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Crisi climatica: mi riguarda e me ne occupo

| MARIO SALOMONE

Tempo di lettura: 3 minuti

Crisi climatica: mi riguarda e me ne occupo

Perché per molti la crisi climatica rimane un problema distante? Come comunicare meglio? Per premere maggiormente sui decisori politici e le imprese occorre che più persone si rendano conto che il riscaldamento globale le riguarda e se ne (pre)occupino. Per l’educazione ambientale una bella sfida.

I motivi dell’ennesimo fallimento (o perlomeno, esito inadeguato) della (ventiseiesima) conferenza delle parti sul clima si riassumono facilmente in poche parole: interesse, profitto. Legioni di lobbisti calate su Glasgow e manipoli di governanti collusi hanno messo a segno il colpo. Punto.

Più complesso capire perché la pur forte crescita di sensibilità dell’opinione pubblica dei paesi più avanzati (e quindi più responsabili dell’effetto serra) non si sia ancora tradotta in un movimento sufficientemente ampio da rovesciare le politiche degli stati.

Cerca di capirlo, ad esempio, il numero di novembre di “Mind”, periodico di psicologia e neuroscienze (Le Scienze, Gruppo GEDI) che al tema dedica un dossier. «La crisi climatica – spiega nell’editoriale il direttore Marco Cattaneo – è il problema più serio che dobbiamo affrontare. Non possiamo permetterci di sottovalutarla».

Se ne occupano la psicologa del clima Janna Hoppmann e la psicologa dell’ambiente Laura Loy (con molti consigli per diventare “Ambientalista in quattro mosse”).

Conservatori e neoliberisti sono i più negazionisti climatici

«Mette più in dubbio il cambiamento climatico chi si identifica in partiti conservatori – osserva Janna Hoppmann – e ritiene importante la libera economia di mercato o chi ha valori gerarchici e individualistici». In effetti la rivoluzione ecologica ci parla di giustizia sociale e ambientale, di nuovi valori, di diversi stili di vita. Difficile fare breccia in chi pensa che la società non esista ed esistano solo gli individui o che la ricchezza materiale sia l’unico obiettivo della vita. Su di loro il negazionismo alimentato dalle lobby del fossile ha facile presa. Centrali di disinformazione e distorsioni concettuali, aggiungiamo, vanno spesso a braccetto con altri negazionismi.

Poi ci sono i “distanti”, coloro che percepiscono il tema come emotivamente remoto a causa di quattro distanze psicologiche: «la distanza spaziale (la cosa è rilevante solo per chi vive in altri luoghi), la distanza temporale (sarà significativa solo per il futuro), la distanza sociale (riguarda persone diverse da noi), e la distanza ipotetica (non è detto che accada)».

L’educazione ambientale ha molto da dire e da fare

Nel numero di dicembre 2021 di “.eco” molti antidoti al bla bla bla.

In questo come educatori ambientali abbiamo molto da dire e da fare. Se le convinzioni cominciano a vacillare di fronte al polverone informativo e alla babele dei messaggi, se l’opinione pubblica si beve le promesse dei governanti e crede ai miracoli promessi da mirabolanti tecnologie i “bla bla bla” prevalgono e rischiano di vincere. Per questo andiamo ripetendo che una solida cultura ambientale è l’antidoto indispensabile. Lo facciamo da tanto e in tanti modi. Uno, ad esempio, è stata la recente masterclass “Glocal eyes. Guardiani del clima intorno a noi”.

L’obiettivo dell’educazione ambientale è proprio di contrastare quelle quattro distanze di cui parla “Mind”: ridurre la distanza spaziale, perché nell’ambiente, nella biodiversità minacciata, nella crisi climatica incalzante siamo pienamente immersi; ridurre la distanza temporale (la crisi si sta accelerando e le sue origini non sono certo recenti); ridurre la distanza sociale (riguarda tutti perché tutti dipendiamo dalla natura e dai limiti del pianeta – anche se le donne, i poveri, i paesi meno sviluppati sono i più colpiti) e la distanza ipotetica (la crisi è reale, le conseguenze del non agire certe).

Capire che l’ambiente ci riguarda e occuparcene è un cambiamento molto più radicale di quanto si possa pensare: antropologico, culturale, di paradigma. Investe schemi mentali, modelli formativi, visioni del sapere.

PS

Per il prossimo numero di “Mind” è annunciato “Il dilemma del carnivoro” (i meccanismi psicologici per cui è difficile rinunciare alla carne), che aspettiamo con curiosità.

Scrive per noi

MARIO SALOMONE
MARIO SALOMONE
Sociologo dell'ambiente, giornalista e scrittore, Mario Salomone dirige ".eco" dalla fondazione (1989), è autore di saggi, romanzi e racconti e di numerosi articoli su quotidiani e riviste. Già professore aggregato all'Università di Bergamo, è Segretario generale della rete mondiale di educazione ambientale WEEC, che realizza ogni due anni i congressi del settore.