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La “Bomba I”, gli Idrati di metano. Poco noti, ma straordinariamente diffusi e potenti

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La “Bomba I”, gli Idrati di metano. Poco noti, ma straordinariamente diffusi e potenti

Sono noti anche come “ghiaccio che brucia”, perché somigliano al ghiaccio ma bruciano se si avvicinano a una fiamma. La quantità di metano intrappolata negli idrati di metano è stimata enorme, addirittura superiore a quella di tutti i combustibili fossili (carbone, petrolio, e gas naturale) noti, messi insieme. Ma attenzione a pensare di sfruttarli (cosa che si fa più presto a dire che a fare): il metano è un gas con un effetto serra molto maggiore della CO2

Gli idrati di metano sono composti solidi che si formano a bassa temperatura e sotto elevate pressioni, costituiti da una specie di gabbia contenente 46 molecole di acqua e otto molecole di metano, all’incirca 5,75 molecole di acqua per ogni molecola di metano; un metro cubo di idrato di metano contiene circa 165 metri cubi di metano. Sul pianeta si trovano depositi di idrati di metano sotto gli oceani e nei ghiacci permanenti.

Le molecole quanto più sono apparentemente semplici, tanto più sono in realtà complicate. Prendete l’acqua, acca-due-o, la molecola più importante del nostro pianeta, costituita da due atomi di idrogeno, H, uniti ad un atomo di ossigeno, O.

Io i tre atomi li avrei messi in fila e invece no; chi ha predisposto l’universo li ha messi in forma di triangolo, con un angolo fra H-O-H di circa 109 gradi; grazie a questa forma l’atomo di ossigeno “succhia”, se così si può dire, cariche elettriche dagli atomi di idrogeno e diventa “un po’” elettronegativo, mentre i due atomi di idrogeno diventano “un po’” elettropositivi. Così nell’acqua liquida ciascuna molecola di acqua è legata a quelle vicine con legami secondari fra gli atomi di idrogeno e di ossigeno e gli atomi delle molecole vicine. Per esempio, gli atomi di idrogeno di una molecola d’acqua si legano agli atomi di ossigeno delle molecole di acqua vicine e questa attrazione fa sì che una goccia di acqua assuma una forma perfettamente sferica. Se una goccia di acqua incontra un materiale contenente ossigeno – l’argilla del suolo, la cellulosa degli alberi e della carta, la silice del vetro, eccetera – gli atomi di idrogeno dell’acqua “si attaccano” agli atomi di ossigeno delle altre materie.

Un’attrazione fatale: perché l’acqua erode il suolo o risale fino alla cima di un albero
Questa attrazione (mediante “ponti di idrogeno”) fa sì che l’acqua che scende sulla parete di una valle si trascina dietro l’argilla e la sabbia e le porta a fondo valle e poi nel mare; è il fenomeno della erosione del suolo. Ugualmente le molecole di acqua “bagnano” le fibre della carta e aderiscono, sempre con ponti di idrogeno, alle molecole della cellulosa e salgono per capillarità dal suolo lungo le fibre del legno fino a raggiungere le altissime foglie. Per lo stesso motivo le molecole di acqua non “amano” gli idrocarburi come quelli del petrolio e di molte materie plastiche perché sono prive di ossigeno e gli atomi di idrogeno non sanno a chi attaccarsi. Altra molecola strana è il metano CH4, costituito da quattro atomi di idrogeno legati ad un atomo di carbonio. Qui non c’era tanto da scegliere; per avere una qualche forma di simmetria bisognava che gli atomi di idrogeno si trovassero ai vertici di un immaginario tetraedro (il solido con quattro facce, ciascuna costituita da un triangolo equilatero) con l’atomo di carbonio al centro. Solo così le distanze fra l’atomo di carbonio e i quattro atomi di idrogeno avrebbero potuto essere uguali. Per inciso la scoperta che i legami di un atomo di carbonio sono disposti verso i vertici di un tetraedro fu fatta dal ventunenne Jacobus Henricus Van’t Hoff (1852-1911), un chimico olandese che insegnava nella Scuola di Veterinaria di Utrecht, il quale fu ridicolizzato dai baroni della chimica del tempo, fino a quando si vide che la sua intuizione spiegava tutti gli aspetti della chimica organica. Van’t Hoff ebbe poi il premio Nobel per la chimica (il che suggerisce che è bene usare cautela prima di prendere in giro una scoperta).

Una enorme quantità di metano

Blocchi di idrato di metano

Se l’acqua, un liquido a temperatura ambiente, e il metano, un gas, sono strani, figuratevi che cosa succede quando si mettono insieme. Negli anni trenta del secolo scorso si scoprì che nei metanodotti che attraversavano zone fredde si verificavano ogni tanto degli intasamenti dovuti a solidi cristallini, simili al ghiaccio; si vide così che si trattava di cristalli costituiti dalla combinazione di metano e acqua; simili “idrati di metano” erano stati scoperti come curiosità già nei primi anni dell’Ottocento.

L’approfondimento della natura degli idrati di metano ha permesso di scoprire che in natura sono molto diffusi. Il metano si forma dalla decomposizione microbiologica della materia organica depositata sul fondo degli oceani e la combinazione del metano con l’acqua si verifica quando le temperature sono basse ed è elevata la pressione della massa d’acqua sovrastante; gli idrati di metano si trovano anche nel permafrost, la parte dei ghiacciai permanenti.

La quantità di metano intrappolata negli idrati di metano è stimata enorme, addirittura superiore a quella di tutti i combustibili fossili (carbone, petrolio, e gas naturale) noti, messi insieme. Si può immaginare che in molti, negli Stati Uniti, in Russia, Canada, India, Giappone, hanno tentato di recuperare un po’ di metano, un prezioso combustibile, il principale ingrediente del gas naturale, dalla scomposizione di questi idrati. Tale scomposizione si potrebbe realizzare alterando le condizioni fisiche che ne hanno determinato la formazione e che ne permettono la persistenza – la bassa temperatura e l’alta pressione – per esempio iniettando acqua calda nei depositi di idrati di metano o allentando la pressione sovrastante i depositi. Tutte cose che si fa più presto a dire che a fare. Tentativi di questo genere, peraltro senza successo, sono stati fatti nel Novecento da parte della allora Unione Sovietica: la Russia possiede infatti, nelle sue regioni artiche, grandissimi depositi di idrati di metano intrappolato nei ghiacciai.

Un’impronta della storia naturale del pianeta

Va anche detto che mettere mano nei depositi di idrati di metano può essere rischioso. Il metano, se si libera in maniera non controllata dal fondo dei mari e dalla fusione dei ghiacciai, un fenomeno che si sta verificando per l’aumento della temperatura media del pianeta per “effetto serra”, si diffonde nell’atmosfera e contribuisce ad aggravare proprio l’effetto serra, essendo molte volte più attivo dell’anidride carbonica, l’altro gas responsabile dei mutamenti climatici. Una reazione a catena.

Se anche non è vicino il giorno in cui si potrà estrarre, a fini commerciali, metano dai giacimenti dei suoi idrati, le ricerche sulla loro natura e formazione hanno già permesso di dare uno sguardo al meccanismo di formazione degli oceani e dei ghiacciai e ai mutamenti climatici delle ere geologiche passate; gli atomi del metano presente negli idrati si portano dietro una specie di “impronta” (rappresentata dal rapporto fra gli isotopi di peso atomico 12 e 13 degli atomi di carbonio) che fornisce informazioni sulla storia naturale passata e forse, chi sa, futura del nostro pianeta.