Acqua dall’atmosfera: il sole, il più grande distillatore esistente
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La quantità d’acqua presente in forma permanente nell’atmosfera è molto grande, circa 13.000 miliardi di metri cubi. Che ad esempio la notte possono condensarsi in gocce: sono le “fontane di rugiada”. Ci sono 51 grammi d’acqua per metro cubo se la temperatura è di 40 gradi e se questa scende di notte a 10 gradi possono condensarsene fino a 40 grammi. Ci sarebbe molto da fare per mettere l’umidità atmosferica al servizio dei paesi aridi, cioè di mezza umanità
Noi viviamo dentro un enorme distillatore solare. La radiazione solare scalda la superficie degli oceani e delle terre emerse passando attraverso un “tetto” trasparente, l’atmosfera, che separa il nostro pianeta dagli spazi freddissimi interplanetari; la temperatura di tali spazi interplanetari, circa 270 gradi sottozero, è “freddissima” rispetto a quella media della Terra che è circa 15 gradi Celsius. Una parte dell’acqua presente sulla superficie dei mari e delle terre emerse, scaldati dal calore solare, evapora e si disperde nell’atmosfera dove si miscela, allo stato di vapore, con gli altri due gas principali dell’aria, l’azoto e l’ossigeno.
Il vapore acqueo atmosferico tende a salire verso gli strati alti dell’atmosfera, che sono “più freddi” di quelli superficiali, oppure incontra le parti fredde del nostro pianeta: i ghiacciai o le vette delle montagne. Qui il vapore acqueo atmosferico ritorna allo stato liquido e cade in forma di pioggia o di acqua solida come la neve o talvolta sotto forma di grandine, acqua solida anch’essa.
Un continuo movimento d’acqua nell’atmosfera
In questa grande circolazione di gas e vapori da una parte all’altra del globo terrestre, la quantità di acqua che è presente permanentemente nell’atmosfera è molto grande, circa 13.000 miliardi di metri cubi (più o meno la stessa quantità di acqua presente in tutti i fiumi della Terra), anche se variabile da un luogo all’altro, da una stagione all’altra. Del continuo movimento dell’acqua nell’atmosfera ci accorgiamo non solo quando piove o grandina, ma anche quando si verificano piccoli fenomeni intorno a noi. Sarà capitato a ciascuno di osservare, la mattina delle giornate che seguono una notte stellata e serena, la propria automobile coperta di gocce d’acqua, di “rugiada”, la stessa che si osserva in alcune mattine sulle foglie dell’erba nei prati.
Questa acqua liquida si separa dall’atmosfera perché le superfici esposte all’aria durante la notte, quando il cielo è sereno, irraggiano calore verso il cielo, si raffreddano e la loro temperatura scende al di sotto di quella a cui l’acqua dell’atmosfera passa dallo stato di vapore allo stato liquido. Infatti, la quantità di acqua che l’aria può contenere allo stato di vapore varia molto con la temperatura: a 10 gradi Celsius l’aria contiene fino a 9 grammi di vapore acqueo per metro cubo, un valore che aumenta a 30 grammi per metro cubo a 30 gradi e a 51 grammi per metro cubo a 40 gradi. Se la temperatura dell’aria scende, dal giorno alla notte, da 40 a 10 gradi, cosa non rara d’estate, quando il cielo è limpido, frequente nei deserti, da ogni metro cubo di aria circostante possono separarsi fino a una quarantina di grammi di acqua.
Tecniche antiche per recuperare il vapore acqua atmosferico
Il fenomeno è stato osservato da tempo immemorabile e ci sono tracce di strutture che sembrano essere state costruite apposta per provocare la condensazione notturna del vapore acqueo atmosferico, delle specie di “fontane di rugiada”. Si dice che certe superfici “bianche”, come i mucchi di pietre calcaree bianche che si trovano in tante zone siano in grado di raffreddarsi di notte ad una temperatura così bassa che la mattina, alla loro base, si trova dell’umidità condensata. Forse le stesse superfici bianche dei tetti conici dei trulli pugliesi sono state pensate per ottenere lo stesso effetto. Si racconta che nel Negev, il deserto a sud di Israele, siano esistite delle comunità agricole che riuscivano a irrigare le colture con la rugiada condensata dall’aria.
Naturalmente la cosa era così affascinante che in tanti hanno provato a riprodurre il fenomeno: nella città ucraina di Teodosia, sulle rive del Mar Nero, nel 1905 l’ingegnere russo Friedrich Ziebold ha trovato dei mucchi di pietre in forma di piramide e ha pensato che si trattasse di strutture artificiali funzionanti come collettori di rugiada. Nel 1912 lo stesso Ziebold ha cercato di riprodurre tali piramidi ed è riuscito ad ottenere quasi 400 litri al giorno di acqua liquida dal cielo. Il suo tentativo stimolò diecine di inventori che realizzarono e brevettarono vari sistemi per ottenere acqua mediante “fontane di rugiada”. o con costruzioni artificiali. Il francese Léon Chaptal (1882-1949) costruì dei “pozzi di acqua atmosferica” a Montpellier nel 1929; una struttura ancora più grande fu costruita nello stesso periodo nel Sud della Francia dall’ingegnere belga Achille Knapen che ottenne anche un brevetto per questa idea.
Gocce d’acqua catturate con la rete
Altri studiosi hanno cercato di accelerare e forzare la perdita di calore per irraggiamento notturno con adatte superfici, in modo da raggiungere le basse temperatura a cui l’acqua si separa allo stato liquido dall’aria. La termodinamica mostra che la quantità di calore che una superficie irraggia verso il cielo limpido notturno è relativamente grande e il fenomeno è stato applicato anche per il raffreddamento notturno di edifici mediante adatte strutture e rivestimenti posti sul tetto.
Altri esperimenti hanno dimostrato con successo che certe superfici esposte all’aria, in condizioni di forti escursioni termiche di temperatura dal giorno alla notte, “attirano” l’umidità; sono stati costruiti delle reti verticali di fili di fibre naturali o artificiali sulle quali, durante la notte o in particolari condizioni meteorologiche, si depositano delle “perle di rugiada”, gocce d’acqua liquida che possono arrivare a vari litri al giorno. Del resto, che l’acqua si separi in forma liquida quando si raffredda l’aria si osserva nei normali condizionatori d’aria e deumidificatori; sarà capitato a molti di vedere che, all’esterno dei locali con aria condizionata, c’è un continuo gocciolamento di acqua che va perduta, benché sia acqua purissima, priva di sali. Esperimenti per il recupero di acqua potabile mediante deumidificatori dell’aria mostrano che il consumo di energia per unità di acqua dolce recuperata è confrontabile con quello che si ha nella distillazione dell’acqua marina.
Esiste addirittura una Associazione internazionale per l’utilizzazione dell’umidità atmosferica con sede a Parigi; quanto lavoro è possibile al servizio dei paesi aridi, cioè di metà dell’umanità!
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