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Insegnare ai ragazzi a guardare oltre: parlare di guerra ai più piccoli si può fare

| Carola Speranza

Tempo di lettura: 4 minuti

Insegnare ai ragazzi a guardare oltre: parlare di guerra ai più piccoli si può fare

Aumenta il numero di libri di narrativa per ragazzi sul tema della guerra e della pace. Parlare di conflitti, in questo periodo storico, diventa un dovere per le nuove generazioni. Ecco un po’ di titoli, alcuni dei quali hanno vinto premi importanti.

Francesca Mannocchi, storica reporter di guerra, si trovava in Ucraina il 24 febbraio 2022, il giorno dell’inizio dell’invasione russa, da parte di Putin. Si trova in Ucraina anche ora, mentre uno dei suoi primi libri per ragazzi, edito DeAgostini, comincia a circolare tra le mani di giovani lettori.

«Con lo sguardo oltre il confine non ho la pretesa di spiegarvi tutto delle guerre, (…) ma il desiderio di condividere con voi un metodo, che spero vi sia utile e vi aiuti a comprendere tutto quello che sembra incomprensibile.»

Il libro può essere considerato una bussola, per orientarsi nella comprensione di alcuni storici conflitti e per riprendere il filo di storie che rischiano di essere dimenticate.

Lo sguardo oltre il confine: dall’Ucraina all’Afghanistan, i conflitti di oggi raccontati ai ragazzi.

L’autrice decide quindi di raccontare i passaggi chiave per la comprensione delle attuali situazioni in Libano, Iraq, Siria, Libia, Afghanistan e, ovviamente, Ucraina.

Mannocchi sposta il nostro sguardo oltre il confine

Con mappe geografiche, spiegazioni di parole chiave in un preciso box e un glossario con le definizioni più complesse, Mannocchi racconta la storia del territorio, con le sue esperienze sul campo, da inviata. Decide da subito di rivelare la sua metodologia per un buon reportage: raccontare la morte e la vita delle persone. Per il racconto di ogni scenario di guerra, dopo le prime pagine sulla sua geografia e storia, si arriva puntualmente alla biografia di qualche abitante.

Si parla della storia di Melissa, in Libano; dell’afghano Fahim Sadat, che da professore è diventato profugo e, infine, della giornalista Alina, in Ucraina, che continua a raccontare la verità rischiando la vita ogni giorno.

«Partire dall’ascolto dell’esperienza di una persona per allargare lo sguardo: per fare sì che una vita non resti solo espressione di un’emozione, ma sia parte del più ampio significato del tratto di Storia che vive.»

Ai ricordi e ai dialoghi, si alternano racconti su trattati di pace, descrizione dei lati oscuri che la guerra implica, non solo mentre la si combatte, ma anche dopo, quando lascia miseria e macerie. Non fa sconti Francesca Mannocchi nel raccontare anche il lato più bruto dei conflitti, per responsabilizzare, con le parole, il suo lettore, nonostante la tenera età. Non è un avvertimento, o una sfida ma, semplicemente, un modo per interrogare la curiosità.

«Ti auguro questo, lettrice, lettore, ti auguro di avere il desiderio, la curiosità che solo l’Altro produce, con le sue ombre, la sua radicale distanza da noi. Non smettere, tu che sei arrivato fin qui, di interrogare il mondo.»

Parlare di guerra ai bambini e ragazzi è possibile

L’attenzione di Francesca Mannocchi si era già indirizzata ai giovani e ai bambini, in parte soggetti del documentario, Isis, Tomorrow. The Lost Souls of Mosul, diretto con il fotografo Alessio Romenzi, presentato alla 75esima edizione del Festival internazionale del Cinema di Venezia.

Era stato lo stesso Gino Strada, nel suo libro, Pappagalli verdi cronache di un chirurgo di guerra, a ribadire che, per capire l’orrore della guerra, bisognasse vedere le facce di quanti soffrono in silenzio. Non è un caso che la maggior parte di loro siano sempre i bambini. Se sono loro ad essere tra i primi protagonisti indiretti della guerra, forse dovrebbero essere anche i loro coetanei ad essere tra i primi testimoni e osservatori della stessa. E non è un caso che la narrativa per ragazzi si stia indirizzando, sempre maggiormente, su questo tipo di racconto.

https://unsplash.com/@johnnymcclung

Parlare di guerra ai ragazzi non è così complesso come ci si potrebbe immaginare. D’altronde, è lo stesso percorso scolastico a presentarci, nel programma delle medie, come prime opere da studiare in epica, i due capolavori della letteratura antica, IliadeeOdissea. Entrambi trattano di guerra. Il primo è proprio un resoconto, anche piuttosto cruento in certi passaggi, dell’andamento della guerra più conosciuta di tutti i tempi, la guerra di Troia. Il secondo, invece, tratta delle conseguenze, del lungo ritorno e delle grandi difficoltà che ne seguirono. Parlare di guerra, ai giovani, è possibile dall’antichità, e arriva fino ai nostri banchi di scuola. E non è un caso, quindi, che la narrativa per ragazzi, anche in Italia, se ne sia resa conto.

I temi della guerra e della pace entrano nella narrativa per ragazzi

Negli ultimi anni abbiamo compreso non solo la possibilità ma quasi l’obbligo nel trattare determinati argomenti, anche in forma narrativa. Non è un caso che il premio speciale della giuria del premio Andersen, quest’anno, sia andato a Ho visto un bellissimo picchio di Michal Skibinski e Ala Bankroft, per Einaudi Ragazzi. È il diario di un’estate, scritto giorno dopo giorno da un bambino di otto anni nella Polonia del 1939. Questo libro, già vincitore, gareggerà anche per il Premio Strega Ragazze e Ragazzi, in cui sbucano, tra i candidati al premio, diversi libri che parlano di guerra e di pace.

Dal sito ufficiale del premio strega https://www.premiostrega.it/PSR/

Per i più piccini, nella categoria che va dai sei anni, si propone nella terna dei finalisti “La guerra è finita” di David Almond, ambientato durante la Prima Guerra Mondiale, nel 1918.

Per la categoria che invece va dagli undici anni, nella terna dei finalisti compare un altro libro che parla di guerra. Lo scrittore è Francesco D’Adamo con il suo romanzo “Giuditta e l’orecchio del diavolo” ed è la storia di una bambina scampata dai campi nazisti, che si rifugerà in montagna con una banda di partigiani.

Non esistono più argomenti tabù si può e anzi si deve parlare di guerra, come di altre tematiche che riguardano l’educazione civica dei ragazzi. Non è quindi un caso il grande successo dei libri che raccontano la mafia, la crisi climatica e addirittura di politica, i lavori di Luigi Garlando sono un esempio lampante da “Per questo mi chiamo Giovanni” fino a “Camilla che odiava la politica” passando, per ritornare al tema centrale, sull’argomento bellico: “Mio papà scrive la guerra”.

Parlarne è un dovere, scriverne è possibile. Bisogna, però, saperlo fare, affinché le nuove generazioni, come ricordava Francesca Mannocchi, siano sempre più curiose verso l’Altro, curiose di volgere lo sguardo oltre.

Scrive per noi

Carola Speranza
Carola Speranza
Dopo aver conseguito la doppia laurea triennale nel dipartimento di Lettere moderne all’Università degli studi di Torino e Université Savoie Mont-Blanc, ottiene la laurea magistrale binazionale in Filologia moderna all’Università Sapienza di Roma e Sorbonne Université di Parigi. È fondatrice e autrice del blog “Grandi Storielle”.