Nomadi e sedentari, un viaggio affascinante attraverso i millenni
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Nomadi. I popoli in cammino che hanno plasmato le nostre civiltà
Anthony Sattin
Antropologia e preistoria
Neri Pozza Vicenza
2023 (orig. 2022)
Pag. 425 euro 28
Eurasia, soprattutto. Neolitico, soprattutto. Per la maggior parte degli ultimi dieci mila anni il rapporto tra popolazioni nomadi e popolazioni sedentarie è stato complementare e interdipendente. Tuttavia noi sedentari ricostruiamo
storie e geografie a nostra immagine e somiglianza, meglio esserne consapevoli; ancor meglio risulta studiare e cercare di comprendere come e perché tanti gruppi di sapiens siano sempre restati in movimento, preferendo leggerezza di strutture e continui equilibrati adattamenti con gli ecosistemi circostanti. Una volta eravamo tutti cacciatori e tutti raccoglitori: i primi a smettere di fare l’una e l’altra cosa risalgono a non più di dodicimila anni fa. Il che non significa che prima eravamo tutti nomadi, piuttosto erranti.
Nomadi e sedentari, un’analisi storica e concettuale
In un passato remoto, tutti eravamo cacciatori e raccoglitori; l’abbandono di queste attività risale a non più di dodicimila anni fa. Tuttavia, ciò non implica che tutti fossero nomadi, ma piuttosto erranti.
L’evolvere del termine “nomade” nel tempo
Il termine indoeuropeo “nomos” ha radici nel “pascolo”, rappresentando un modo specifico di “cacciare”. Successivamente, “nomas” indicò coloro che erano erranti alla ricerca di pascoli. Le tribù pastorali erranti potevano essere sia nomadi che stanziali, evolvendo parallelamente in risposta ai cambiamenti climatici strutturali o frequenti. Dopo la costruzione dei primi agglomerati urbani e l’insediamento “residenziale” di molte persone, il termine “nomade” acquisì il significato di genti che vivono senza mura, ai margini dei centri abitati. Oggi, noi sedentari utilizziamo questo termine in due modi molto diversi: con una nostalgia romantica e vagabonda da un lato, e come caratterizzazione di individui senza dimora, “sconosciuti”, dall’altro.
La ricchezza e la limitatezza delle testimonianze nomadi
Dodicimila anni fa, la maggior parte dei forse cinque milioni di sapiens era nomade. Per millenni, comunità, popoli e imperi di nomadi sono stati ampi e potenti, anche se hanno lasciato poche testimonianze scritte o “fisse”, spesso poco leggibili agli occhi dei sedentari. Tuttavia, il giornalista, storico, conduttore televisivo e scrittore di viaggi Anthony Sattin (1956) offre una prospettiva appassionante sulla preistoria e la storia, esplorando il punto di vista dei gruppi umani in movimento. Questi gruppi hanno plasmato le nostre civiltà nel corso dei millenni, nonostante la riduzione progressiva del loro numero e una sorta di demonizzazione attuale dei “nomadi”.
La ricchezza e la limitatezza delle testimonianze nomadi
La prima parte riguarda i tanti primi millenni del Neolitico in cui le popolazioni stanziali e quelle nomadi che comunque entrambe scolpivano ed erigevano monumenti, avevano culti e celebravano i luoghi dei morti, tramandavano storie) per lo più convivevano e collaboravano, poiché l’umanità passò certo per gradi dalla caccia e dalla raccolta dei “frutti” della terra all’agricoltura e alla pastorizia.
Il contributo dei nomadi alla storia e al rinascimento europeo
La seconda parte riguarda il millennio circa successivo alla caduta dell’Impero romano, descrive l’ascesa e la caduta dei grandi imperi creati da sapiens che rifiutavano un solo luogo in cui risiedere: Unni, Arabi, Mongoli, dinastia Yuan. Proprio i nomadi
hanno poi molto contribuito al Rinascimento europeo con una grande capacità di influenza permanente sul mondo degli Stati in formazione di noi sedentari.
Dall’Occidente moderno alla globalizzazione: nomadi nell’immaginario e nella realtà
La terza parte si apre con l’inizio dell’era moderna, con gli studiosi dell’Occidente a insistere sul fatto che i bianchi dovessero padroneggiare il mondo naturale e dominare tutto il mondo abitato. In questo periodo, segnato dalla competizione e dalla rivalità, i nomadi scompaiono del tutto dall’immaginario europeo ma la globalizzazione mercantile non può cancellarli dalle realtà culturali e commerciali interconnesse. La leggerezza dei nomadi, il modo in cui si sono adattati a essere agili nel pensiero e flessibili nell’azione, nonché l’equilibrio che hanno mantenuto con il mondo naturale possono darci ancora conoscenze e indicazioni fertili.
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- Valerio Calzolaio, giornalista e saggista, è stato deputato (1992-2006) e sottosegretario all’Ambiente (1996-2001). Ha pubblicato numerosi libri sul tema della migrazioni e dei profughi ambientali.
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