L’universo letterario del probabile. Matematica, determinismo e probabilità da Poe a McEwan
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L’universo letterario del probabile. Matematica, determinismo e probabilità da Poe a McEwan
Francesca Romana Capone
Scienza e letteratura
Prefazione di Lucio Russo
Bollati Boringhieri Milano
2022
Pag. 152, euro 18
Da quasi un paio di secoli a oggi, circa. Stampato, riprodotto e comparato.
A pensarci bene, gran parte della letteratura mette in scena vicende improbabili, la cui eccezionalità è proprio ciò che le rende attraenti in quanto storie. In particolare, poi, da quando la probabilità si è fatta teoria e calcolo matematico, è possibile intercettare un sottile filo di riflessione letteraria intorno a quello che costituisce appunto uno dei fondamenti stessi della scrittura.
Abbiamo tre polarità: la vita quotidiana e il relativo senso comune (per tutti), la storia della letteratura (per chi legge o, comunque, per chi gestisce storie anche scrivibili), la scienza della matematica (per esperti, ricercatori, scienziati).
La separazione tra discipline scientifiche e umanistiche
Con l’andare del tempo, soprattutto nel Novecento e ancor più negli ultimi decenni, il senso comune si è progressivamente allontanato dallo spirito scientifico a causa della sempre maggiore reciproca segregazione tra le discipline scientifiche (le scienze “dure”) e quelle umanistiche (le scienze sociali e le attività letterarie). Gli scrittori rielaborano comunque idee scientifiche (magari in ritardo) e, nel costruire svago e intrattenimento per un pubblico, offrono inevitabilmente una chiave di lettura per il mondo che ci circonda, al quale non può essere estranea la scienza nella sua opera di interpretazione della realtà mediante modelli teorici.
Nell’Ottocento tutta la cultura è permeata dal concetto di una scienza che si pone come guida dell’agire sociale e politico, spesso con una concezione deterministica del mondo, meccanicistica e causale, in connessione con il parallelo convulso sviluppo tecnologico. Nasce il poliziesco, il classico giallo a enigma che usa non di rado gli strumenti della matematica, disciplina che evolve e dove si insinua un decisivo nuovo ragionamento probabilistico. Come è stato assimilato e come ha influito su certa narrativa?
La dottorata e brava ricercatrice in studi umanistici Francesca Romana Capone (Roma, 1974) mette in relazione le definizioni della teoria della probabilità, a partire dall’approccio del matematico e fisico francese Pierre-Simon de Laplace (Beaumont-en-Auge, Bassa Normandia, 1749 – Parigi 1827), con alcune opere letterarie immediatamente successive a partire da racconti di Edgar Allan Poe (Boston, 1809 – Baltimora, 1849), con ambientazione parigina, protagonista Auguste Dupin (antenato degli investigatori moderni e contemporanei) e visibile conoscenza della formulazione matematica del calcolo delle probabilità (senza reale comprensione).
Dopo il capitolo introduttivo “Leggere il probabile”, questo secondo (“Calcolare l’imprevisto”) è cruciale sia per il dialogo a distanza Laplace-Poe che per il fascino competente dell’improbabile nei romanzi di Arthur Conan Doyle (1959 – 1930), con le avventure induttive di Sherlock Holmes.
Manca purtroppo una riflessione che tenga conto dell’insieme degli studi esistenti e dei nessi sperimentati fra matematica e giallo, fra matematici e giallisti, per mitigare alcuni giudizi troppo netti e arricchire il senso dei singoli episodi.
Il terzo capitolo (“Un gomitolo di concause”) è dedicato alle due notevoli personalità di Paul Valery (1871-1945) e di Carlo Emilio Gadda (1893-1973): l’indeterminismo ontologico della meccanica quantistica è ormai dietro l’angolo.
Fin dal titolo il quarto capitolo, “Così è (se vi pare)”, esamina l’esplicita ricerca dello scienziato Bruno de Finetti (1906-1985) di immagini utili a illustrare le proprie idee (in particolare sulla concezione assiomatica della matematica) nei testi narrativi o teatrali di Luigi Pirandello (1867-1936).
Il quinto capitolo (“Il senso delle possibilità”) ripercorre la svolta epistemologica della fisica quantistica, provando poi a trovarne le tracce in due scrittori viennesi (Musil e Broch) e più recentemente nell’italiano Del Giudice, esempi che mostrano come “il mondo indeterministico possieda un’intrinseca difficoltà di rappresentare letteraria” perché “la narrazione tende a costruirsi lungo una catena causale”, pur se taluno riesce “a mettere in scena i nodi filosofici e gnoseologici del dibattito scientifico”, anche quando (come ora, sostengono l’autrice e Russo) vi è un decadimento della cultura scientifica diffusa. Le conclusioni sono destinate al “dilemma di Monty Hall” (Ian McEwan). Poi note, senza indici. Non mancano osservazioni acute e spunti fertili, pur se alcune questioni sono aperte con autodichiarata “superficialità”.
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- Valerio Calzolaio, giornalista e saggista, è stato deputato (1992-2006) e sottosegretario all’Ambiente (1996-2001). Ha pubblicato numerosi libri sul tema della migrazioni e dei profughi ambientali.
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