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Green list IUCN: i parchi regionali italiani ancora esclusi dall’elite mondiale della conservazione della natura.

| IPPOLITO OSTELLINO

Tempo di lettura: 6 minuti

Green list IUCN: i parchi regionali italiani ancora esclusi dall’elite mondiale della conservazione della natura.

Nella nomina di altre due aree protette italiane avvenuta nel 2021, che si sommano al Parco del Gran Paradiso riconosciuto nel 2014, ancora assenti i parchi regionali, nonostante l’esperienza condotta in IUCN dal Parco delle Alpi Marittime in Piemonte.

Il recente ampliamento del novero dei parchi certificati dall’IUCN (L’Unione mondiale della conservazione della natura) nelle eccellenze della gestione dei parchi a livello mondiale, che ha portato quest’anno a 59 i siti mondiali riconosciuti (con i nuovi inserimenti di altre aree francesi, il nuovo ingresso della Corea del Sud e della Svizzera la Green list si è avvicinata alle 60 nomine distribuite in 16 paesi) per la loro particolare qualità gestionale, ha portato a tre le aree italiane incluse (tutti parchi nazionali e ricordiamo non per valutazione svolta autonomamente da IUCN sull’intera serie di parchi del mondo, ma in un processo di candidatura su adesione volontaria dei singoli parchi).

In questo elenco e nelle azioni di adesione al riconoscimento più recenti, mancano ancora le aree protette regionali italiane, che pur tuttavia hanno avuto modo di candidarsi già nel 2014 con le Alpi  Marittime piemontesi. Ma andiamo per ordine ricordando in breve la storia e i caratteri che i parchi regionali d’Italia rivestono nel quadro nazionale della conservazione della natura, per comprenderne meglio il loro significato e ruolo.

L’origine della rete nazionale delle aree protette in Italia, come sistema diffuso e al suo interno coordinato, non nasce infatti nelle strutture dello Stato Nazionale in allora Ministero dell’Ambiente, ma ha le sue radici autonome nelle articolazioni territoriali delle Regioni. Sono infatti le amministrazioni regionali che pochi anni dopo la loro nascita, all’inizo deglianni ’70, approvano numerose leggi di istituzione di parchi e riserve naturali.

Un fenomeno che in pochi anni surclassa al suo inizio in numero, e possiamo anche dire in qualità, lo sparuto e non coordinato gruppetto di parchi nazionali storici (che allora contavano 9 enti di gestione di cui 4 istituti prima della seconda guerra mondiale. Qui una ricostruzione storica esausitiva).

Ma la particolare vitalità locale a scala regionale in materia di conservazione della natura, si vede anche nella capacità di costruire reti di cooperazione nazionale. Nel 1989 dopo una quindicina di anni dall’avvio delle politiche regionali (con in testa la Lombardia, seguita da Piemonte, Toscana, Liguria, Lazio e altre regioni del centro nord) 4 parchi regionali si alleano e si incontrato a Magenta per fondare il Coordinamento nazionale delle aree protette regionali. (qui una storica pubblicazione sul tema degli anni ’90.)

Un’organizzazione che si dota anche di una Rivista su iniziativa di Renzo Moschini , che editerà 23 numeri (per poi arrivare a 60 nel 2011), fino al 1998, come Coordinamento nazionale dei parchi regionali,  anno in cui avviene la trasformazione in Federazione, per ricomprendere anche i Parchi nazionali e le Aree marine protette. Nel primo numero si possono scorgere gli interessanti contenuti di un lungo lavoro che durerà quasi 10 anni, come anche negli atti del primo incontro dei parchi regionali che si tenne al Parco La Mandria sotto la presidenza di Annibale Carli, ed i cui atti non essendo rintracciabili sono qui consultabili nel mio profilo ISSUU.

Si tratta di una iniziativa che vede altri esempi, oggi ancora fortemente radicati come nel caso della Francia e della Germania.  Da quel piccolo gruppo di 4 animatori – Parco del Ticino Lombardo, Parco Migliarino San Rossore, Parco La Mandria e Parco dell’alta Valle Pesio –  di lì a poco viene sancita la nascita di un soggetto che riunirà gli enti parco dal Trentino alla Sicilia, e che essendo organizzato diviene primo interlocutore del Governo di allora, che proprio tra il 1989 e il 1991 mette finalmente in cantiere la nascita di una normativa nazionale in materia di parchi (dopo una lunga gestazione e numerosi testi depositati alla camera dal 1964 per poi concretizzarsi ben 16 anni dopo con il disegno di legge n.711 del 7 febbraio 1980 a firma di Giovanni Marcora –qui una sintetica ma ricca storia , che porterà poi nel 1991 alla approvazione della legge 394/91.

Ma c’è una sorpresa: lo Stato nelle prime stesure della legge nazionale dimentica il fatto che alla fine degli anni ‘80 erano già decine le aree protette regionali istituite in tutta Italia, contro l’esiguo numero di parchi nazionali, escludendo questa categoria dal disegno di legge.

È grazie solo al Coordinamento dei Parchi regionali, che diverrà poi più in là negli anni FEDERPARCHI, che il testo della legge viene corretto, inserendo il titolo dedicato alle aree protette regionali. Come in tutte le leggi non si tratta semplicemente di un fatto nominale: la loro presenza nella legge ha permesso, tra il resto, di poter vedere i loro piani territoriali riconosciuti con effetti diretti e sostitutivi dei piani regolatori comunali (con una efficacia di controllo dell’uso del suolo di valore strategico) o la possibilità di accedere ai Piani triennali del Ministero dell’Ambiente, che hanno rappresentato un momento di promozione nazionale importante (poi abrogati da qualche “saggia” successiva modifica legislativa come spesso avviene nel nostro Bel Paese).

Ebbene, nonostante questa storia gloriosa, che nel 2021 conta oltre 134 Parchi regionali oltre ad altre 540 altre aree protette regionali e locali (contro i 24 Parchi nazionali, le 134 Riserve naturali dello stato e le 32 Aree marine protette a gestionale sempre statale) nessuna di queste, che rappresentano quindi oltre il 60% delle aree protette  italiane, ha visto il suo inserimento nella eccellenza della certificazione complessiva rappresentata dalla Green list di IUCN. Qui è consultabile la mappa complessiva delle aree protette italiane che comprende anche altre categorie.

E’ bene ricordare che questo elenco mondiale non classifica la gestione esclusivamente con i parametri della conservazione della natura, ma analizza la capacità complessiva di un ente di gestione di un parco nell’affrontare il complesso insieme di aspetti gestionali. La Green List of Protected Areas (GLPA) ,nasce dalla raccomandazione n. 18 del V Congresso mondiale sulle aree protette (2003) e attraverso passaggi successivi come il Congresso mondiale della IUCN, svoltosi in Corea (Jeju, 2012) e una fase sperimentale alla quale ha partecipato anche l’Italia con il contributo di Federparchi. Dal congresso mondiale dei parchi di Sidney del 2014 si è arrivati allo standard definitivo che a settembre 2019, grazie anche al contributo del Ministero dell’Ambiente italiano e al lavoro di Federparchi, ha visto l’approvazione della versione per le aree protette italiane.  Le Aree protette possono aderire volontariamente alla Green List impegnandosi al raggiungimento degli standard gestionali individuati dalla IUCN che si fondano su quattro pilastri: governance, programmazione, management e risultati di conservazione.

I materiali di riferimento per l’Italia sono scaricabili qui. Gli indici complessivi utilizzati in questo sistema di certificazione sono ben 50 (scarica qui il documento adattato al sistema italiano).

La mancanza di esperienze regionali è un minus che si spera venga presto recuperato anche grazie alla presenza tra coloro che erano entrati nel novero dei papabili alla nomina di importanti casi, come ad esempio quello delle Alpi Marittime piemontesi (le aree in valutazione nel 2021 erano sempre siti nazionali quali il Parco del Gran Sasso e l’Area Marina protetta di Punta Campanella ). Questa realtà del sud del Piemonte era infatti già nella prima tentative list italiana in lizza per il riconoscimento e parte di un programma sperimentale di candidatura gestito insieme a IUCN, che vide poi nel 2014 il riconoscimento del Parco nazionale del Gran Paradiso.

Pur avendo già un primo report di accesso che indicava gli elementi da integrare e modificare che avrebbero reso la proposta esaminabile favorevolmente, la procedura non é proseguita, lasciando negli anni successivi l’area delle Marittime esclusa. Sul valore gestionale delle Alpi Marittime (nate come Parco dell’Argentera nel 1980) la discussione è davvero breve e netta enon lascia ombre o dubbi.

Sul fronte della cooperazione internazionale è l’area che in Italia ha aperto l’applicazione dei sistemi di governance Transfrontaliera con l’istituzione di un GECT sin dal 2007 ed una storia di riconoscimenti europei lunga e piena di successi. La Creazione di un tavolo di lavoro, su iniziativa del Ministero dell’Ambiente italiano, per la costituzione di un “Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale” Marittime-Mercantour (costituito sulla base del Regolamento europeo n. 1082/2006 e successive modificazioni) porta alla formalizzazione di un istituito dotato di personalità giuridica propria che costituisce il primo organismo unico di gestione per i due Parchi. Un traguardo raggiunto dopo molti anni di cooperazione con il vicino Parco del Mercantour, con cui vengono siglato numerosi accordi di gemellaggio.

Nel campo della conservazione delle specie è l’area che coordina niente di meno che il Centro Grandi Carnivori a livello nazionale, leader nella gestione del Piano del Lupo, oltre ad essere stata punto di riferimento per la reintroduzione di specie simbolo importanti come il Gipeto barbuto sulle Alpi. Comese non bastasse sul terreno dell’uso delle risorse dell’UE, in 30 anni di gestione è stata capace di mobilitare sul territorio un complesso di economie che si attesta su diverse decine di milioni di euro. Non si contano poile inziative che hanno coperto in 30 anni un ventaglio di attività davvero ricchissimo, dalla natura alla cultura, guidati da amministrazioni capaci e da una copoia di tecnici unica: Patrizia Rossi e Giuseppe Canavese, oltre ad un personale specializzato e professionalizzato.

Insomma un pedigree di assoluto valore che oggi è anche sorretto dalla sua impronta territoriale, essendo l’ente che ha la responsabilità gestionale oltre che dei parchi dell’ex insieme delle riserva naturali della provincia di Cuneo, anche del Parco del Marguareis e di oltre 60.000 ettari di siti di interesse comunitario esterni ai parchi regionali. Un territorio estesissimo e ricco di problematiche gestionali che interessano tutti i fronti della cooperazione e dellacollaborazione sul territorio anche sotto i profilisocio-economici.

Non resta che augurarci che gli organi competenti e tutte le organizzazioni che si occupano di aree protette in Italia, a partire dalle Regioni ed anche da Federparchi, si attivino per favorire il prossimo inserimento anche della categoria dei Parchi regionali in questo importante riconoscimento. Glielo si deve, per tutto quello che hanno rappresentato e rappresentano nell’insieme nazionale delle aree protette italiane.

Intanto complimenti per l’impegno assunto e il riconoscimento alle aree dei parchi nazionali ai quali spetta il mantenimento di un importante standard qualitativo: Parco Gran Paradiso, Parco Foreste casentinesi Monte Falterona e Campigna e Arcipelago toscano. Buon lavoro.

Scrive per noi

IPPOLITO OSTELLINO
Ippolito Ostellino nasce a Torino il 16 agosto 1959. Nel 1987 si laurea in Scienze Naturali e opera come prime esperienze nel settore della gestione e progettazione di Giardini scientifici Alpini. Nel 1989 partecipa alla fondazione di Federparchi Italia. Autore di guide botaniche e di interpretazione naturalistica e museale, nel 1997 riceve il premio letterario Hambury con la guida ai Giardini Alpini delle Alpi occidentali. Dal 2007 al 2008 è Presidente nazionale AIDAP, Associazione italiana dei direttori dei parchi italiani. Dal 2009 partecipa come fondatore al Gruppo di esperti nazionale sulle aree protette "San Rossore". Nell'area torinese opera in diversi campi: è il promotore del progetto Corona Verde dell'area metropolitana torinese per la Regione Piemonte, e svolge attività di docenza presso il Politecnico di Torino; nel 2008 progetta il format della Biennale del Paesaggio Paesaggio Zero; nel 2009 è autore con i Prof. Pala e Occeli del progetto della ciclovia del canale Cavour ; nel 2011 ha ideato il marchio di valorizzazione territoriale “CollinaPo” sul bacino di interesse dell'area del fiume Po e delle colline torinesi e nel 2016 porta a riconoscimento UNESCO Mab il territorio di riferimento; nel 2016 coordina il tavolo Green infrastructure nel III Piano strategico dell'area metropolitana. Autore di saggi, contributi congressuali e libri sul tema Natura, Paesaggio e Ambiente, nel dicembre del 2012 è stato insignito del premio Cultori dell'Architettura da parte dell'Ordine degli Architetti della Provincia di Torino. Dal 2022 è membro effettivo del Centro di Etica ambientale di Parma e prosegue la sua attività presso l’Ente di gestione regionale del Parco del Po piemontese.