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Quanto fa 8×7+7. Politica e Costituzione formale e materiale

| FRANCESCO INGRAVALLE

Tempo di lettura: 3 minuti

Quanto fa 8×7+7. Politica e Costituzione formale e materiale

La riconferma di Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica è stata una scelta vantaggiosa per il Paese, ma non è tutta la verità: siamo forse a una svolta nella storia politica italiana.

(Nell’immagine di apertura, il presidente della Camera Roberto Fico  e la presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati comunicano a Sergio Mattarella l’esito del voto)

Otto sono stati i tentativi di eleggere il nuovo Presidente della Repubblica italiana. Otto tentativi che hanno evidenziato l’impossibilità, per i partiti, di maggioranza e di opposizione, di giungere a una proposta condivisa, nonostante la pesante situazione (sanitaria ed economica) della Repubblica Italiana. Impossibilità che può essere letta come incapacità nella tecnica politica della mediazione, ma anche come impossibilità della mediazione stessa.

La mediazione non è sempre possibile. Perché i partiti sono organizzazioni di interessi, e gli interessi non sono sempre mediabili. Organizzazioni di interessi che dovrebbero rispecchiare la diversità di interessi dei rappresentati, cioè del popolo italiano nelle sue più varie configurazioni: in effetti, chi siede alla Camera e al Senato vi siede perché è stato eletto. Vi è stato eletto con un mandato, al tempo stesso, preciso e indeterminato: scegliere liberamente, alla luce dei propri presupposti ideologici, la linea politica più vantaggiosa per il Paese nel lavoro legislativo.

Transitati verso un’altra politica?

Si potrebbe dire che l’esito della ottava tornata abbia prodotto una scelta vantaggiosa per il Paese, la riconferma di Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica. Il che è vero, ma non è tutta la verità. Si è notato che, anche per la scelta della presidenza del Consiglio dei ministri, cioè per il capo del Governo, i rappresentanti del popolo non hanno trovato la mediazione. Luciano Canfora scrive, infatti: «Da oltre trent’anni l’Italia vede attuarsi periodicamente soluzioni ‘irregolari’ delle crisi politiche. Ciampi, Monti, Draghi» (La democrazia dei signori, Roma-Bari, Laterza, 2022, p. 5). Infatti: Ciampi era governatore della Banca d’Italia; Monti è stato nominato senatore a vita il giorno precedente al suo incarico di Presidente del Consiglio dei Ministri; Draghi non faceva parte dell’establishment, né politico, né burocratico. Di qui alla constatazione del “fallimento della politica” (secondo un’espressione corrente, ormai) il passo è breve; ma, forse, non obbligato.

Forse siamo transitati verso un’altra politica, altra rispetto al modello della Repubblica Parlamentare, più vicino, di fatto, a una repubblica presidenziale? Canfora scrive: «Il governo Mattarella-Draghi, ormai consolidato fatto compiuto, costituisce un tornante nella storia politica italiana. E potrebbe comportare mutazioni non irrilevanti nella nostra Costituzione materiale» (La democrazia dei signori, cit., p. 9).

La necessaria compattezza nella individuazione dei vertici istituzionali

Se questo fosse vero, la costituzione materiale (o reale) sarebbe in conflitto, in prospettiva, con la Costituzione scritta (o formale): ma è realmente così? È questa l’unica interpretazione possibile, oppure l’interpretazione più plausibile? Che il Presidente della Repubblica incarichi, a propria discrezione, il Presidente del Consiglio dei Ministri è detto nell’art. 92, comma secondo, nel quale non sussistono limitazioni di sorta alla sua scelta. Se il quadro politico offerto dalle due Camere non permette altra scelta che quella di un “non-politico”, non c’è alcun ostacolo a che il Presidente della Repubblica scelga un “non-politico”. Certo, la politica non esce bene da una simile scelta, ma questo è un altro problema. Che, in queste condizioni, il nesso fra Presidente del Consiglio e Presidente della Repubblica sia particolarmente stretto è nella logica delle cose, ma non ci porta, necessariamente fuori del modello della repubblica parlamentare: la scelta si basa sulla fiducia e la fiducia si riferisce al profilo del prescelto in rapporto alla posizione del paese rispetto all’UE e al mondo. Ma, ripetiamolo, il prescelto non è né un deputato, né un senatore. Il fatto, poi, che, le Camere riunite si siano limitate a riconfermare il Presidente della Repubblica in carica, ci parla ancora della estrema divisione tra i partiti.

È notevole che il ‘tecnico’ incaricato, a suo tempo, da Mattarella, Mario Draghi, abbia svolto un ruolo di mediazione rilevante nel persuadere Mattarella stesso ad accettare una eventuale riconferma.

A ogni buon conto va ricordato che l’appartenenza dell’Italia all’UE e al sistema finanziario imperniato sul FMI consta di numerosi e non lievi impegni, rispetto ai quali è poco rilevante come, nel nostro Paese, riusciamo a costruire le maggioranze di governo e come riusciamo a individuare il vertice del nostro sistema istituzionale.

Ma, soprattutto, va ricordato che l’appartenenza dell’Italia al sistema militare guidato dagli Stati Uniti d’America, nel momento di frizioni diplomatiche rilevanti con la Russia, aggravate dalla dipendenza europea dal gas russo, richiede compattezza nella individuazione dei vertici istituzionali. Compattezza che, sia pure con le consuete difficoltà, è stata messa in campo, pur creando la precisa sensazione che la “costituzione materiale” del nostro Paese sia arrivata ai limiti della forzatura della costituzione formale.

Davvero siamo a una svolta nella storia politica italiana?