Politiche fiscali, una chiave anche della transizione ecologica
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Mentre le misure di sostegno all’economia incrementano un debito a lungo termine, riprende il dibattito sul fisco. La tendenza all’appiattimento delle aliquote in corso da decenni va invertita, l’elusione e l’evasione fiscale vanno eliminate per davvero. La tutela dei beni collettivi (istruzione, sanità, servizi pubblici) e la transizione ecologica passano attraverso politiche di equità e redistribuzione della ricchezza. E come si insegna economia nelle scuole e all’università? Come se ne parla sui mass media? Domande interessanti, cui bisognerebbe cominciare a rispondere.
(Nell’immagine di apertura, la home del sito web dedicato alla “Economy of Francesco”)
L’ultimo appello viene dalle migliaia di giovani mobilitati da papa Francesco (The Economy of Francesco) per trovare – in dialogo con gli economisti “adulti” – la strada di una nuova economia al servizio dell’umanità (e non viceversa). Dare risorse alla scuola e alla sanità, premiare attività economiche virtuose, assicurare i diritti di tutti, praticare la sostenibilità ambientale, sociale, spirituale «e, non ultima, manageriale» sono alcune delle richieste per una ricostruzione che parta dal bene comune.
Ma come finanziare tutto questo, la difesa del territorio, la decarbonizzazione, la conversione al biologico, le riforestazioni, i giganteschi interventi necessari per rendere le città sostenibili, la ricostituzione degli ambienti devastati dall’estrattivismo e dallo scambio ecologico ineguale dell’Antropocene e dai suoi prodromi nei secoli precedenti? Come dare “ristori” e rimedi strutturali ai popoli colpiti dagli eventi estremi del riscaldamento globale, specie in Africa, America Latina e Asia?
Le disuguaglianze hanno favorito la crisi ecologica globale
Si comincia dunque a parlare anche di riforme fiscali, necessarie tra l’altro per ripagare le centinaia di miliardi di euro che gli Stati stanno riversando in una società stremata dalla pandemia del nuovo coronavirus Covid-19.
Ci sono le multinazionali del web (Google, Facebook), quelle del commercio online (Amazon) e delle piattaforme di videoconferenza e didattica a distanza (come Zoom) che anche grazie alla pandemia hanno moltiplicato valore in borsa e profitti e che non pagano tasse o pagano tasse irrisorie sui loro profitti. C’è l’economia in nero e/o illegale (o “non direttamente osservabile”, come spiega l’economista Alfonso Marino in un libro di Effetto farfalla, Prodotto Interno Losco). Ci sono le decine di paradisi fiscali e i mille modi per eludere o evadere le imposte. Per l’Italia tra evesione e elusione si parla di una perdita di ben 120 miliardi di euro l’anno. E secondo il Tax Justice Network ogni anno dall’Italia migrano verso i paradisi fiscali 10.5 miliardi di euro.
Si tratta di un fenomeno globale, smisurato, che è alimentato dal saccheggio del pianeta e dell’ingiustizia sociale e che è quindi la causa della crisi ecologica in crescita esponenziale.
Poveri ricchi…
Far pagare chi non paga, tassare anche i patrimoni oltre che i redditi, spostare la tassazione da meccanismi non progressivi a sistemi progressivi, usare le imposte non progressive (l’Iva) come leva per premiare ciò che è ecologico e dissuadere da ciò che è dannoso per l’ambiente sono strumenti fiscali di giustizia sia sociale sia ambientale.
Di queste politiche fiscali fanno parte le aliquote. Come spiego in un mio libro (Giustizia sociale e ambientale, edito da Doppiavoce di Napoli) lo smantellamento del welfare state e l’aumento delle disuguaglianze (fenomeni andati significatamente in parallelo con la crescita dell’impronta ecologica, della perdita di biodiversità e dell’aumento delle emissioni di gas serra causa del riscaldamento globale) data dagli ultimi decenni del XX secolo ed è accompagnato da due processi:
- L’aumento della forbice (di compensi e di ricchezza) tra i redditi più bassi e i “top manager”.
- La riduzione delle aliquote più alte.
Risultato: la distanza tra l’esigua minoranza dei Paperon dei Paperoni e la grande parte dell’umanità aumenta.
Tassazione fortemente progressiva per ridurre le disuguaglianze
Come racconto in Giustizia sociale e ambientale, in Italia, ad esempio, quando nel 1974 il governo Andreotti istituì l’IRPEF c’erano 32 aliquote progressive. Sui redditi più bassi (fino a 2 milioni di lire) l’aliquota era del 10 per cento, sul milione successivo si pagava il 13 per cento e così via, oltre i 500 milioni di lire si pagava il 72 per cento.
Nel 2019 le aliquote sono solo cinque, con l’aliquota minima salita al 23 per cento fino a 15.000 euro e la massima scesa al 43 per cento sui redditi che superano i 75.000 euro.
Un mancato gettito dal 1983 al 2017 che secondo uno studio del Cadtm può essere stimato in 146 miliardi di euro.
A livello globale, tra il 1970 e il 2013 l’aliquota più alta nei paesi ricchi è scesa da una media del 62 per cento ad appena il 38 per cento.
Chi vuole approfondire la questione e il ruolo che una tassazione molto progressiva ha nel ridurre la forbice tra grande maggioranza della popolazione e ceti privilegiati e allo stesso tempo nel promuovere un modello di produzione e consumo più equo e sostenibile può trovare qualche altro dato in un altro mio libro, Al verde! La sfida dell’economia ecologica (Carocci).
Vi scoprirà che in passato gli Stati Uniti hanno applicato aliquote altissime: nel 1944 i redditi superiori ai 200.000 dollari vengono tassati al 94% e l’aliquota si mantiene intorno al 90% nei due decenni successivi. E scoprirà che negli anni della Prima guerra mondiale, riprendendo una proposta avanzata nel 1880 dal filosofo Felix Adler, un forte movimento negli Usa sostenne la richiesta di un tetto massimo al reddito e propose una tassazione del 100% sopra i 100.000 dollari (pari a circa 2,5 milioni di dollari del 2020).
Una riforma ambientale della tassazione
Qualche segnale di cambiamento per il 2021 e il 2022 è arrivato dal Governo e il dibattito si è riacceso. Si parla di una riduzione della pressione fiscale sui redditi medio-bassi, di riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi (SAD) che nel 2018 ammontavano a ben 19,8 miliardi di euro e di un sistema tributario “alla tedesca” (che rispecchia meglio un criterio di progressività, perché usa come metodo di calcolo una funzione matematica continua). In Italia, ad esempio, l’aliquota massima come si è visto è del 43%, mentre in Germania sale al 45% ma solo oltre i 270.500 euro (nel 2020 – gli scaglioni vengono rivisti ogni anno).
I SAD sono un esempio di come le politiche tributarie possano orientare l’economia e Sbilanciamoci ne propone la sostituzione con dei SAF (sussidi ambientalmente favorevoli), nel rispetto degli impegni internazionali presi dall’Italia per il clima.
Ridurre le disuguaglianze sociali attraverso la leva fiscale e con un sistema di disincentivi e incentivi favorire innovazione, risparmio energetico, minori sprechi e minori rifiuti sono insomma strumenti importanti per una vera politica di transizione ecologica, che alleviando l’insostenibile peso delle attività umane sul sistema Terra permette allo stesso tempo di assicurare a tutti gli esseri umani un vero benessere.
Chi ha a cuore una ecologia integrale, fatta di giustizia sociale e ambientale, deve dunque impegnarsi anche sul fronte delle politiche tributarie e pensare che una educazione economica e finanziaria ecologica rientra nelle sfide da affrontare. Come si insegna economia nelle scuole e all’università? Come se ne parla sui mass media? Domande interessanti, cui bisognerebbe cominciare a rispondere.
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- MARIO SALOMONE
- Sociologo dell'ambiente, giornalista e scrittore, Mario Salomone dirige ".eco" dalla fondazione (1989), è autore di saggi, romanzi e racconti e di numerosi articoli su quotidiani e riviste. Già professore aggregato all'Università di Bergamo, è Segretario generale della rete mondiale di educazione ambientale WEEC, che realizza ogni due anni i congressi del settore.
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