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“Quando si ha finito di lavarsi al mattino, bisogna fare con cura la pulizia del pianeta”: ecco il miracolo del Piccolo Principe

| Federica Benedetti

Tempo di lettura: 3 minuti

“Quando si ha finito di lavarsi al mattino, bisogna fare con cura la pulizia del pianeta”: ecco il miracolo del Piccolo Principe

A 79 anni dalla prima uscita di uno dei libri più tradotti al mondo, anche – per difenderle – in lingue che stanno scomparendo, “Il Piccolo Principe” ci porta a comprendere quanto sia importante costruire dei legami con la Terra e i suoi abitanti, umani e non-umani, e come la semplicità di un piccolo gesto quotidiano sia alla base della salvaguardia del nostro pianeta.

Quando nel 1943 veniva pubblicato per la prima volta “Il Piccolo Principe”, probabilmente l’autore Antoine de Saint-Exupéry non mirava a trasmettere messaggi di stampo ambientalista. Quando pensiamo a questo libro, pensiamo a quanto ci abbia insegnato sul significato dell’amicizia e dell’amore, e pensiamo anche ai diversi personaggi incontrati dal protagonista che rappresentano le allegorie del mondo contemporaneo di cui vengono sottolineati difetti e assurdità. Tuttavia, rileggendolo negli anni ’20 del XXI secolo possiamo non solo riconfermare l’attualità di quelle allegorie, ma possiamo anche rileggerlo con una chiave interpretativa in linea con le problematiche che caratterizzano la nostra epoca, ovvero quelle ambientali. Durante la sua permanenza sulla Terra, il Piccolo Principe capisce quanto sia importante legarsi davvero a qualcuno – o a qualcosa – e quanto peso abbia un semplice gesto quotidiano. Quindi “quando si ha finito di lavarsi al mattino, bisogna fare con cura la pulizia del pianeta”. Insomma, per il Piccolo Principe prendersi cura del suo pianeta fa parte della sua quotidianità; è un automatismo non diverso dal lavarsi i denti al mattino.

Addomesticare per creare dei legami

A una prima lettura il termine “addomesticare” può avere un’accezione negativa. Tale termine può riportarci alla mente qualcosa di lontano da noi che deve essere domato e tenuto a bada. Ma in questo contesto l’autore usa la parola addomesticamento riferendosi alla creazione di un legame: in questo caso, tra il Piccolo Principe e la volpe. Come possiamo interpretare questo legame nato tra il Piccolo Principe e una volpe apparentemente uguale a tutte le altre e incontrata per caso? La volpe in questo caso può rappresentare gli “altri” animali, animali che fanno parte del mondo naturale e da cui è più semplice distaccarsi emotivamente. Insomma, è una volpe, se non addirittura un animale come tanti altri… finché non nasce un legame. Se quindi trattassimo ogni specie non-umana come trattiamo il nostro animale domestico, se ci prendessimo cura (anche indirettamente) degli “altri” animali con la stessa attenzione e lo stesso affetto, forse potremmo cominciare a provare più empatia nei loro confronti e ad attivarci di più per la difesa dei loro diritti, anche nei piccoli gesti quotidiani.

«Come stai signor asino?»

Il documentario “The Miracle of the Little Prince”, di Marjoleine Boonstra, racconta i motivi che hanno spinto persone appartenenti a popoli la cui lingua sta scomparendo a scegliere proprio “Il Piccolo Principe” come libro da tradurre per preservare l’esistenza della loro lingua (come ad esempio il Tamazight, ovvero la lingua berbera). Perché hanno scelto proprio questo libro? Perché la saggezza e i valori trasmessi ne “Il Piccolo Principe” si avvicinano molto ai valori e alla cultura di questi popoli.

Ad esempio, possiamo ritrovare questi valori nella cultura berbera, popolo che condivide il proprio patrimonio culturale con l’ambiente. Infatti, in questa cultura alcuni animali e insetti sono venerati. Il poeta Omar Taous sostiene quanto sia normale parlare con gli animali: “a volte mia mamma parla con l’asino e gli chiede: «come stai signor asino?». E alla mucca dice: «come stai signora?»”. Inoltre, sua madre ha “addomesticato” anche i campi, per questo gli urla: “che Dio vi protegga!” affermando che “[i campi] ascoltano il loro proprietario. Li rende felici vedere il proprio proprietario”.

“Al mattino, quando mi sveglio, non mi sento bene finché non ho visto un formicaio. Gli do dei pezzi di dattero o briciole di pane. Questo è il mio modo di dirgli che condividiamo tutte le cose belle, che abitiamo tutti nello stesso habitat. Che siamo tutti insieme in questa parte del mondo”. Omar Taous

Addomesticare un animale o un pezzo di terra ci rende automaticamente responsabili per loro. Siamo inevitabilmente legati a loro e per questo motivo dobbiamo prendercene cura. Bisognerebbe creare una conoscenza e una coscienza comune per far sì che questo legame possa essere esteso a tutti gli animali e a tutti i pezzi di terra. Bisognerebbe partire dal piccolo gesto quotidiano, dal prendersi cura di una semplice rosa nel proprio giardino, per poter allenare quella sensibilità ed empatia di cui il nostro pianeta ha bisogno.

“Io”, disse il piccolo principe, “possiedo un fiore che innaffio tutti i giorni. Possiedo tre vulcani dei quali spazzo il camino tutte le settimane. Perché spazzo il camino anche di quello spento. Non si sa mai. È utile ai miei vulcani, ed è utile al mio fiore che io li possegga”.

Lo stupore è la chiave per riavvicinarsi all’ambiente

Crescendo perdiamo quello stupore per la vita e per il mondo che tanto caratterizzava la nostra infanzia. Crescendo abbiamo smesso di parlare con gli animali e di prenderci cura del nostro fiore. Invece, il Piccolo Principe mostra sempre sorpresa nei confronti del nostro pianeta. Quindi cosa ci ha insegnato il Piccolo Principe? Ci ha insegnato ad aprire gli occhi per cominciare a guardare. Ci ha insegnato a stupirci. Ci ha insegnato l’importanza dei legami e del piccolo gesto quotidiano. Ci ha insegnato ad apprezzare le cose belle: se abbiamo un fiore, dobbiamo prendercene cura per vederlo crescere.

Scrive per noi

Federica Benedetti
Federica Benedetti
Ha studiato arte presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino e archeologia medievale presso la University of York in Inghilterra. È attualmente studentessa della magistrale di Antropologia Culturale ed Etnologia presso l’Università degli Studi di Torino. Ha pubblicato anche per Lavoro Culturale e la rivista pH.