Pietro Greco, attento e preveggente osservatore dei legami tra scienza, ambiente e politica

A un anno dalla scomparsa di Pietro Greco, grande giornalista scientifico e firma autorevole di “.eco”, lo ricordiamo ripubblicando l’articolo del numero di marzo 2021 che ripercorre alcuni dei suoi contributi alla rivista. Pietro Greco aveva scritto per noi fino al numero di dicembre 2020 e in quello stesso numero avevamo recensito uno dei suoi ultimi libri: gli alberi fotografati da Besana e visti con l’occhio sensibile e colto dell’acuto scrittore di scienza.

Il 18 dicembre del 2020 scompariva prematuramente Pietro Greco (Barano d’Ischia, 20 aprile 1955 – Ischia, 18 dicembre 2020), firma autorevole della nostra come di molte altre testate. Lo ricordiamo a un anno dalla scomparsa con l’articolo pubblicato nel numero di marzo 2021 di “.eco”.

Su Pietro Greco è possibile leggere, tra gli altri, vari articoli comparsi su questo sito.

Un tributo a Pietro Greco, in foto e parole – .eco (rivistaeco.it) di Valerio Calzolaio

Online l’ultima intervista a Pietro Greco, in cui Pietro Greco e Roberto Besana presentano il loro ultimo libro “L’Albero” – .eco (rivistaeco.it)

La scomparsa di Pietro Greco – .eco (rivistaeco.it)

Trotula, la prima donna medico e scienziata d’Europa – .eco (rivistaeco.it)

L’ultima intervista a Pietro Greco, pochi giorni prima della morte, è sul nostro canale YouTube WeecnetworkTV:

Oltre La Crisi_Si può fare: Intervista a Pietro Greco e Roberto Besana – YouTube

Sfogliare le annate di “.eco” significa ritrovare molto spesso la firma di Pietro Greco. Sempre pronto a rispondere ai nostri appelli positivamente e generosamente (perché la collaborazione a “.eco” è gratuita, essendo la nostra rivista una forma di volontariato ambientale). In questo numero di marzo 2021, con il Tema di copertina su Dante, un altro grande italiano di cui quest’anno ricorre il settimo centenario della morte, il contributo di Pietro sarebbe stato prezioso, certo avrebbe saputo, come sempre, come collegare la sensibilità del poeta alle nostre sensibilità per un sapere condiviso, responsabile, utile al bene dell’umanità e del Pianeta.

Ma l’ispirazione e gli ideali di Pietro continueranno a vivere sulle nostre pagine.

Rileggere i suoi articoli significa ritrovare articoli sempre informati e preveggenti e ancora molto attuali. Come quando, ad esempio, in un numero del 2013 dedicato alla società della conoscenza (in un anno da noi dedicato in gran parte all’educazione al futuro), osservava che «la geografia della ricerca scientifica è radicalmente cambiata. E questo è uno dei caratteri distintivi della società (globale) della conoscenza», ma questo cambiamento non si esaurisce nella semplice diffusione nello spazio geografico.

«La scienza moderna – o meglio, la moderna comunità scientifica – è nata nel XVII secolo in Europa», ricordava allora Pietro, poi, per oltre mezzo secolo – alla grossa, tra il 1930 e il 1990 – l’asse scientifico del pianeta si è spostato verso gli Stati Uniti. Oggi altre nazioni hanno fatto irruzione, in Asia – la Cina, l’India, la Corea del Sud e una costellazione di altri paesi orientali – ma non solo in Asia, anche in America Latina, prima fra tutte il Brasile, e in Africa. L’Asia, in particolare, già al momento in cui Pietro scriveva, era «diventato il continente che, a parità di potere d’acquisto delle monete, destina più risorse economiche alla scienza e allo sviluppo tecnologico.» Con L’Europa ormai terza in classifica dopo Asia e Americhe.

E un altro fattore di cui tenere conto è che «l’irruzione della ricerca finanziata e largamente operata da privati. Fino alla Seconda guerra mondiale la gran parte delle risorse investite in R&S era di origine pubblica.»

Una bella lezione di umiltà per il nostro etnocentrismo e un ammonimento che ne deriva: la ricerca scientifica (pubblica) è essenziale all’economia della conoscenza e all’ecologia. Da un lato, concludeva Pietro Greco, la ricerca può aiutare «un aumento del benessere dell’umanità senza crescita dell’uso delle risorse materiali ed energetiche», dall’altro «le ricadute della ricerca scientifica potrebbero essere meglio distribuite».

La minaccia dei cambiamenti climatici e l’importanza della comunicazione

Qualche mese prima, sempre su “.eco”, ricordava, «i cambiamenti del clima, diventati la più grave minaccia per l’umanità».

Sul clima, tra l’altro, Pietro sarebbe tornato spesso, anche nell’ultimo numero del 2020 che è stato purtroppo anche l’ultima occasione di avere la sua firma. Il titolo (Il futuro della politica del clima) e ancor più il sommario sintetizzavano bene il suo pensiero: “L’oro della COP21 di Parigi non luccica. Aspettando ‘la COP del tagliando’, rinviata al 2021 a causa della pandemia, funziona solo l’argine della società civile: il movimento dei Fridays for future e il papa che continua a insistere. Aspettare soltanto sarebbe sbagliato: ciascuno di noi deve fare qualcosa, nel suo ambito”.

“Che clima che farà”

L’organizzazione degli sforzi di prevenzione del rischio – aggiungeva nell’articolo del marzo 2013 dedicato a “Che clima che farà” – «presuppone scelte e azioni. Ovvero una politica. E dunque un esercizio del potere».

Ma vale anche il contrario, perché il potere può strumentalizzare il rischio per scopi di dominio e usare anche le catastrofi per rafforzarsi. Con l’invito, quindi, anche a fare attenzione alla comunicazione e ai mass media, perché la comunicazione – in particolare quella mediatica che oscillando tra il catastrofismo più spinto e il negazionismo più assoluto ci propone scenari in cui non c’è nulla da fare e ci inducono, di conseguenza, a non agire – può favorire o sfavorire il potere che minimizza il rischio o il potere che utilizza il rischio. Sagge parole, di cui nel 2020 la pandemia ci ha dato molti esempi sia in Italia sia nei quattro angoli del mondo.

Quello della libertà crescente di scelta che la conoscenza offre all’umanità (oggi sappiamo cosa avviene cosa può avvenire) e quindi la sua crescente responsabilità è un tema ricorrente negli scritti di Pietro Greco. L’anno prima, in un numero che prendeva spunto dalle profezie Maya (eravamo nel 2012, anno fatidico per quel calendario) Pietro scriveva che il futuro della nostra specie e delle altre specie, sebbene con tanti vincoli, è anche nelle nostre stesse mani. «La vita è in bilico, anche a causa nostra. Ma noi possiamo allontanarla dall’orlo del baratro dove l’abbiamo portata».

La responsabilità globale

Concetto questo che avrebbe ribadito, ad esempio, nel 2014, nel numero che avevamo dedicato ai primi 25 anni di vita di “.eco”, nata infatti nel 1989, facendo un bilancio di cosa era successo nel mondo in quel periodo e provando a delineare le prospettive per gli anni successivi.

L’umanità ha acquisito tre capacità:

– la capacità di distruggere se stessa;

– la capacità di influire sulla dinamica del clima globale;

– la capacità di accelerare l’erosione della biodiversità e di innescare un’estinzione di massa – e ciò «rende l’uomo un attore ecologico globale e costituisce una novità assoluta».

Ma l’altra novità è che «l’uomo “sa” di essere un attore ecologico globale. Perché ne ha piena e documentata cognizione». Nessuna scusante è ammessa. Ma Pietro indica anche la soluzione. La scelta è tra due vie: «Una è quella di restringere gli spazi di democrazia e di delegare le risposte a un gruppo sociale ristretto: quello degli esperti. L’altro è quello di ampliare gli spazi di democrazia e affidare il compito di trovare le risposte all’intera società, attraverso le sue articolazioni democratiche». Ovviamente la strada giusta e vincente è la seconda: «L’unica soluzione praticabile resta, dunque, quella faticosa, non lineare, spesso irta di ostacoli e contraddizioni della “democratizzazione” della tecnica, della scienza e dell’ambiente e quella della ricerca delle soluzioni ai problemi di governo del rischio, ma anche di comprensione e di individuazione del rischio, assunta dall’intera società, nelle sue diverse articolazioni culturali e democratiche».

La democratizzazione della conoscenza

La democratizzazione della conoscenza, del resto, è nel DNA della Costituzione della Repubblica italiana e troppo poca attenzione dedichiamo al fatto che nella Costituzione la conoscenza va a braccetto con il patrimonio ambientale italiano. Notoriamente la Costituzione non cita l’ambiente (vi sono iniziativa per correggere tale mancanza) se non sotto la forma di “paesaggio”. Ma commentando l’Articolo 9 della Costituzione (numero di dicembre 2017) Pietro Greco sottolineava la lungimiranza dei padri costituenti. La Repubblica – suona l’Articolo 9 – «promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica». Che, poi, prosegue, senza soluzione di continuità: «Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione». Poiché, scriveva Pietro, «anche la scienza e la tecnica sono, a pieno titolo, cultura. E poiché quello italiano è un paesaggio privo di wildness (di natura selvaggia), ma tutto – e sottolineo tutto – segnato dalla presenza dell’uomo», la Costituzione ci insegna la strada per legare «il passato al futuro. Un passato non sempre sostenibile a un futuro che deve essere sostenibile».

Una scienza con i valori dentro

Da bravo (anzi, il migliore) giornalista scientifico caratterizzato da grande sensibilità politica, sociale e ambientale, il riferimento a quale debba essere la visione della scienza è costante, come quando, nel numero di “.eco” dedicato a Leonardo da Vinci (settembre 2019), illustrava pregi e difetti del grande e poliedrico esponente del Rinascimento individuandone la maggior qualità e modernità nella interdisciplinarietà, perché «oggi l’interdisciplinarità appare come la nuova frontiera della scienza, anche se la sintesi non è affidata a singoli, donne o uomini, ma a intere comunità».

Metodo scientifico e epistemologia non riduzionista fanno una buona scienza, ma la scienza deve avere anche dei valori “dentro” e Pietro Greco lo ha sempre ribadito. Aveva collaborato, ad esempio, al Manifesto della diversità e dell’uguaglianza umane, per combattere il razzismo che – come scriveva commentando il Manifesto nel numero di giugno 2019 – è «un male profondo della società. Un modo di essere della paura e del rancore che l’attraversa e ne erode la capacità di pacifica e solidale convivenza». Di qui l’importanza dell’iniziativa di un gruppo di studiosi di varie discipline, che «ripropone con forza il concetto politico e morale di uguaglianza, perché consente un’evoluzione armoniosa e solidale delle società umane. Un’evoluzione nel senso della sostenibilità sociale ed ecologica».

Tutti noi abbiamo salutato con gioia l’Enciclica di papa Francesco Laudato si’ sull’ecologia integrale e mi piace concludere questa rapido e molto rapido viaggio tra i moltissimi scritti di Pietro Greco su “.eco” il suo commento al grande messaggio sociale e ambientale che il pontefice ha mandato al mondo.

I due Francesco

Pietro nell’approccio dei “due Francesco” (il santo di Assisi e papa Bergoglio) che ci vuole figli della Terra e fratelli e sorelle delle altre specie che la popolano un approccio «chiaramente di tipo evoluzionistico. Noi uomini siamo il prodotto, appunto, di un processo evolutivo. Dell’evoluzione biologica».

Il rapporto con l’ambiente terrestre è un rapporto «ora più che mai centrale, decisivo non per la sopravvivenza dell’umanità e tantomeno della biosfera, ma per la qualità della vita, umana e non. Ecco cosa ha voluto dire papa Francesco a tutti, cattolici e non: il rapporto con l’ambiente è il paradigma principale in questa fase storica dell’evoluzione umana».

Fede e scienza, etica e dati vanno strettamente a braccetto nell’enciclica (frutto anche della consultazione di molti scienziati e aggiornata alle migliori ricerche) e Pietro Greco coglie perfettamente questa sintonia che rimanda alla battaglia per una scienza democratica e al servizio del bene comune che ha sempre caratterizzato l’opera del nostro caro amico prematuramente e improvvisamente scomparso: «In questa ricerca e nella costruzione di un futuro desiderabile – scriveva nel nostro numero di luglio-agosto 2015 – uno strumento utile è proprio la scienza, ovvero quella dimensione che ha reso e che rende la catastrofe uomo dotata di coscienza enorme e quindi in grado, se lo vuole, di controllare se stesso. La scienza non è sufficiente a risolvere i problemi dell’uomo. Ma certo è necessaria. E, dunque, quella che Francesco prefigura è una società democratica della conoscenza».

Scrive per noi

MARIO SALOMONE
MARIO SALOMONE
Sociologo dell'ambiente, giornalista e scrittore, Mario Salomone dirige ".eco" dalla fondazione (1989) e la rivista scientifica "Culture della sostneibilità" (fondata nel 2007), è autore di saggi, romanzi e racconti e di numerosi articoli su quotidiani e riviste. Già professore aggregato all'Università di Bergamo, è Segretario generale della rete mondiale di educazione ambientale WEEC, che realizza ogni due anni i congressi del settore, e fa parte del Consiglio di amministrazione della Fondazione Aurelio Peccei, sezione italiana del Club di Roma.

MARIO SALOMONE

Sociologo dell'ambiente, giornalista e scrittore, Mario Salomone dirige ".eco" dalla fondazione (1989) e la rivista scientifica "Culture della sostneibilità" (fondata nel 2007), è autore di saggi, romanzi e racconti e di numerosi articoli su quotidiani e riviste. Già professore aggregato all'Università di Bergamo, è Segretario generale della rete mondiale di educazione ambientale WEEC, che realizza ogni due anni i congressi del settore, e fa parte del Consiglio di amministrazione della Fondazione Aurelio Peccei, sezione italiana del Club di Roma.

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