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Se io potrò impedire a un cuore di spezzarsi

| Federica Benedetti

Tempo di lettura: 6 minuti

Se io potrò impedire a un cuore di spezzarsi

Animali come merce in quello che  Bruno Latour definisce il “sistema di distruzione” che caratterizza l’epoca dell’Antropocene. Il 10 dicembre è la giornata internazionale dei diritti degli animali. In occasione di questa giornata, una riflessione sul progresso nella storia, sul rapporto tra esseri umani e non umani e sull’impatto che questo ha sul nostro pianeta.

Se io potrò impedire / a un cuore di spezzarsi /non avrò vissuto invano – /

Se allevierò il dolore di una vita /o guarirò una pena – / o aiuterò un pettirosso caduto / a rientrare nel nido / non avrò vissuto invano.

Emily Dickinson, poesia numero 919

“Se io potrò impedire a un cuore di spezzarsi non avrò vissuto invano”, scriveva la poetessa statunitense Emily Dickinson nella seconda metà dell’Ottocento. L’incipit della poesia numero 919 esprime in poche parole il suo pensiero sul valore della nostra esistenza, che secondo Dickinson dipende dalle relazioni che instauriamo con gli altri esseri viventi, umani e non umani.

Dall’altra parte del mondo, nell’Inghilterra della regina Vittoria, si stava facendo strada un pensiero che andava nella medesima direzione. È il periodo in cui l’idea di supremazia dell’essere umano viene messa in discussione: la diffusione delle teorie di Charles Darwin porta a una riflessione collettiva sul concetto di essere umano, sui suoi diritti e su come questi dovrebbero essere estesi agli altri esseri viventi. L’Inghilterra vittoriana è il periodo e il luogo in cui avviene una presa di coscienza sulla violenza nei confronti degli animali che porta alla nascita di un’etica animalista.

I primi tentativi

L’Inghilterra vittoriana vede la nascita delle prime campagne antivivisezioniste e delle organizzazioni che si battono per la tutela degli animali. La vera svolta fu però rappresentata dai tentativi di introdurre delle leggi per la protezione degli animali perché considerati soggetti portatori di diritti. Non si parla quindi solo di tutela, ma del “diritto di avere diritti”, come direbbe la filosofa Hannah Arendt, da estendere agli esseri non umani.

Nonostante questi primi tentativi, serviranno ancora diversi decenni prima che queste battaglie prendano un nome, cioè quello di antispecismo. Il libro “Liberazione animale” del filosofo Peter Singer, pubblicato nel 1975, è considerato il manifesto dell’antispecismo, una filosofia che considera gli esseri non umani alla pari degli esseri umani. Tre anni dopo la pubblicazione di “Liberazione animale”, il 15 ottobre del 1978, all’Unesco viene depositata la prima dichiarazione universale dei diritti dell’animale. Un documento che però non ha valore giuridico e che fornisce solamente un codice etico di rispetto nei confronti degli animali e del loro ambiente. Tuttavia, questa dichiarazione, così come la filosofia di Singer, non vieta l’allevamento degli animali per l’alimentazione o il loro utilizzo nella sperimentazione, purché essi non soffrano.

Nel 1998, grazie all’associazione Centre for Animals and Social Justice  (all’epoca conosciuta col nome di Uncaged Campaigns), il 10 dicembre diventa la giornata internazionale dei diritti degli animali, che cade lo stesso giorno in cui nel 1948 venne approvata la dichiarazione universale dei diritti umani dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Il diritto all’esistenza si estende agli esseri non umani, portando i movimenti per la liberazione animale verso una visione abolizionista di ogni forma di oppressione animale.

Un sistema di distruzione

I media locali lo hanno chiamato “pig palace”, un grattacielo di ventisei piani costruito in Cina, a Ezhou nella provincia di Hubei, per il macello di circa 1.2 milioni di suini ogni anno. Con circa 25mila suini per piano, il pig palace è il più grande allevamento intensivo e mattatoio del mondo, costruito per migliorare la catena di montaggio che porta il suino dall’allevamento alla macellazione, e poi alla trasformazione in prodotto pronto per la vendita, senza mai fargli vedere la luce del giorno. Una catena di montaggio simbolo del produttivismo capitalista che il sociologo, antropologo e filosofo francese Bruno Latour definisce il “sistema di distruzione” che caratterizza l’epoca dell’Antropocene. In questo luogo il concetto di animale come merce raggiunge il suo significato più estremo, trasformando i suini in ingranaggi privi di soggettività, necessari al solo funzionamento della catena di montaggio che termina nel piatto del consumatore.

“Pig Palace”, Ezhou, provincia di Hubei (Cina)

Le vittime di questo “sistema di distruzione” non sono solo gli animali all’interno degli allevamenti intensivi; l’industria della carne è la causa principale dell’emissione di gas serra e della deforestazione. Le foreste vengono distrutte per far posto alle colture di soia (oltre il 70% è destinato all’alimentazione degli animali negli allevamenti), alla creazione di pascoli per i bovini e alla costruzione degli allevamenti; l’80% della foresta amazzonica è stata distrutta per questo motivo. Anche le risorse idriche ne risentono: per produrre un hamburger di manzo sono necessari 2350 litri di acqua, che equivale all’acqua che una persona normalmente beve in tre anni. Secondo i calcoli di IoScelgoVeg, se tutta la popolazione mondiale scegliesse l’alimentazione vegana per un solo giorno, si risparmierebbero 22 milioni di tonnellate di CO2, 6,5 miliardi di metri cubi d’acqua e oltre 2 miliardi di animali terrestri e acquatici.

Grazie all’iniziativa End the Cage Age lanciata nel 2018 e alle 1,4 milioni di firme delle cittadine e dei cittadini dell’Unione europea, si stanno muovendo i primi passi verso un’abolizione totale delle gabbie all’interno degli allevamenti. La Commissione Europea presenterà una proposta legislativa entro la fine del 2023 per eliminare gradualmente l’uso delle gabbie negli allevamenti europei. L’abolizione diventerà totale entro il 2027. Ma il benessere animale, così come quello del pianeta, non vuole compromessi, ma una liberazione totale a partire dall’alimentazione. No alle gabbie più grandi e alle condizioni migliori all’interno degli allevamenti, per i movimenti che si battono per la liberazione animale l’essere umano ha il dovere di riconoscere i diritti soggettivi di ogni essere vivente, e quindi il diritto alla vita.

Pratiche della cura

“Se allevierò il dolore di una vita o guarirò una pena – o aiuterò un pettirosso caduto a rientrare nel nido non avrò vissuto invano”, continua la poesia di Dickinson, un “contratto implicito” sostenuto dalla filosofia epicurea, che difendeva l’idea che esseri umani e non umani dovessero aiutarsi vicendevolmente, quando possibile, e non danneggiarsi reciprocamente. Questo contratto ci dà la possibilità di decostruire dei confini che ci sono stati imposti, per meglio comprendere l’altro e noi stessi, condizione necessaria alla nascita di nuovi legami.

Partendo da quelli esistenti, la creazione di nuovi legami permette di esercitare quotidianamente le pratiche della cura, nutrite dal tipo di relazione che si instaura con gli altri esseri viventi. Tuttavia, il modo in cui siamo stati educati ci ha portato alla convinzione che queste pratiche possono essere concesse solo a una stretta cerchia di specie animali. Risale a pochi giorni fa l’uccisione del cucciolo di cinghiale da parte delle Forze dell’Ordine a Piano di Mommio, in provincia di Lucca. Un cucciolo ferito caduto in un fosso a cui sono state negate queste pratiche della cura, per via delle linee guida introdotte per l’eradicazione della peste suina africana. Nonostante le volontarie e i volontari del Rifugio Alma Libre avessero garantito di farsi carico del recupero e della cura del cucciolo in isolamento nel rispetto della sicurezza sanitaria, i colpi di fucile sono stati considerati dalle autorità l’unica soluzione.

Il 10 dicembre è la giornata internazionale dei diritti degli animali, gli allevamenti intensivi diventano palazzi a più piani, l’animale e il suo ambiente sono ancora un mero strumento dell’essere umano, il diritto alla vita viene negato a molte specie animali, la poesia numero 919 di Emily Dickinson parla di empatia e compassione per il più piccolo degli esseri viventi.

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Federica Benedetti
Federica Benedetti
Ha studiato arte presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino e archeologia medievale presso la University of York in Inghilterra. È attualmente studentessa della magistrale di Antropologia Culturale ed Etnologia presso l’Università degli Studi di Torino. Ha pubblicato anche per Lavoro Culturale e la rivista pH.