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Un approccio cosmopolitico alla crisi climatica

| Chiara Pedrocchi

Tempo di lettura: 3 minuti

Un approccio cosmopolitico alla crisi climatica

Tramite la sua ricerca etnografica svolta presso i Q’eros delle Ande peruviane, l’antropologo Geremia Cometti ci insegna l’utilità di integrare mondi divergenti utilizzando la cosmopolitica come chiave di lettura.

Non esiste una solo cultura e non esiste un unico approccio alla crisi climatica. I Q’eros delle Ande peruviane, per esempio, attribuiscono ai fenomeni atmosferici cause differenti rispetto a quelle attribuite dalla scienza. Lo spiega bene l’antropologo Geremia Cometti nel suo saggio “Cosmopolitica del cambiamento climatico tra i Q’eros delle Ande peruviane“, presente nella raccolta di saggi “Dialoghi con i non umani” curata da Emanuele Fabiano e Gaetano Mangiameli. Riportando l’esperienza di ricerca etnografica iniziata nel 2011 e terminata nel 2017, Cometti spiega la necessità di un approccio cosmopolitico come unica chiave per comprendere la coesistenza di approcci tanto diversi ai cambiamenti climatici. Solo a partire dal dialogo tra mondi divergenti, ammettendo una differenza ontologica e non epistemologica, è infatti possibile comprendere le dinamiche che si articolano in questa zona delle Ande.

Natura e cultura presso i Q’eros

Per capire quale sia l’approccio di questa popolazione andina alla crisi climatica è necessaria una premessa. La divisione tra natura e cultura, su cui in Europa e presso una buona parte della comunità scientifica si basa il concetto di cambiamento climatico, presso i Q’eros è del tutto assente. Nel caso dei Q’eros, esiste un flusso vitale che lega umani e non umani, formando una gerarchia che oltre agli esseri umani include gli Apu, ovvero gli spiriti tutelari delle montagne, Pachamama, ovvero la Madre Terra, ma anche gli antenati, gli alpaca e i lama.

approccio cosmopolitico

La relazione intrattenuta dai Q’eros con i non umani può essere sintetizzata nel termine ayni. Ayni, ovvero la reciprocità, fa riferimento per esempio ai culti a favore delle divinità in cambio di condizioni atmosferiche favorevoli per l’agricoltura. A questo concetto si somma quello di intenzionalità, per cui anche gli esseri non umani avrebbero le stesse capacità decisionali degli esseri umani. Il punto di vista dei Q’eros sul mondo, dunque, è quello di un intreccio di relazioni biunivoche, da coltivare e non trascurare.

I Q’eros e i cambiamenti climatici

Senza la spaccatura tra cultura e natura, crolla anche l’idea per cui la cultura umana ha distrutto la natura. I Q’eros sono ben consci dei cambiamenti atmosferici, e ne individuano le caratteristiche proprio come fa la scienza. Ciò che cambia, tuttavia, sono le cause. Per i Q’eros, la motivazione alle base dei cambiamenti climatici è l’aver smesso di svolgere i rituali per gli Apu e Pachamama, oppure aver iniziato a trarre profitto dall’attività sciamanica senza che le pratiche venissero svolte per bene.

La figura chiave responsabile di questo cambiamento è l’Arariwa, ovvero colui che è incaricato di osservare le Pleiadi per formulare previsioni meteorologiche e regolarsi per quanto riguarda le coltivazioni. Se individua potenziali squilibri climatici, l’Arariwa deve contrastarli provocando piogge e gelo se necessario, servendosi di offerte e di tributi. Se ci sono cattivi raccolti, dunque, la causa è attribuita al fallimento del suo ruolo come intercessore tra uomini e divinità. Oltre a questo, la colpa è anche dei Q’eros che si sono convertiti all’evangelicalismo, di quelli che sono scappati nelle città per cercare lavoro nel settore delle costruzioni abbandonando l’agricoltura e di coloro che hanno mercantilizzato i servizi offerti dagli sciamani sfruttandone l’immagine romantica.

Per un approccio cosmopolitico alla crisi climatica

I Q’eros sono perfettamente consci dei rischi traghettati dalla crisi climatica, e ne stanno già pagando le conseguenze in prima persona. I ghiacciai delle Ande Peruviane stanno vivendo un costante scioglimento, che genera un flusso d’acqua durante la stagione secca che a sua volta minaccia la sussistenza della popolazione e dell’intero ecosistema. Le piogge sono più abbondanti durante la stagione delle piogge e quasi assenti nella stagione secca. Le temperature massime sono in costante aumento e cresce sempre di più l’escursione termica giornaliera. Chiaramente, le conseguenze si riflettono sui raccolti e di conseguenza sull’intera economia della popolazione Q’eros.

È solo grazie a un approccio cosmopolitico che si può individuare la complementarità delle pratiche, per cui la messa in pratica dei rituali non impedisce la presenza dello Stato e delle ONG tramite un aiuto fatto di infrastrutture, salute ed educazione. Preso atto della necessità di preservare la cultura Q’eros in quanto “eredità degli ultimi guardiani viventi di un passato mitico incaico“, l’approccio integrato cosmopolitico consente di non isolare i Q’eros come società differente dalle altre né come prodotto esclusivo di discorsi esogeni. È nella costruzione e nelle variazioni delle relazioni, nell’integrazione delle pratiche e nell’accettazione di una cultura in movimento che si struttura la convivenza di fronte a fenomeni comuni, anche in presenza di mondi divergenti.

Scrive per noi

Chiara Pedrocchi
Laureata in triennale in Lettere Moderne all’Università di Siena e in magistrale in Antropologia Culturale ed Etnologia all’Università di Torino. Oltre che per .eco scrive per Scomodo e VeganOK, e in passato ha collaborato con Lo Sbuffo e ViaggiNews.com. Aspirante giornalista, si interessa di ambiente, diritti umani e sessualità.