Wim Wenders, Perfect Days: vivere il presente con la massima intensità
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Candidato agli Oscar 2024 per il Giappone, il nuovo film di Wenders fa dei bagni pubblici di Tokyo la scena in cui rappresentare come “cogliere l’attimo”, una sorta di “carpe diem”.
Un uomo che ama la lettura, le piante e la fotografia, Hirayama (interpretato da uno straordinario Koji Yakusho, premiato a Cannes come miglior attore) lavora a Tokyo come igienizzatore di bagni pubblici. La sua vita trascorre nell’uguale ripetersi del tempo del lavoro, del tempo della cura delle piante che coltiva nel proprio minuscolo appartamento, dell’acquisto di libri alla cui lettura dedica i momenti che precedono il riposo notturno.
All’inizio, il film sembra una sequenza ossessiva di giorni sempre uguali. Ma poi lo spettatore vede un uomo che “lascia essere l’ente”, parla poco e ascolta molto. Sogna molto: sogni non narrativi, ma immagini delle piante e delle cose che egli vede durante la veglia; sogni, tutti, in bianco e nero. Ogni mattina, recandosi al lavoro, ascolta in automobile musiche del passato registrate su musicassette; l’ascolto si arresta bruscamente, non appena, con la sua auto, raggiunge i posti di lavoro. Anche le sue foto di alberi sono ‘impresse’ su pellicole “vecchia maniera”.
Nel corso della pulizia di un bagno, trova nella connessura di un muro un foglio in cui qualcuno ha tracciato il gioco “tris”: anche questo, un gioco che riporta con la mente indietro nel tempo. Anche l’incontro con la nipote è importante perché ci permette di intuire qualche cosa sulla sua vita sulla quale il film non fa niente di più che vaghi accenni. L’evento che genera un cambiamento permette di entrare nella vita del protagonista.
Nichilismo della solitudine
Alcuni commenti ‘a caldo’: “catastrofico”, “storia zen”, “elogio della solitudine”.
Molti ricorderanno “Il cielo sopra Berlino”, capolavoro di Wenders. Le inquadrature in bianco e nero sono presenti anche in quell’ormai lontano film (e caratterizzano il modo in cui gli angeli vedono il mondo). E anche per il silenzio che domina nel film. Per paradosso, se uno non sapesse chi è il regista, lo identificherebbe dalle inquadrature in bianco e nero e dai silenzi, dagli sguardi e dalla musica.
In alcuni tratti del film c’è una presentazione della solitudine che appare essere, invasiva, estraniante, lacerante, alienante; una sorta di nichilismo della solitudine. Che contrasta con l’immagine della quiete espressa dal personaggio che accetta le cose giorno per giorno con serenità, una dissonanza cognitiva e comportamentale che, in talune parti disorienta e richiama il vocabolo komorebi (vocabolo tipico della cultura giapponese).
Perfect Days canzone di Lou Reed, che dà il titolo al film, contiene un verso – quello finale- che illumina il film stesso: «You’re going to reap just what you sow» («Raccoglierai ciò che hai seminato»).
Dissonanza emotiva
A un certo punto del film si vede una commozione intensa del protagonista. Questa commozione intensa, questa dissonanza emotiva che compare nel film ci può far pensare a una forma particolare di nichilismo a proposito del quale Heidegger ha scritto in La questione dell’essere (sopra la linea): “Nietzsche chiama il nichilismo “il più inquietante fra tutti gli ospiti”, perché ciò che esso vuole è lo spaesamento come tale. Per questo non serve a niente metterlo alla porta, perché ovunque, già da tempo e in modo invisibile, esso si aggira per la casa. Ciò che occorre è accorgersi di quest’ospite e guardarlo bene in faccia.”
Umberto Galimberti, che cita il brano in epigrafe al libro L’ospite inquietante scrive che nel nichilismo il presente diventa un assoluto da vivere con la massima intensità.
Perfect Days è più volte narrato da Wenders come “cogliere l’attimo”, appunto, una sorta di “carpe diem”. In Giappone, come già accennato, la parola komorebi ha un articolare significato: “vedere il riflesso del sole tra i rami degli alberi.” Questo aspetto, centrale nel film, è ancora il riferimento a cogliere l’attimo, a vivere il momento di “gioia malinconica” configurato da questa parola.
Il film è stato girato da Wender in 16 giorni, ancora un cogliere l’attimo che, inoltre, rivela la forte attrazione di Wenders per Tokyo. Queste immagini in bianco e nero, il richiamo alla sacralità della natura, questa compressione del tempo ci permette di comprendere quanto Wenders sia in questo stato nascente per la terra di Sol Levante; Quindi, non dobbiamo pensare come alcuni critici che il film sia sostanzialmente un documentario su 15 bagni pubblici di Tokyo girato in poco più di due settimane. Wenders è attratto dal piccolo cinema, che egli vede come un’arma contro il grande cinema basato su effetti speciali.
Perfect Days è candidato agli Oscar 2024 per il Giappone. Lo sguardo particolare di Wenders non è separabile dalla sua formazione filosofica e musicale, al di là del luogo.
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- Tiziana C. Carena, insegnante di Filosofia, Scienze umane, Psicologia generale e Comunicazione, Master di primo livello in Didattica e psicopedagogia degli allievi con disturbi dello spettro autistico, Perfezionamento in Criminalistica medico-legale. È iscritta dal 1993 all'Ordine dei Giornalisti del Piemonte. Si occupa di argomenti a carattere sociologico. Ha pubblicato per Mimesis, Aracne, Giuffrè, Hasta Edizioni, Brenner, Accademia dei Lincei, Claudiana.
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