la porta alla Persona. Il pedagogista è lo specialista dei processi formativo-educativi al cui centro è la Persona. Ma la Persona è il mondo della Persona, il contesto. E questo ci rinvia all’intramontabile messaggio pedagogico di don Lorenzo Milani (in Lettera a una professoressa) che rivede in toto il patto educativo tra le varie agenzie (scuola, famiglia, istituzioni e associazioni) le quali creano, quotidianamente, interconnessioni educative al cui centro deve esserci lo sviluppo della Persona. Ricordiamo, in proposito, nel numero di marzo 2017 di “.eco l’educazione sostenibile”, l’editoriale evocativo della figura di don Milani; in esso il direttore, Mario Salomone, allargava la nozione di “educazione” di don Milani all’interconnessione genere umano-ambiente vista come elemento basilare della cittadinanza, oggi; e la garante di tale interconnessione viene a essere proprio la pedagogia che opera formativamente alla radice del rapporto uomo-contesto (società e ambiente naturale).
Occorre una ri-umanizzazione dell’educazione; anche la crisi dei valori dei giovani d’oggi – scrive l’Autrice – nella seconda parte del volume, “non è che lo specchio in cui si riflette la crisi di un mondo adulto (ma quanto adulto?).” PedagogicaMente parlando ci accompagna per mano nei meandri della pedagogia, nelle agenzie educative, a contatto con i ruoli educativi dove questa crisi è ascoltata, messa in discussione e avviata al superamento costruttivo, giorno per giorno.
L’educazione è un mestiere possibile, come si chiedeva Marco Pollo docente dell’UMSA di Roma (L’educazione: il mestiere possibile, La Rondine, Catanzaro, 2010)? L’Autrice ricorda questo contributo preziosissimo trattando della dispersione scolastica o dispersione educativa; il contributo di Pollo ci suggerisce un confronto con L’educazione (im)possibile di Vittorino Andreoli (Milano, Rizzoli, 2014) il quale ci riorienta, nuovamente, verso l’agenzia di socializzazione primaria: la famiglia.
La pedagogia è un bacino che “abbraccia” la Persona nella sua totalità comprendendone lo sviluppo biologico, psicologico e sociale. Persona immersa nel suo contesto socioculturale nel quale è, di fatto, inserita; la pedagogia ha, e non soltanto potenzialmente, la capacità di trasformare il contesto in una realtà sempre più inclusiva. Tutti debbono avere le possibilità per essere socialmente. E per ricordare Platone, l’istruzione e la formazione dipendono dalle attitudini dell’individuo, a patto, aggiungeremmo, che si eliminino tutte le barriere che impediscono il pieno dispiegamento di ciascun essere umano.
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- Tiziana C. Carena, insegnante di Filosofia, Scienze umane, Psicologia generale e Comunicazione, Master di primo livello in Didattica e psicopedagogia degli allievi con disturbi dello spettro autistico, Perfezionamento in Criminalistica medico-legale. È iscritta dal 1993 all'Ordine dei Giornalisti del Piemonte. Si occupa di argomenti a carattere sociologico. Ha pubblicato per Mimesis, Aracne, Giuffrè, Hasta Edizioni, Brenner, Accademia dei Lincei, Claudiana.
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