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Nord e Sud, un divario crescente, economico, sociale e educativo

| Donatella Porfido

Tempo di lettura: 5 minuti

Dal Rapporto SVIMEZ 2022 viene fuori con evidenza il divario tra Nord e Sud: il tasso di occupazione femminile nel Mezzogiorno è molto lontano dalla media europea. I giovani si trovano senza strumenti per inserirsi nel mondo del lavoro. Nella scuola primaria la percentuale di alunni che frequenta a tempo pieno è più bassa nelle regioni meridionali (18,6%) rispetto al resto del Paese (48,5%) e soprattutto in Campania, Sicilia e Calabria scarseggiano mense e palestre. Leggi anche l’articolo di Ugo Leone sul contesto territoriale e ambientale cui devono ispirarsi le politiche.

(La cementificazione e il saccheggio del territorio sono tra i maggiori problemi del Sud – nell’immagine una scena del celebre film di Francesco Rosi “Le mani sulla città”, 1963)

Il Rapporto SVIMEZ 2022, un volume di circa 550 pagine articolato in quattro parti e ventuno capitoli, descrive dettagliatamente un anno di frenata a livello internazionale, che ha seguito un’iniziale accelerazione, dovuta alla pandemia cui ha fatto seguito in tempi molto rapidi la crisi energetica dovuta alla guerra, scatenata dall’invasione russa dell’Ucraina, e il cambiamento di orientamento delle politiche monetarie internazionali. L’Italia ha subito eccezionali pressioni inflazionistiche dall’esterno e nonostante questo l’industria italiana ha sostanzialmente retto, evidenziando capacità di riorganizzare la propria attività anche nelle fasi di estrema difficoltà e rivelando una straordinaria capacità di adattamento.

Il divario tra Nord e Sud viene fuori con evidenza dagli effetti dell’inflazione che ha avuto conseguenze economiche e sociali più lampanti per le famiglie e le imprese meridionali.

Lo SVIMEZ, Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, è un ente privato senza fini di lucro che ha acquisito, nei suoi circa settanta anni di attività di studio, di ricerca, di documentazione e di elaborazione, un consolidato patrimonio di conoscenze e di esperienze specifiche, che mette a disposizione dell’operatore pubblico a ogni livello (Parlamento, Governo, Regioni, Enti Locali) e del Settore pubblico allargato.

Obiettivo principale dell’associazione è lo studio dell’economia del Mezzogiorno, per proporre a istituzioni centrali e locali concreti programmi di sviluppo delle Regioni meridionali, arrivando così a realizzare “l’unificazione anche economica dell’Italia”.

A questo scopo la SVIMEZ elabora ogni anno un Rapporto sull’economia e sulla società del Mezzogiorno che costituisce il principale documento di analisi sull’andamento dell’economia e della società meridionali e sulle politiche di sviluppo del nostro Paese.

Questione femminile e generazionale gli aspetti più gravi

La questione femminile e quella generazionale risultano ancora pesanti per gli equilibri occupazionali e non si intravedono segnali di miglioramento. Il tasso di occupazione femminile nel Mezzogiorno è molto lontano dalla media europea. Le donne si fanno carico dei problemi familiari rinunciando al lavoro e i giovani si trovano senza strumenti per inserirsi nel mondo del lavoro. Segue una approfondita analisi della situazione dei giovani under 35 italiani NEET Nel Mezzogiorno, il fenomeno riguarda una fascia di popolazione di età sempre più avanzata e di entità senza paragoni nel panorama europeo. L’incidenza dei NEET è circa doppia nelle regioni meridionali rispetto al Centro-Nord (35,1%, a fronte del 18,3%). Per le giovani donne meridionali si arriva al 40%.

Risulta evidente la necessità di favorire una continua interazione, condivisione di informazioni e di iniziative integrate tra Centri per l’impiego, scuole, centri Informagiovani (e la rete sociale coordinata) e aziende al fine di intercettare e orientare i giovani.

Un nuovo sostegno all’occupazione giovanile dovrebbe giungere dal PNRR con il potenziamento delle politiche attive del lavoro. Molto del successo dipende dall’integrazione con le politiche attive sul territorio, favorendo la cooperazione tra pubblico, privato e rete sociale.

Scarseggiano mense e palestre

Nel settore dell’istruzione emerge un aumento dei posti disponibili nei nidi che non si verifica alla scuola dell’infanzia dove, però, nel Mezzogiorno, è molto poco diffuso l’orario prolungato. Nella scuola primaria la percentuale di alunni che frequenta a tempo pieno è più bassa nelle regioni meridionali (18,6%) rispetto al resto del Paese (48,5%). Non è frequente la presenza di servizio mensa né delle palestre, soprattutto in Campania, Sicilia e Calabria.

Una puntuale analisi fornisce i dati su cui ragionare e propone soluzioni sia per l’individuazione delle problematiche, partendo dalle giuste banche dati, sia per far sì che le risorse non vengano distribuite in maniera disomogenea tra il nord e il sud dell’Italia.

Al nord si radica il crimine organizzato

Altro argomento trattato in maniera dettagliata è l’attività estorsiva, ormai diffusa anche al Nord. Dalla ricerca realizzata emerge un progressivo radicamento del crimine organizzato nelle aree del nord prese a campione. La ricerca è sfociata nell’individuazione di un modello predittivo dell’azione estorsiva articolato su otto passaggi.

Nella terza parte del volume si evidenzia la necessità di ripartire dall’industria si compie a tal fine una ricognizione aggiornata sulla partecipazione delle imprese delle regioni italiane, e in particolare del Mezzogiorno, alle Catene Globali del Valore (GVC). L’integrazione nelle GVC ha condotto all’acquisizione di maggiori abilità e ha modificato i comportamenti delle imprese, creando rilevanti incentivi all’adozione di nuove tecnologie e al rispetto di standard ambientali più avanzati. Le imprese italiane tendono spesso a specializzarsi nelle fasi produttive spiccatamente manifatturiere ma purtroppo nel rapporto si lamenta una presenza relativamente scarsa delle imprese meridionali. Si evidenzia, in particolare, un marcato ritardo nella partecipazione alle GVC da parte delle imprese manifatturiere localizzate nelle regioni meridionali rispetto a quelle del Nord e del Centro.

Un mercato del lavoro sbilanciato verso professionalità meno qualificate

Si rileva una condizione di minore capacità di accesso ai mercati internazionali, di connessione alle reti produttive internazionali e soprattutto di partecipazione qualificata alle GVC, la modalità di integrazione ritenuta più profittevole e favorevole alla crescita. L’analisi mostra che questa condizione di debolezza si è conservata, o è addirittura peggiorata, negli anni più recenti.

La scuola itinerante WEEC in Irpinia sarà anche una occasione per scoprire modelli sostenibili di sviluppo delle aree interne e discutere di divario Nord-Sud.

Dalle analisi dei dati, corredate da grafici e tabelle, emerge un divario notevole tra Nord e centro-Sud dove si rileva un sistema economico che si espande prevalentemente in attività di servizio ad alta intensità di lavoro e/o bassa produttività.

Il mercato del lavoro del Mezzogiorno appare sbilanciato verso professionalità meno qualificate sotto il profilo digitale, che occupano, probabilmente, posizioni lavorative nei settori a più basso valore aggiunto: industria “tradizionale”, costruzioni, servizi a basso contenuto di conoscenza (ristorazione, commercio, attività turistiche). Sorprende la debolezza, evidenziata nel rapporto, delle sinergie tra i professionisti della cultura e del settore turistico, questione importante in un’area come il Mezzogiorno.

L’economia del mare

Per contro è innegabile la posizione di assoluto rilievo dell’Italia e del Mezzogiorno nelle filiere dell’economia del mare. I porti, in particolare quelli localizzati all’interno delle maggiori aree urbane nel Mezzogiorno, rappresentano i principali nodi di produzione di valore logistico e di scambio di flussi di persone, merci, informazioni, tecnologia e conoscenza della cosiddetta Blue Economy, che comprende tutte le attività economiche legate al mare, svolte in ambiente marino (prodotti ittici, trasporti marittimi, ecc.) e sulla terraferma (attività portuali, cantieristica navale, ecc.).

Il PNRR prevede interventi e investimenti nei sistemi portuali e nelle ZES del Sud-Italia, allocando ai primi 1,2 miliardi di euro e alle seconde 630 milioni. Gli investimenti previsti dal PNRR sono volti a risolvere alcune delle ben note debolezze strutturali, con interventi in attesa di realizzazione o fermi da anni per vari motivi. Il PNRR rappresenta, pur nella sua imponente complessità operativa generale, un buon approccio di sistema integrato di misure e azioni.

Carenze finanziarie, organizzative, di personale e capacità progettuale

Purtroppo in molti casi, complesse procedure che richiedono competenze avanzate su temi innovativi e di frontiera, come la transizione ecologica, mettono in competizione i soggetti (pubblici) per l’aggiudicazione delle risorse, con il rischio che pur validi interventi vengano esclusi per carenze imputabili alla stessa PA, per non aver previsto adeguate misure di supporto e staff agli enti attuatori, specie quelli locali che soffrono di carenze finanziarie, organizzative, di personale e di capacità progettuale, ben note da anni.

Gli argomenti accennati sono esplicitati ulteriormente nella quarta parte, lo SVIMEZ fornisce una validissima e articolata analisi e suggerisce valutazioni e soluzioni per raggiungere il difficile obiettivo del riequilibrio territoriale puntando soprattutto su nuove competenze.

È consigliata la lettura dell’intero rapporto soprattutto per una corretta analisi dei contesti, non solo del Sud Italia, per una valida progettazione di attività sia materiali sia immateriali.

Leggi anche l’articolo di Ugo Leone “Il Mezzogiorno stretto tra due emergenze: economica e ambientale”

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Donatella Porfido
Donatella Porfido