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Ofanto, uno scrigno di biodiversità

| Giovanni Lamacchia

Tempo di lettura: 5 minuti

Ofanto, uno scrigno di biodiversità

La terza tappa della “staffetta per la biodiversità” della Rete WEEC Italia (seguila sul canale YouTube WeecnetworkTV) è stata dedicata al fiume Ofanto, il più importante fiume pugliese, che nasce in Campania e tocca la Basilicata. Qui la presenza della lontra è un indice di qualità morfologica e un esempio virtuoso di ripopolamento. Zone umide, fiumi e altri corsi d’acqua, sono, infatti, tra gli ambienti in cui la perdita di biodiversità si sta manifestando in modo più marcato.

(In apertura, l’Ofanto in una foto di Gigi Cappabianca)

Per aderire alla “Staffetta per la biodiversità” promossa dalla Rete WEEC Italia, la rete regionale pugliese ha scelto di realizzare un documentario sul fiume Ofanto, coinvolgendo quattro esperti:

  • il dottor Maurizio Marrese, che studia da tempo questi territori sia dal punto di vista botanico che faunistico;
  • il professor Pino Cava, profondo conoscitore del fiume ed innamorato dei suoi suoni;
  • l’architetto Mauro Iacoviello, direttore del Parco regionale Fiume Ofanto e fortemente impegnato nella rivalutazione paesaggistica dell’area;
  • l’ingegner Matteo Orsino, che si sta occupando di un importante progetto di riqualificazione naturalistica del fiume.

Ambienti di acqua dolce a rischio

In un contesto globale in cui la biodiversità è in crisi, ci sono dei sistemi che sono un po’ in controtendenza, oppure ci sono delle storie di conservazione di successo, come per esempio quelle relative al ritorno di alcuni grandi predatori, tra i quali il lupo.

Se ci concentriamo su quelli che sono gli ecosistemi di acqua dolce, si intravedono poche storie di successo e si continua a vedere anzi una tendenza che risulta ancor peggiore di quanto avviene in altri sistemi.

Ad esempio, delle venti specie di animali in pericolo critico di estinzione, 12 sono strettamente legate agli ambienti di acqua dolce. Diverse fonti scientifiche ci ricordano che zone umide, fiumi e corsi d’acqua, sono tra gli ambienti in cui la perdita di biodiversità si sta manifestando in modo più marcato.

Un predatore al vertice della catena alimentare

Una delle specie fluviali più carismatiche che, essendo al vertice della catena alimentare, ci dà molte informazioni sullo stato complessivo degli ecosistemi, è la lontra.

Le lontre sono mammiferi semiacquatici e questo vuol dire che cacciano esclusivamente le loro prede in acqua, ma hanno bisogno poi di riposare ed anche allevare i propri piccoli in tane ricavate nella vegetazione lungo le rive. Sono predatori ai vertici delle catene alimentari delle acque dolci, si nutrono principalmente di pesci, ma anche di crostacei, anfibi e in misura minore di rettili, uccelli e piccoli mammiferi.

La loro richiesta energetica è molto elevata a causa del calore che viene disperso in acqua e quindi ci sono delle esigenze metaboliche legate alla termoregolazione, che fanno sì che per poter sopravvivere una lontra debba acquisire un quantitativo di cibo pari al 15-20 % del proprio peso corporeo. Considerato un peso medio di 5-7 Kg, questo significa tra i 750 gr ed 1 Kg di pesce o di altre prede da ingerire ogni giorno. Ciò implica anche che la disponibilità di risorse trofiche rappresenta un fattore cruciale per la sopravvivenza di questi animali.

Per quanto riguarda i requisiti fondamentali per la tutela delle specie è chiaro che la qualità dell’acqua e la quantità della stessa condizionano la capacità di acquisire risorse trofiche, ma la vegetazione continua e ben strutturata è altrettanto importante, perché garantisce la possibilità di trovare rifugio, sia per il riposo diurno, visto che sono animali notturni, sia anche per allevare i propri piccoli.

Vittime di una caccia indiscriminata

Le lontre hanno una pelliccia molto folta, la più folta di tutti i mammiferi, perché questa rappresenta la principale difesa contro la perdita di calore. Questo ne ha anche determinato una caccia indiscriminata durante il secolo scorso, proprio per il valore della pelliccia stessa: ciò ha portato molte specie sull’orlo dell’estinzione. Su 13 specie di lontra nel mondo, di cui 11 sono esclusivamente di acqua dolce e due marine, molte sono inserite a vario titolo nella lista rossa. La lontra euroasiatica è la specie a più ampia distribuzione di tutte le lontre ed è l’unica specie presente in Europa. Si è osservato che alla fine degli anni ’90 la situazione era gravemente compromessa, per via della scomparsa di tale specie da gran parte dell’Europa Centrale. In Italia, in particolare, da essere piuttosto diffusa in tutti i bacini idrografici negli anni ’70, è andata via via scomparendo prima dalle regioni settentrionali, poi dalle regioni centrali e la situazione più critica è stata verificata alla fine degli anni ’90, quando questo animale sopravviveva solo nelle regioni più meridionali della penisola.

Per questo il Ministero dell’Ambiente e l’ISPRA hanno avviato la realizzazione e la pubblicazione del Piano d’Azione Nazionale, pubblicato nel 2011, con cui si è cercato di definire una strategia per contrastare e ridurre le minacce che insistono sulle popolazioni italiane.

Sull’acqua dolce una grande pressione antropica

Ofanto, foto di Gigi Cappabianca.

Gli ambienti di acqua dolce sono soggetti ad un numero molto elevato di pressioni antropiche che incidono anche sull’habitat della lontra, che ha bisogno non solo di contesti integri in acqua, ma anche di alcune condizioni che ritroviamo fuori dall’acqua, in particolare lungo le fasce riparie. La captazione delle acque riduce l’ambiente in cui possono trovare le loro risorse trofiche e l’inquinamento delle acque può avere diversi effetti, soprattutto quello da policlorobifenili e da nuovi inquinanti, come gli interferenti endocrini ed i metalli pesanti.

A fronte dell’adozione di diverse misure, le popolazioni di lontre, a partire dalla fine degli anni ’90, hanno iniziato a recuperare e rioccupare il loro areale storico. In Italia stiamo assistendo ad una progressiva riespansione e questo lascia ben sperare in riferimento al raggiungimento di una soglia di sicurezza per la sopravvivenza nel lungo periodo. Ci aiuta oggi molto la Direttiva Quadro sulle acque dell’Unione Europea, che inserisce alcune novità rispetto ai Regolamenti precedenti sulla qualità delle acque in Europa: copre tutti gli impatti sulle acque attraverso un approccio integrato, protegge sia gli ecosistemi acquatici, che gli ecosistemi terrestri che da questi dipendono, quindi l’habitat della lontra nel suo complesso.

Un indicatore biologico

Molto importante è osservare che la presenza della lontra è associata ad indici molto buoni di qualità morfologica dei fiumi. Alterazioni antropogeniche del flusso idrico, favoriscono la lontra quando queste sono graduali e consentono il rallentamento dell’acqua e l’instaurazione di vegetazione riparia strutturata nelle piane di inondazione, perché queste forniscono non solo tane, ma anche un effetto positivo di filtraggio degli inquinanti che raggiungono le acque e anche creano dei microhabitat favorevoli per comunità ittiche ben strutturate, che costituiscono la base alimentare della specie.

Le lontre potrebbero anche rappresentare dei buoni indicatori di ottime pratiche di gestione dei fiumi, proprio perché il ripristino della funzionalità ecologica dei fiumi sembra essere un fattore chiave per la resilienza di comunità biotiche ben strutturate.

Il fiume Ofanto, in Puglia, è un esempio virtuoso per quanto riguarda il ripopolamento della lontra. Questo fiume è stato una roccaforte per la sua sopravvivenza. Era uno dei pochi bacini fluviali in cui la lontra ha continuato ad essere presente anche nei periodi più bui della sua storia italiana ed europea. Quindi ha avuto anche un ruolo importante nella protezione della specie e probabilmente anche nel mantenere il flusso genico tra le popolazioni.

Nel tempo l’Ofanto è stato l’area sorgente che ha permesso poi l’espansione nel Carapelle, nel Candelàro e speriamo avvenga in breve tempo anche la riunificazione con le popolazioni del Fortòre.

Scrive per noi

Giovanni Lamacchia
Giovanni Lamacchia è presidente della sezione regionale della Rete WEEC Italia per la Puglia.
“Sono una delle guide ufficiali della Riserva naturale statale di Torre Guaceto.
Sempre alla ricerca di meraviglie, a piedi o in bicicletta, con occhi curiosi mi diverto a condurre avventurose escursioni: adoro comunicare con i più piccoli e divertire la parte di bimbo che è in ogni adulto. Amo giocare il ruolo di mediatore tra le bellezze della natura e la sfera emotiva di ogni interlocutore. Considero le diversità culturali e linguistiche autentiche opportunità di arricchimento. È davvero una fortuna avere il privilegio di lavorare come educatore ambientale!
Grazie a .eco ho l'opportunità di condividere le mie riflessioni personali e mi auguro così di poter umilmente contribuire a rafforzare la resilienza della nostra società!”