Terrorismo e disastri naturali causano vittime elevatissime, ma non si tiene conto delle “vittime superstiti”, dei sopravvissuti agli eventi disastrosi. Dopo un terremoto, ad esempio, occorre restituire ai sopravvissuti non solo case e centri commerciali nei quali vivevano e lavoravano, ma anche la voglia di starci per ricominciare.
La dolorosa notizia del suicidio nei giorni scorsi in Francia, di Guillaume Valette, uno dei superstiti della strage al Bataclan di Parigi del 13 novembre 2015, invita a riflettere su un troppo trascurato concetto e sulla troppo trascurata pratica della resilienza.
La resilienza è la capacità di un materiale di resistere a urti improvvisi senza spezzarsi e di riprendere la sua forma originaria. Ma se il “materiale” è quello umano e, quindi, dal campo della fisica si entra in quello delle scienze sociali, che cosa può succedere agli esseri umani dopo uno shock traumatizzante? Dopo un disastro naturale, dopo un attentato terroristico con il loro carico di morti e danni materiali? Le reazioni sono diverse; la ricostituzione dello stato originario (la resilienza) avviene in modi e tempi diversi e consiste nella capacità umana di affrontare le avversità della vita, superarle e uscirne trasformati o addirittura rafforzati. Ma al contrario del materiale “fisico”, quello umano può non farcela da solo a riprendersi. Ha bisogno di un aiuto.
Bisogno di un aiuto per i sopravvissuti
L’eccezionale numero di vittime in eventi come l’attentato alle torri gemelle e tutti quelli che negli ultimi anni hanno colpito Francia, Belgio, Gran Bretagna fino all’ultimo nella moschea di Al Rawdah nel Sinai Settentrionale; i terremoti in Belice, Friuli, Irpinia, nel centro Italia; l’uragano Katrina, gli tsunami nelle Filippine e in Giappone; questo numero, per quanto elevatissimo, sottostima la realtà perché non tiene conto delle “vittime superstiti”, dei sopravvissuti agli eventi disastrosi.
Non tiene conto, cioè di quanti per anni avranno negli occhi e nella mente l’aereo che trapassa le torri; le armi che falcidiavano quanti gli stavano vicino; la scossa che scuote le abitazioni e quanto c’è dentro, il vento che solleva auto e case, il mare che travolge tutto quanto trova lungo la sua strada.
È anche su questi che bisogna intervenire con l’obiettivo di non far perdere la memoria delle vittime, ed essere un punto di riferimento per i sopravvissuti e uno stimolo per le istituzioni. Si tratta, quindi, di un approccio di ordine squisitamente socio-psicologico e riguarda il comportamento degli esseri umani come risposta ad una sofferenza scatenata da un evento doloroso.
Traumi profondi e duraturi
Tornando al suicidio dal quale sono partito, l’associazione Fraternité et Vérité riferisce che il giovane Guillaume Vallette (31 anni) aveva rifiutato di farsi assistere dalla famiglia, né da un’associazione per il sostegno alle vittime. Perciò questa associazione, molto opportunamente, sostiene che “Il trauma psicologico subito con questi attentati è profondo e duraturo, e va considerato e curato”, e che, di conseguenza, si ha il dovere di ricordare l’importanza di farsi assistere, dalla famiglia, da un’associazione, un medico, uno psichiatra, uno psicologo.
Dopo i terremoti nel centro-Italia e ad Ischia le immagini delle interviste dei terremotati ci dicono quanto quelle persone abbiano negli occhi e nella quotidiana memoria non solo la distruzione dei loro beni materiali, ma anche l’immagine della scossa e il timore della sua riproposizione.
La resilienza è proprio l’obiettivo di restituire a queste “vittime superstiti” non solo le case e i centri commerciali nei quali vivevano e lavoravano, ma anche la voglia di starci per ricominciare.
Né va trascurato che essendo diverse e differenti le cause che possono provocare lo shock vi sono anche quelle per le quali la resilienza, pur restando sempre un importante strumento, potrebbe essere progressivamente meno necessaria. In tal senso la speranza e l’augurio per la fragile Italia è che si abbia sempre meno bisogno di resilienza, riuscendo a prevenire, come è sempre più possibile, i danni dei disastri naturali che con i mutamenti climatici in corso rischiano di essere sempre più frequenti.