Questa non è una passeggiata: la resistenza climatica dei Fridays torinesi
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Anche Torino torna in piazza per il Global Strike indetto dai Fridays For Future di venerdì 6 ottobre: in cinquemila per le strade della città a ribadire la necessità di una “resistenza climatica” contro negazionismo e immobilismo, a livello globale e locale.
Governo climafreghista e resistenza ecologista: una piazza torinese ribelle
“Governo climafreghista, resistenza ecologista” recita uno dei tanti cartelli in cartone che sono stati adagiati sul pavè di Piazza Statuto, pronti ad essere alzati e portati in corteo per la città. La piazza storica di Torino è stata infatti il punto di ritrovo per tutti i manifestanti che, venerdì 6 ottobre, hanno preso parte al Global Strike indetto dai Fridays For Future, il movimento da molti ormai ritenuto il principale responsabile del rinnovato e appassionato attivismo ambientalista degli ultimi anni. Dal 2018 infatti, migliaia di giovani e giovanissimi si sono mobilitati in tutto il mondo per chiedere a governi e istituzioni azioni concrete per affrontare una crisi climatica sempre più tangibile, tramite presidi, workshop, proteste e scioperi globali, come quello di venerdì scorso.
L’attivismo torinese: una lotta contro l’immobilismo
A Torino, attenzione e impegno per la causa sono sempre stati alti. La sezione locale dei FFF ha da subito raccolto la sfida lanciata da Greta Thunberg ed è riuscita, nonostante le difficoltà del periodo pandemico, a coordinare l’attivismo sul territorio, coinvolgendo un gran numero di cittadini sia nelle manifestazioni di piazza, che nelle numerose attività collaterali organizzate nel corso di questi 5 anni.
Dalle assemblee aperte al pubblico del venerdì pomeriggio, alla partecipazione e organizzazione, da due anni a questa parte, del Climate Social Camp, un importante momento “auto-gestito” di confronto e dialogo sull’esperienza di lotta per il clima; fino ad arrivare all’apertura, pochi mesi fa, del Kontiki, quartiere generale della sezione torinese, ma anche centro culturale e punto di riferimento per gli attivisti della zona.
Eppure, la marcia di venerdì, ha un sapore diverso: a differenza delle manifestazioni passate, si percepisce un’ostilità più marcata contro l’immobilismo delle istituzioni, locali e nazionali. Lo sconforto e la rabbia per il Governo Meloni, definito “negazionista”, si possono sentire nei cori e nei discorsi e si leggono nei tanti cartelli e slogan che sfilano sopra le teste dei manifestanti, così come nel grosso striscione in cima al corteo. Alla politica nazionale viene infatti imputato un sostanziale disinteresse ad attuare una transizione climatica equa e giusta ed un rifiuto ad abbandonare i combustibili fossili per favorire una riduzione dettato puramente da interessi economici. Una contestazione alle politiche dell’attuale governo non scontata considerato il tempismo della marcia: è ancora vivo il ricordo della violenta repressione della protesta studentesca di mercoledì 4 ottobre, in occasione della visita della premier Giorgia Meloni al Festival delle Regioni e delle Province Autonome. Molti di quei giovani studenti brutalmente “neutralizzati” dalle forze di Polizia torinesi sono presenti tra le fila del corteo, come anche alcuni poliziotti, in borghese e attenti ai possibili sviluppi della manifestazione: nonostante i Global Strike dei Fridays for Future contemplino esclusivamente metodi di protesta pacifici e nonostante questa volta le forze dell’ordine sembrino essere relegati soltanto a ruoli di controllo del traffico e della viabilità, una leggera tensione resta nell’aria quando il corteo inizia a muoversi.
Dal centro alla periferia: la marcia si muove
Partita da Piazza Statuto, la manifestazione si sposta verso la periferia Nord di Torino. Da corso Principe Eugenio e poi da Via Cigna, la marcia entra in Aurora, una delle zone più inquinate di Torino a causa soprattutto del traffico e dei dilaganti processi di cementificazione, approvati dal Comune e a cui gli attivisti locali si stanno opponendo ormai da anni; non solo opposizione al “climafreghismo” di Palazzo Chigi, ma anche grande attenzione alle esigenze del territorio e alle politiche delle istituzioni locali. “Nei suoi primi 2 anni di mandato, l’amministrazione Lo Russo non ha ancora fatto nulla di concreto per l’ambiente – afferma Marta, esponente della sezione locale dei Fridays For Future – Per questo stasera ci troveremo in presidio in Piazza di Città: dormiremo in tenda davanti al Comune perché vogliamo lanciare un segnale, bisogna entrare in uno stato di resistenza climatica”.
Sono 3 le richieste degli ambientalisti torinesi all’amministrazione comunale: una comunicazione più chiara e veritiera della crisi climatica; un nuovo piano per ridisegnare completamente la mobilità e la viabilità cittadina, favorendo un accesso più equo al trasporto pubblico e riducendo la circolazione di mezzi inquinanti; e infine il blocco di quei progetti edilizi non necessari alla cittadinanza che vanno a intaccare e cementificare parchi e spazi verdi su tutto il territorio urbano. Quest’ultimo un tema già affrontato al Climate Social Camp dello scorso luglio, tenutosi proprio in una di queste aree verdi pubbliche (il Parco Artiglieri di Montagna), minacciata in questo caso dalla costruzione di un grosso supermercato. Secondo il deputato torinese di Alleanza Verdi – Sinistra Marco Grimaldi, ex consigliere comunale e regionale, presente in testa al corteo, la complessità del dibattito causato da questo progetto rappresenta bene lo stato delle nostre istituzioni: “Da una parte i movimenti ecologisti fanno bene a definire la costruzione di un nuovo centro commerciale come anacronistica e non necessaria; dall’altra, l’amministrazione comunale dice che è un progetto partito ormai dieci anni fa. Qual è l’interesse che prevale, quello pubblico o quello privato? L’approvazione della costruzione di questo supermercato contrappone la libertà del privato a fare impresa al diritto di salute pubblica della cittadinanza”.
Uniti nella diversità: una marcia eterogenea per un futuro sostenibile
Studenti, attivisti, bambini, genitori e politici; ma anche esponenti dei sindacati, lavoratori, immigrati e pure artisti del calibro degli Eugenio in Via di Gioia: questa è la composizione variegata ed eterogena della marcia che, dopo aver attraversato Corso Emilia, il Lungo Dora Firenze ed il ponte sulla Dora di Corso Regio Parco, si avvia verso i Giardini Reali, per entrare in Piazza Castello, punto d’arrivo della manifestazione.
Tante esigenze e sensibilità diverse, accomunate da un desiderio di lotta e di protesta contro l’immobilismo delle istituzioni di fronte ad una delle crisi più grandi mai vissuta dall’umanità; una lotta che diventa “resistenza”, contro la politica ma anche contro il più ampio sistema economico sociale, un capitalismo che si rivela essere sempre più contradditorio, sempre più iniquo e sempre più dannoso per il nostro pianeta.
Una chiamata all’azione: dialogo e soluzioni
Nonostante tutto, i cinquemila torinesi scesi in piazza venerdì si sono resi disponibili ad un dialogo per cercare di trovare una soluzione alla più urgente questione ambientale, e alla corollaria questione sociale, derivanti dalla gravità della crisi climatica che stiamo vivendo; tocca ora alle istituzioni, locali, nazionali e sovranazionali decidere se mettersi in ascolto prima che sia troppo tardi.
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