Crisi ambientale e crisi ecologica
Le ragioni strutturali della crisi attuale e le sue connessioni con la crisi ecologica in un numero speciale di Culture
Martedì 13 dicembre 2016, h.16,00 – 18,00, Aula E1, Campus Luigi Einaudi, Lungo Dora Siena 100/A, Torino, Aurelio ANGELINI (Università degli studi di Palermo) e Massimo SCALIA (Centro Interuniversitario di Ricerca per lo Sviluppo Sostenibile – CIRPS – Roma), presentano The chariots of Pharaoh at the Red Sea. The crises of capitalism and of environment. A modest proposal towards sustainability, Quaderno n. 1 della rivista Culture della sostenibilità.
La crisi ambientale deriva dal generale rapporto di predazione e spoliazione delle risorse naturali, caratteristico del modo capitalistico di produzione e consumo. I danni sociali della crisi economica sono drammaticamente evidenti alla maggior parte dell’opinione pubblica ma faticano a divenire consapevolezza comune dei singoli e dell’intera comunità. Diventa necessario riportare e diffondere i dati globali di questa crisi nella loro gravità: dal land grabbing, all’aridificazione, al degrado dei grandi sistemi corallini. E, soprattutto, superare il ritardo della comune consapevolezza riguardo alla più grande minaccia di questo secolo: i cambiamenti climatici, o meglio, l’avvenuto passaggio all’instabilità climatica.
Negli ultimi quarant’anni la crisi ecologica non è mai diventata una variabile importante nelle politiche economiche. Colpa del neo-liberismo imperante, dall’“unilateralismo” dell’amministrazione USA al “fiscal compact” della UE? Sì, ma anche le altre scuole economiche commettono lo stesso errore. L’attuale crisi del capitalismo è una crisi di sovrapproduzione, il cui carattere quantitativo, dovuto all’innovazione tecnologica nel mercato globalizzato, rende insuperabile la contraddizione tra l’aumento dell’offerta e la capacità del mercato di assorbire la domanda: quale colossale redistribuzione del reddito sarebbe necessaria per adeguare la “spendibilità” all’offerta? Né la deterrenza nucleare consente, come nelle due analoghe grandi crisi precedenti, il “ricorso” alla guerra mondiale. Che fare?
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