Skip to main content

S.O.S pianeta Terra: è il tempo di agire. Anche sul piano culturale

| TIZIANA CARENA

Tempo di lettura: 3 minuti

S.O.S pianeta Terra: è il tempo di agire. Anche sul piano culturale

Interdisciplinarità e transdisciplinarità sono un requisito fondamentale per la stessa azione politica. La difesa del pianeta deve necessariamente passare per linee guida chiare e distinte e condivise a livello globale sui limiti e sulle possibilità del progresso economico e politico. Da un libro su clima e nazionalismi una denuncia e utili stimoli.

Nel momento in cui centosessanta guerre e gli effetti del cambiamento climatico rendono assai fosco il futuro del pianeta, la riflessione affronta l’“idra dalle cento teste” in un nuovo libro estremamente denso di Daniele Conversi, Cambiamenti climatici. Antropocene e politica (Milano, Mondadori, dicembre 2022).

Leggi la recensione

 

Daniele Conversi

Daniele Conversi è professore ricercatore presso la Ikerbasque Foundation for Science e l’Università dei Paesi Baschi, Bilbao.

Ha ottenuto il dottorato di ricerca alla London School of Economics.

Ha lavorato in numerose istituzioni: Cornell University, Syracuse University, Central European University, Budapest.

I suoi interessi sono rivolti al rapporto fra nazionalismo e globalizzazione, con particolare riguardo al militarismo, alla tendenza a costruire frontiere, a partire dalla Rivoluzione Francese.

Si è occupato di modernità e di modernizzazione, del nesso fra occidentalizzazione e genocidi, di pluralismo culturale e di diversità culturale.

Il libro si fonda su tre presupposti:

1) Anche se il cambiamento climatico – antropogeno- si annuncia come in parte irreversibile, accanto al possibile scenario del collasso di ecosistemi locali (già in atto) e al possibile scenario di una serie di collassi concatenati – che potrebbero portare all’estinzione anche della nostra specie – esiste la possibilità di attuare politiche radicali per correggere il corso della storia e fermare in extremis la distruzione in atto.

2) Data la complessità della sfida, l’interdisciplinarietà, o, meglio, la transdisciplinarietà, è diventata un prerequisito essenziale, tanto per l’avanzamento delle scienze naturali, quanto per l’avanzamento delle scienze sociali e della stessa azione politica. E il libro intende essere un esempio di trans-disciplinarietà.

3) L’orizzonte politico in cui dovranno essere prese le più importanti decisioni sul nostro futuro è ancora racchiuso e limitato dalla morsa degli Stati-nazione e, quindi, del nazionalismo (che, tacitamente o esplicitamente, rimane l’ideologia dominante).

La climatologia e Marx

La domanda fondamentale è: dati gli scenari possibili evocati, data la scarsa transdisciplinarietà delle nostre scienze naturali e delle nostre scienze sociali, data la pervasività del nazionalismo,  fino a che punto una cultura ambientale ispirata a una visione unitaria del sapere (cui si aspira fin dal manifesto del Circolo di Vienna di Rudolf Carnap, Hans Hahn, Otto Neurath e dalla Enciclopedia delle scienze unificate, fondata da Neurath nella seconda metà degli anni Trenta del XX secolo) possa riuscire, per usare le parole dell’Autore, a cooptare il nazionalismo “verso una causa per cui non era stato inizialmente concepito, la lotta al cambiamento climatico.”

L’autore giustamente e naturalmente inquadra il problema del cambiamento climatico nell’orientamento produttivistico dell’economia attuale. A suo avviso il progresso, in qualche modo, è la “colpa”. È come se Marx fosse inserito nella climatologia, come se la sua critica dell’economia politica fosse estesa alla critica del degrado ambientale e della malattia del pianeta. E quindi, economia e politica sono indisgiungibili: economia della crescita e politica della crescita si completano a vicenda ai danni della biosfera.

Antropocene, l’età del nazionalismo

L’Autore inaugura una nuova scuola di pensiero caratterizzando l’Antropocene come età del nazionalismo e configurando il nazionalismo stesso come una sorta di barriera architettonica che impedisce di attuare accordi internazionali per il risanamento del pianeta.

L’AAntropocene, come dominio della natura, ha perduto il centro, se per “centro” intendiamo la natura come mater e non come matrigna (di echi leopardiani). L’uomo deve intendersi (e agire) come parte del sistema-natura e non come l’egemone del sistema-natura. Sembra che diagnostichi la situazione attuale del rapporto “uomo/natura” come un rapporto fra “amico e nemico” e veda in una “scienza unificata” la possibilità di trasformare il conflitto fra uomo e natura in collaborazione. In questo scenario si affaccia la prospettiva di un “cosmopolitismo della sopravvivenza”.

Se la psicologia insegna che la conservazione della specie, nonché la sopravvivenza dell’umanità deriva da una spinta innata, esattamente come la curiosità che stimola il progresso, allora la difesa del pianeta deve necessariamente passare per linee-guida chiare e distinte e condivise a livello globale sui limiti e sulle possibilità del progresso economico e politico.

Scrive per noi

TIZIANA CARENA
Tiziana C. Carena, insegnante di Filosofia, Scienze umane, Psicologia generale e Comunicazione, Master di primo livello in Didattica e psicopedagogia degli allievi con disturbi dello spettro autistico, Perfezionamento in Criminalistica medico-legale. È iscritta dal 1993 all'Ordine dei Giornalisti del Piemonte. Si occupa di argomenti a carattere sociologico. Ha pubblicato per Mimesis, Aracne, Giuffrè, Hasta Edizioni, Brenner, Accademia dei Lincei, Claudiana.