L’introduzione dell’opera Fàula Birdi è lungimirante e premonitrice: “dedicata a tutte le persone che ogni giorno si impegnano a difendere il proprio territorio”. La storia è infatti dedicata a tutte le persone che combattono e resistono, nella terra di origine dell’autore, la Sardegna. Si battono contro la speculazione energetica e la continua estrazione delle risorse della loro Terra, a scapito della salute della popolazione.
La storia
È la storia di Carla, giovane ragazza neolaureata all’università di Torino, che ha l’opportunità di tornare in Sardegna, grazie ad una proposta di lavoro in una nuova fabbrica multinazionale. Se il primo obiettivo della protagonista è quello di pensare alla sua carriera, abituata dalla politica passiva nella sua regione, basata sull’espropriazione del territorio da parte di enti esterni, cambierà atteggiamento sul suo futuro e quello della Sardegna.
Inizierà a rivalutare il suo territorio, scoprendo come gran parte dei problemi della sua Terra derivino da decisioni prese dall’Alto, dove la popolazione locale non solo non viene mai presa in considerazione ma viene considerata, il più delle volte, come un ostacolo per enormi progetti di multinazionali.
I quattro pilastri
Secondo l’autore sono quattro i motivi che si susseguono nel racconto e che formano il palinsesto della narrazione.
- Parlare dell’ennesima scelta dall’alto in Sardegna.
- Rendere la Sardegna come ambientazione e tema centrale del racconto. Il territorio viene raccontato come una colonia rispetto al resto di Italia, in cui il furto delle risorse e le esercitazioni militari sono all’ordine del giorno. Il disboscamento messo in atto dalla fine dell’800, la continua cementificazione delle coste e l’avvento massiccio, negli anni ’50, delle industrie, hanno avuto un ruolo centrale nel processo di sacrificio della regione.
- Denunciare il ricatto dal lavoro. Questo libro va contro alla narrazione che si è ben radicata tra il popolo sardo: l’accettazione del lavoro che proviene dall’esterno come unica speranza per poter rientrare nella popolazione attiva. Secondo l’autore, queste speranze si trasformano in veri e propri mostri perché sfruttano il territorio per poi abbandonarlo, una volta concluso. In questo modo, si aumenta la rinuncia all’autodeterminazione, alimentando una propria identificazione nella figura dell’autocolonizzato, prendendo così il linguaggio del colonizzatore.
- Invitare all’azione e alla resistenza da parte degli abitanti.
I problemi del territorio anche denunciati da Recommon
Ai tempi della transizione energetica, dove il phase out, la chiusura delle centrali a carbone, è previsto per il 2035, anziché trovare il giusto strumento, tramite l’energia rinnovabile, che possa portare ad una reale transizione, la politica locale preferisce un altro componente fossile che è il metano. Gli interessi sulla scelta sono ovviamente privati e non pubblici, come si evince da questo paper stilato da Recommon. Ma se la questione ambientale e la crisi climatica non sembrano in alcun modo toccare la politica, altrettanto avviene per la questione della sanità e della qualità della vita dei cittadini. Secondo l’autore sono sempre più i bambini che nascono con livelli di piombo sopra la media; inoltre, l’aumento dei tumori, nella regione, è collegato a territori sempre più inquinati.