Mattatoio N. 19

Scene di guerra: quella dell’umanità a sé stessa e alla natura. Come in un celebre romanzo di Vonnegut, il sogno di riavvolgere la pellicola. Ma se il film non può girare all’indietro, noi possiamo girarne un altro tutto diverso in futuro.

Billy Pilgrim (alter ego di Kurt Vonnegut, autore di “Mattatoio N. 5, o La Crociata dei bambini”) assiste alla totale (e inutile) distruzione di Dresda, la Firenze dell’Elba, sotto le bombe alleate (che Vonnegut, prigioniero dei tedeschi, aveva visto di persona).
Anni dopo, nell’attesa di un disco volante che lo porterà sul pianeta Trafalmadore, Billy apre la televisione e vede un film sui bombardamenti americani durante la Seconda guerra mondiale. Confonde leggermente i tempi e vede scorrere le immagini a ritroso. Le fiamme che stanno imperversando su una città tedesca vengono risucchiate da contenitori cilindrici che risalgono nel ventre degli aerei, mentre macerie e mattoni si ricompongo no i chiese, palazzi, monumenti.
I desideri all’incontrario vanno

Gli aerei, volando all’indietro, atterrano di coda su un campo di aviazione. I contenitori, tirati fuori dai bombardieri, vengono rispediti negli Stati Uniti, dove ci sono stabilimenti impegnati notte e giorno a smontare i cilindri d’acciaio. I minerali vengono poi spediti in zone lontane, dove bravi specialisti li rimettono nel terreno per «nasconderli per bene in modo che non potessero mai più far male a nessuno».
Billy Pilgrim è un po’ confuso e sappiamo che le cose non vanno proprio così. E che altre bombe stanno cadendo, mente io scrivo e voi leggete, in molte parti del martoriato mondo.
Il film all’indietro dell’apocalisse ambientale
Non vanno così le cose, purtroppo, nemmeno per le distruzioni e le ferite inflitte al pianeta e allo stesso genere umano dal modello di produzione e consumo dominante.
Immaginate di vedere scorrere all’indietro il film dell’Antropocene.
In una stanza di ospedale, nella gabbia toracica di un degente il mesotelioma si assottiglia fino a scomparire del tutto e un infermiere sfila l’ago della morfina dal braccio del malato e lo ripone. La pellicola continua a girare, fino decenni addietro, quando una minuscola fibra di amianto esce dai polmoni in cui si era insinuato e torna nella miniera di asbesto.
Cambia la scena, microscopiche particelle lasciano i polmoni della folla che cammina nelle strade di una grande città, mentre le ciminiere della fabbriche e i tubi di scappamento delle auto risucchiano nuvole di smog. Il cielo scuro torna limpido e azzurro. Minuscoli frammenti di plastica risalgono il corso dei fiumi, si assemblano in oggetti di ogni tipo e colore che, portati in apposite fabbriche, vengono dissolti. Si trasformano poi in semilavorati che di passaggio in passaggio, si mutano in petrolio che viene pompato nelle viscere della terra. In un’altra fabbrica, grandi presse provvedono a risanare miracolosamente le membra straziate di un operaio.
La freccia del tempo e la costruzione del futuro
Il sogno potrebbe continuare a lungo. Gli anziani, i più colpiti dalla pandemia di Covid-19, hanno respirato, mangiato, bevuto, assorbito per più anni di altri radiazioni ionizzanti e non ionizzanti, composti chimici di ogni sorta, veleni, gas, microparticelle cancerogene. Hanno sviluppato cardiopatie, tumori, ipertensione, malattie respiratorie, diabete. Dai polmoni, nel nostro sogno di una freccia del tempo a ritroso, uscirebbe anche carbone, con cui si scaldavano e spesso si scaldano ancora le case e con cui si produce ancora energia elettrica in molte centrali. Migliaia di persone muoiono nel Mattatoio N. 19 che abbiano scientemente edificato pezzo per pezzo e dotato delle più potenti e avanzate tecnologie.
Questo danno è fatto e non potrà mai essere riparato. Non si inverte la freccia del tempo e la tazzina rotta non torna miracolosamente integra sul tavolo da cui era caduta.
Chi è giovane, respirerà, mangerà, berrà, assorbirà inquinanti presenti nell’ambiente a centinaia di migliaia. Se non cambieremo, perché la freccia del tempo non può essere invertita, ma il futuro può essere costruito e vien costruito con le scelte di ogni giorno.
Il futuro è una invenzione collettiva.
Una guerra con armi vere, proprie e improprie
Abbiamo scritto su queste pagine che non si dovrebbe usare un linguaggio bellico per parlare di lotta al Coronavirus. Significa attribuire una connotazione positiva a qualcosa da aborrire.
Ma una guerra, oltre alle tante guerre passate e in corso, c’è davvero. Eserciti e milizie difendono risorse e privilegi, a presidio di questa seconda guerra che usa (in genere consapevolmente, spesso anche inconsapevolmente) armi proprie e improprie. Cingolati, esplosivi, armi chimiche e batteriologiche, per estrarre materie prime, per abbattere foreste, per aumentare artificialmente la produttività dei campi, per sviluppare nuovi processi produttivi, per creare nuovi materiali, per uccidere animali e poi squartarli all’arma bianca.
Il clima dell’intero pianeta ne è stato sconvolto, milioni di specie sono state portate all’estinzione, altre sono state ridotte a meri fattori di produzione di massa, nuove malattie hanno sostituito quelle che via via la medicina riusciva a controllare.
Questa guerra fa uso di tutto il tremendo potenziale messo a disposizione da tecnica e scienza e può contare su incommensurabili capitali finanziari. Sfregia la Natura e tra gli esseri umani semina dolore e disuguaglianza.
Il film non può girare all’indietro. Ma noi possiamo girarne un altro tutto diverso in futuro.
Scrive per noi

- Sociologo dell'ambiente, giornalista e scrittore, Mario Salomone dirige ".eco" dalla fondazione (1989) e la rivista scientifica "Culture della sostneibilità" (fondata nel 2007), è autore di saggi, romanzi e racconti e di numerosi articoli su quotidiani e riviste. Già professore aggregato all'Università di Bergamo, è Segretario generale della rete mondiale di educazione ambientale WEEC, che realizza ogni due anni i congressi del settore, e fa parte del Consiglio di amministrazione della Fondazione Aurelio Peccei, sezione italiana del Club di Roma.
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