L’educazione ambientale in un contesto industriale: l’esempio virtuoso delle scuole di Piacenza
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Le sfide delle scuole di Piacenza tra educazione ambientale e inclusione sociale.
Elena Gatti, referente per l’educazione outdoor del Secondo Circolo Didattico di Piacenza ci racconta i progetti innovativi e l’esperienza delle loro scuole
Abbiamo avuto l’opportunità di dialogare con Elena Gatti, insegnante presso la scuola primaria San Lazzaro Alberoni di Piacenza e referente outdoor del Secondo Circolo Didattico di Piacenza, che comprende 8 plessi, 4 primarie e 4 dell’infanzia per un totale di circa 2000 bambini.
Le scuole di questo circolo svolgono attività didattiche e progetti con metodi pedagogici particolarmente interessanti, che la docente Elena Gatti ci ha presentato nell’intervista.
L‘outdoor education è un metodo educativo di avanguardia, un’azione educativa che mira a sviluppare competenze trasversali attraverso un approccio multidisciplinare che crea un’interdipendenza positiva tra spazi interni e spazi esterni.
Sono numerosi i progetti che il Circolo Didattico cerca di portare avanti, ormai dal 2009, nonostante alcune difficoltà iniziali e forme di resistenza legate ad approcci educativi più tradizionalisti e schematici: con costanza dedizione e un forte spirito di volontà da parte degli insegnanti che si sono messi in rete e hanno condiviso le loro esperienze, si sono ottenuti negli anni degli importanti risultati educativi, che hanno avuto delle conseguenze positive sui tanti studenti del territorio che hanno avuto queste opportunità, ma anche sui vari attori che con la scuola interagivano, dai genitori alla cittadinanza.
Queste scuole agiscono in un territorio complesso, ricco di contraddizioni e difficoltà, ma con forti potenzialità. Piacenza è una città conosciuta come un importante polo logistico e industriale italiano ed europeo, con i vari indicatori di qualità dell’aria che hanno spesso valori molto alti e che manifesta forti contraddizioni sociali, dovute a discriminazioni etniche, religiose e di sfruttamento sia dei lavoratori che del territorio.
La scuola e l’educazione in questo scenario complesso, possono portare avanti progetti e modalità educative che coniughino le esigenze sociali e quelle ecologiche, rispondendo ai bisogni del territorio, con un rapporto che, come dimostrano i vari progetti che l’ins.te Elena Gatti ci ha raccontato e che riportiamo qui di seguito insieme ad alcune interessanti considerazioni su queste tematiche.
Elena Gatti racconta l’educazione ambientale nelle scuole piacentine
Quali sono gli obiettivi di fondo che vi animano?
Io sono nata come insegnante di sostegno 15 anni fa e nel 2009 ho iniziato questo percorso, quando ancora si parlava poco di educazione ambientale. Inizialmente abbiamo avviato un progetto in cui i bambini imparavano a lavorare nell’orto del giardino della scuola, in particolare le attività erano state avviate con studenti con una certificazione di ordine cognitivo. Ora sono insegnante di classe, sono passati 15 anni, tanti aspetti sono cambiati e migliorati. Ora sono referente outdoor del II Circolo didattico di Piacenza che è composto da 8 scuole, 4 plessi di scuole primarie e 4 di infanzia. In totale comprendono circa 2000 bambini.
In una prima fase, in cui la coscienza ambientalista a livello di opinione pubblica non era com’è oggi, ci sono state moltissime resistenza a forme di educazione ambientale outdoor. Per noi invece era importante portare avanti un’educazione trasversale agli apprendimenti, che avesse un valore di crescita della persona e di crescita a livello di competenze dei bambini (che nel nostro caso vanno dai 3 ai 10 anni). Inoltre si è sempre cercato di proporre progetti che avessero una valenza inclusiva, che fossero ampli sul territorio in modo da avere una valenza di formazione alla cittadinanza attiva.
Ci può raccontare quali sono i primi progetti che svolgete con la vostra scuola?
Inizialmente abbiamo iniziato con la piantumazione degli alberi e già lì abbiamo potuto notare che ciò seguiva doppio binario a livello pedagogico: si partiva dall’educazione ambientale, a sfondo scientifico, con l’acquisizione di conoscenze riguardanti sia gli animali che i vegetali e si abbinavano sempre delle narrazione che avessero un valore da un punto di vista emotivo e affettivo: affinché venisse promossa la biofila dei nostri studenti e la conoscenza naturalistica.
Abbiamo inventato queste forme di narrazione, ad esempio con il progetto Alberi Custodi, che portiamo avanti dal 2009: le nuove classi che entrano in circolo fanno la piantumazione di un albero o di un cespuglio, piantato dai bambini con l’aiuto dei docenti e gli danno un nome proprio, oltre che un cognome, che è il nome scientifico della pianta.
Ora abbiamo una trentina di alberi tutti con il loro nome, con dietro un racconto, una storia. Il primo che abbiamo piantato si chiama Lorenzo, era un noce ed è stato così nominato perché uno dei bambini della nostra classe aveva la Distrofia di Duchenne, una malattia cronica-degenerativa, purtroppo senza cura: l’obiettivo era di permettere di dare a questo bambino qualcosa che fosse duraturo, che rappresentasse la vita che proseguiva; gli ha dato “Lorenzo”, come quello di un suo compagno di classe perché simboleggiava la sua inclusione all’interno del gruppo della classe. Da lì è nata l’idea di raccontare una storia, che viene trasmessa dalle classi più grandi a quelle future.
I bambini della classe si occupano degli alberi per tutto il ciclo scolastico negli anni, si prendono cura degli alberi, innaffiano d’estate e poi passano il testimone a nuove classi raccontando il giardino ai bambini del ciclo successivi. Inoltre hanno disegnato delle mappe, in formato anche virtuale e questo nel corso degli anni è diventato un progetto centrale.
Che valore hanno progetti del genere inseriti nel contesto cittadino circostante?
Abbiamo decine di enormi magazzini e parcheggi giganteschi e sono dei non luoghi, per dirlo alla Marc Augé, dove in realtà ci si passa e sono terribilmente grigi e generano forme di annichilimento individuale e sociale. La nostra idea portante in questo scenario è quella di legare una consapevolezza e delle competenze a livello tecnico-scientifico ad una componente affettiva: d’altronde noi proteggiamo ciò che amiamo. Nella crescita rimane impresso questo sentimento di attenzione.
L’accudimento degli alberi di solito viene fatto, a turni, a ricreazione o in pausa mensa: in questo modo gli studenti devono compiere una scelta emotiva, come un atto di piccolo sacrificio e dedizione: se per poca attenzione il loro albero viene sfalciato dagli operai del comune, loro si attivano per difenderlo. Ci tengono a livello personale: se c’è una forte nevicata o una forte siccità, gli studenti più grandi si preoccupano di ciò che potrebbe accadere.
Inoltre nelle nostre scuole inoltre è stato costruito un impianto di innaffiamento a goccia nel rispetto della siccità del nostro territorio: all’interno delle scuole i genitori o i cittadini delle nostre scuole che vivono nella zona vengono a visitare il giardino, con una festa finale dal carattere multietnico, in cui ognuno prepara le sue specialità culinarie.
Inoltre noi usiamo il Padlet- uno strumento di condivisione molto utile, che permette anche di spiegare ai genitori e a chi è interessato cosa facciamo: può essere condiviso con il pubblico e con le altre scuole, anche quelle esterne al Circolo Didattico, che a loro volta possono condividere esperienze e buone pratiche.
Cos’è l’outdoor education?
«Sotto il termine «Outdoor education» sono comprese una grande varietà di esperienze pedagogiche caratterizzate da didattica attiva che si svolge in ambienti esterni alla scuola e che è impostata sulle caratteristiche del territorio e del contesto sociale e culturale in cui la scuola è collocata. L’offerta formativa dell’Outdoor education include quindi una grande varietà di attività didattiche che vanno da esperienze di tipo percettivo-sensoriale (orto didattico, visite a fattorie, musei, parchi, ecc.) ad esperienze basate su attività sociomotorie ed esplorative tipiche dell’Adventure education (orienteering, trekking, vela, ecc.), a progetti scolastici che intrecciano l’apertura al mondo naturale con la tecnologia (coding, robotica, tinkering, ecc.), fino a percorsi educativi profondamente ispirati alla tradizione nordeuropea…Inoltre, con il temine «Outdoor education» non ci riferiamo soltanto ad esperienze che si svolgono in contesti naturali (giardino della scuola, parchi, fattorie, ecc.) ma anche a percorsi didattici realizzati in ambienti urbani (musei, piazze, parchi cittadini, ecc.), dove è garantito un rapporto diretto e concreto con il mondo reale e il coinvolgimento nella sua interezza del soggetto in formazione (dimensioni cognitiva, fisica, affettiva e relazionale).»
(Fonte: https://innovazione.indire.it/avanguardieeducative/outdoor-education)
I progetti delle scuole del territorio
Avete aderito con un progetto interessante alla Giornata Mondiale dell’Educazione Ambientale può descrivere?
Quest’anno prendendo spunto dai vostri webinar di .Eco abbiamo realizzato, nella Giornata della Sostenibilità nel mese d’ottobre, nell’ambito del progetto dell’Emilia Romagna Mettiamo Radici nel Futuro -con cui si possono piantare alberi, di solito autoctoni, gratuitamente- abbiamo realizzato un Manifesto degli Alberi, un’opera che oltretutto è molto poetica e graziosa da leggere.
Questo per noi è un punto di partenza per ottenere sulla nostra provincia una Carta dei diritti per gli alberi, che abbia, che ha sia un aspetto pratico nel rapporto con le istituzioni affinché ad esempio un albero non debba essere tagliato per motivi futili, debba essere curato se malato e più in generale ci debba essere un riconoscimento del suo valore.
Un progetto che potrebbe avere un ottimo potenziale, perché oltretutto si connette i temi dell’Agenda 2030, che noi riconosciamo solo in parte, in quanto non siamo completamente d’accordo sull’idea di sostenibilità permanente, tuttavia cerchiamo di sfruttare questi obiettivi per promuovere rispetto ambiente. A questo Manifesto degli alberi lavoriamo da tempo, sull’onda di una riflessione storica per cui tutte le categorie umane e successivamente animali hanno lottato per i loro diritti e ne hanno ottenuto un riconoscimento in seguito ad una fase, più o meno lunga di diffusione, sensibilizzazione e di categorie che sono state più o meno accettate.
Il riconoscimento dei diritti è sempre partito dalle rivendicazioni delle categorie più deboli: dalle donne ai bambini, fino agli animali e ora quelli delle piante- che come viventi devono avere il diritto di sopravvivere, anche perché le piante svolgono già il loro dovere: offrono ossigeno, rinfrescano- e per il nostro territorio, in piena Pianura Padana, d’estate è molto importante per via delle bombe di calore che subiamo come hotspot del cambiamento climatico.
La Carta dei Diritti degli Alberi, anche se fosse solo un riconoscimento formale, sarebbe importante a livello etico e morale per i nostri cittadini.
In quest’ottica come si è evoluto il rapporto con le famiglie della scuola, con la cittadinanza del territorio?
Il rapporto con cittadinanza si muove nello scenario complesso a livello di sostenibilità sociale ed ambientale: da parte nostra è stato molto utile adottare una prospettiva dilungo termine, che richiede costanza. Noi in particolare nel corso del tempo abbiamo interagito con realtà importanti, come Infoambiente-Ceas, che ci permettono di darci una mano nel rapporto con la cittadinanza.
Tra i diversi progetti, c’è stato il primo censimento degli alberi del comune di Piacenza, con cui è stato definito il numero e la specie degli alberi presenti nel territorio e la presenza di alberi monumentali che hanno più di un secolo, in modo da poter dare loro un riconoscimento storico e scientifico. Inoltre ci sono stati dei progetti di gestione dei parchi pubblici, in cui con bambini abbiamo raccolto dei rifiuti nei parchi limitrofi alla scuola e invitato i cittadini con un cartello ad adottare dei comportamenti corretti di rispetto dell’ambiente.
Con i Fridays for Future abbiamo costruito una partnership, che risponde al SDG 17, in cui abbiamo svolto progetti come la costruzione di bombe di semi che poi andiamo a regalare ai bambini più piccoli e alle famiglie e i nostri studenti spiegano a cosa sono e cosa servono: questa attività si inserisce in un percorso di costruzione riguardante la cittadinanza attiva ed è risultato efficace poiché gli studenti si sono sentiti soggetti attivi nel loro territorio, all’interno del panorama politico sociale di riferimento. Inoltre hanno esercitato il linguaggio, attraverso il racconto di una loro esperienza e, chiaramente, imparano ad esprimersi e raccontarsi, che è un punto centrale nella loro formazione primaria.
Cerchiamo di collaborare il più possibile con realtà del territorio, le varie scuole hanno contatti con associazioni cittadini di riferimento, con cui collaborano sia per la gestione del giardino delle scuole, che a volte è complessa perché in ogni scuola abbiamo una ventina di alberi e cespugli da gestire. Durante l’estate, in particolare, è utile un aiuto esterno: l’anno scorso abbiamo aderito ad un partenariato sociale del comune di Piacenza, che prevedeva l’iscrizione ad un albo dei cittadini volontari per potere realizzare delle opere sul territorio: più di 50 genitori hanno aderito!
“Gli alberi svolgono già i loro doveri e meritano di avere riconosciuti dei loro diritti”.
Di seguito potete leggere i punti centrali di questo Manifesto:
Negli anni avete ampliato il numero e gli obiettivi dei vostri progetti. Ci può fare altri esempi? Ce ne sono diversi che riguardano il contatto tra i bambini e il mondo animale, nelle sue varie manifestazioni.
Un altro nostro progetto portante si chiama “Sporco, schifezza e altri mostri” perché nasce ironicamente dal fatto che quando cercammo di entrare nella Rete Scuole all’aperto dell’Emilia Romagna ci fu un’opposizione di parte del nostro collegio docenti che ci disse, che il loro scopo è educare i bambini al rispetto della pulizia, all’ordine e che noi ci occupavamo di “queste schifezze”, che sarebbero dovute essere fuori dal programma didattico!
Ora, che il progetto è avviato da tempo, i bambini, tra le altre cose, lavorano in classe e fuori con allevamento di insetti e altri piccoli animali: abbiamo iniziato dal giardino della nostra scuola, che era ricco di piccoli animali, lombrichi, mantidi, collemboli e sfruttando questo aspetto abbiamo cominciato costruendo un lombricaio all’esterno e poi conservano le mantidi, che venivano conservate nel giardino della scuola e poi le distribuivamo lì e nel territorio limitrofo.
Anche in questo progetto come in quello degli alberi, negli anni successivi abbiamo introdotto uno storytelling legato agli “insetti sociali” ed era molto funzionale, per gli aspetti che abbiamo discusso in precedenza. Successivamente abbiamo iniziato ad allevare in classe le formiche, collaborando con altri partner e associazioni del nostro territorio senza scopo di lucro, esperte sul tema e portando dei formicai in classe. E ora alleviamo nelle classi anche dei bachi da seta, abbiamo infatti portato in classe dei gelsi poiché servono a nutrire i bachi, li seguiamo per tutto il ciclo.
Quest’anno stiamo portando avanti un nuovo progetto, seguito da un’esperta che verrà in tutte le scuole del nostro circolo, riguardante le api, il loro funzionamento e tutti gli insetti da miele e impollinatori in generale. Un’altra iniziativa che abbiamo cominciato a sperimentare quest’anno nelle nostre scuole sono le mangiatoie per gli uccellini, considerando le specie che ci sono in questo periodo nel nostro territorio, e abbiamo mappato principalmente fringuelli, codirossi e cinciallegre e costruiamo dei nidi specifici che vanno bene per quel tipo di animale e poi li posizioniamo sugli alberi corretti; dopodiché utilizziamo la lotta contro gli insetti dannosi, ad esempio contro le zanzare che è problematico nei nostri territori.
Oltre alla piantumazione di tageti, citronelle, melisse, piante che hanno lo scopo di tenere più lontani gli insetti fastidiosi, l’anno prossimo costruiremo in ogni scuole delle casette per i pipistrelli, realizzati dai bambini, per promuovere collaborazione con ambiente naturale che sia davvero sostenibile e funzionale sia a noi, che ai viventi del nostro territorio.
Coniugare la sostenibilità ambientale e l’inclusione sociale
Quali sono stati i risultati acquisiti nel corso del tempo?
All’inizio è stata una bella battaglia, nel senso che venivano considerati un po’ strani e atipici, adesso negli ultimi anni, soprattutto dopo il Covid-19 c’è stata più apertura riguardo l’outdoor education da parte del pubblico, anche se chiaramente guardando alla storia della pedagogia non è una novità (la faceva ormai 100 anni fa la Montessori). Molti dei nostri insegnanti continuano a specializzarsi in questo tema, ad esempio con corsi di perfezionamento post universitario in cui vengono affrontati vari temi in modo da crescere come corpo docenti a livello di competenze.
I due nostri più grandi risultati sono che i nostri ex studenti, che ora sono alle superiori o alle medie, tornano per aiutarci nel giardino e abbracciare gli alberi che hanno piantato loro: ragazzi di 16-17 anni vengono a salutare il loro albero, ci interagiscono e in loro è rimasta una forte coscienza ecologica, legata ad una sfera affettivo-emotiva che hanno impressa da quando sono bambini. Inoltre gli ex-studenti parlano ai bambini che ora sono a scuola e sappiamo che l’apprendimento peer-to-peer è più efficace rispetto a quello classico e assume un valore aggiunto.
Inoltre siamo riusciti ad unire tutte le nostre scuole sparse per il territorio di Piacenza, che non sono affatto vicine, anzi molte sono periferiche, anche con collaborazioni tra scuole d’infanzia e primarie: c’è uno scambio di insegnanti, con quelli della primaria che vanno a portare la loro esperienza nelle scuole dell’infanzia e viceversa, in modo da condividere i vari progetti.
La vostra è un’idea che a partire da difficoltà oggettive il progetto è cresciuto: la sostenibilità ambientale intesa in senso ampio e comprende anche la sfera di inclusività sociale, abbinata ad un metodo pedagogico innovativo ed efficace Quali sono le prospettive future?
L’idea è quella di contaminare le scuole superiori. Cerchiamo in primo luogo di far portare ai bambini che escono dalla quinta una testimonianza dell’esperienza formativa che hanno vissuto nel loro ciclo educativo: ad esempio hanno alla fine dell’anno vasetto con piantina che si porta nella classe delle scuole medie
Lì è difficile perché c’è un approccio didattico più tradizionale, schematico e legato al programma, che non prevede un cambio di metodologie didattiche: stiamo cercando di garantire continuità educativa, altrimenti il passaggio dei bambini che si sono formati con un’educazione outdoor e con determinati principi, risulta traumatico e li porta in strutture chiuse, fatiscenti e con un approccio che non permette loro di esercitare ciò che hanno imparato. Con l’idea del Manifesto degli alberi quest’anno vogliamo coinvolgere i docenti delle medie e continuare ad avere una proiezione esterna, sia nei parchi pubblici che nelle scuole superiori.
Ad ogni modo alle scuole medie dove vanno i nostri bambini offriamo percorsi di continuità gratuiti con i nostri progetti, ad esempio relativi alla piantumazione degli alberi, tutta a carico della nostra organizzazione oppure facciamo percorsi di interventi assistiti animali. Un progetto centrale è quello di Educazione Assistita con gli Animali come “Il Mio compagno di banco ha 4 zampe”, valutato con la scala connessione natura del professor Giuseppe Barbiero, per intenderci per sviluppo progressione naturale dei bambini e offriamo alle scuole medie percorso educazione assistita con gli animali gratuiti, in particolare con i cani, che sono visti più positivamente di altri animali. Per questi percorsi ci vuole molta pazienza costanza e tempo
Ci vuole un messaggio finale?
Noi abbiamo iniziato tra mille difficoltà e ci abbiamo creduto. Noi insegnanti nel nostro paese non abbiamo una buona reputazione, ma la scuola è tenuta in piedi dai docenti, che spesso fanno anche molte attività da volontari. Con i nostri progetti vogliamo lasciare un messaggio chiaro agli studenti e alla cittadinanza: il singolo può fare la differenza costruendo una comunità sostenibile a livello ambientale e sociale a partire da delle buone pratiche.
Link utili
– link al video realizzato dai bambini per la premiazione ricevuta da una delle nostre scuole come “Custodi dei beni Comuni”, di qualche anno fa ma che illustra bene la nostra filosofia di lavoro.
https://innovazione.indire.it/avanguardieeducative/outdoor-education
https://www.secondocircolopc.edu.it/pagine/outdoor-education
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